Api e agricoltura, l’allegagione ottimale

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Si stima che in Campania siano utilizzate circa 9 mila arnie che vanno ad impollinare non meno di 2 mila ettari di serre

Sarebbe facile iniziare o terminare un articolo dedicato alle api con la frase di Albert Einstein: «Se un giorno le api dovessero scomparire all’uomo resterebbero soltanto 4 anni di vita». Il fatto che il grande fisico e Premio Nobel non abbia mai pronunciato la suddetta frase non toglie veridicità all’asserzione.
Sono, invece, reali le immagini sull’impollinazione manuale fatta dall’uomo svolta nella zona del Sichuan in Cina dove, l’abbondante uso di agrofarmaci velenosi, ha fatto scomparire le api dall’ambiente.
Non è fantascienza il fatto che si stanno progettando e costruendo i primi prototipi di “api robot” per sostituire le vere nell’irrinunciabile obiettivo dell’impollinazione.
Ad aggiungere preoccupazione a questa tragica situazione delle api e dell’ambiente in cui viviamo è la notizia che la produzione di miele in Italia, nel 2016, è diminuita del 70% a causa della variazione del clima e dell’uso inappropriato di agrofarmaci non selettivi.
In questo difficile momento per le api s’inserisce l’indispensabile attività dell’impollinazione in serra.
Si stima che in Campania si usano circa 9.000 arnie che vanno ad impollinare non meno di 2.000 ettari di coltivazioni in coltura protetta.
Le principali colture in serra sono: fragola, melone ed anguria ma, negli ultimi anni, anche la produzione di albicocco e susino hanno adottato tale tecnica. Dal 2015 sta diventato importante anche la coltivazione e l’impollinazione del lampone in serra.
Per le aziende apistiche campane il fatturato, nel solo settore dell’impollinazione, supera i 500 mila euro all’anno incidendo sui fatturati del raccolto delle aziende agricole per milioni di euro.

Leggi l’articolo completo su Colture Protette n. 12/2016  L’Edicola di Colture Protette

Api e agricoltura, l’allegagione ottimale - Ultima modifica: 2016-11-30T15:12:52+01:00 da Lucia Berti

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