Lotta ai tripidi, entrano in campo i nematodi

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Se inseriti nelle giuste condizioni possono giocare un ruolo fondamentale per la soluzione del problema

Per quasi ogni coltura che rientri nel settore ornamentale, esiste un pericoloso denominatore comune: il tripide.

Diverse sono le specie di tripide che possono attaccare coltivazioni come ciclamino, rosa, gerbera, hibiscus, crisantemo e molte altre, ma di fatto quella che crea maggiori problemi è Frankliniella occidentalis.

Arriva nel nostro Bel Paese verso la fine degli anni ’80 dall’America, e presto si diffonde sul nostro territorio minando produzioni orticole, floricole e frutticole. Di fatto erano già presenti in Italia altre specie di tripide come il comune Thrips tabaci ed Heliothrips haemorroidalis, che non rappresentavano però grossi pericoli.

  1. occidentalis, poi ribattezzato con il titolo “il tripide dei fiori”, si è presto rivelato invece un grosso problema da gestire, a causa soprattutto della sua spiccata predisposizione a sviluppare resistenza agli insetticidi.

Biologia

I tripidi sono insetti fitomizi appartenenti all’ordine Thysanoptera e, come la gran parte degli insetti appartenenti a quest’ordine, sono provvisti di un apparato boccale pungente-succhiante grazie al quale si nutrono di linfa.

Svernano allo stadio di adulto in luoghi riparati sia in serra che in pieno campo, non appena le condizioni ambientali diventano favorevoli essi riprendono la loro attività.

In ambiente protetto, spesso riscaldato durante tutto il periodo dell’anno, spesso non esistono periodi in cui non si “avverta” la loro presenza.

Durante il periodo invernale possono rallentare la loro attività, ma continuano il loro ciclo biologico portando a termine ben oltre le 6-7 generazioni/annue descritte in bibliografia, e spesso le generazioni sono sovrapposte.

Gli individui adulti, alati, sono in grado di riprodursi per partenogenesi e colonizzano ogni organo della pianta: grazie alla terebra, un robusto ovipositore, ovidepongono all’interno dei tessuti vegetali.

Dall’uovo, il tripide attraversa due stadi larvali, poi prepupa e pupa, e poi adulto. Gli stadi larvali sono ben visibili sulla pagina inferiore delle foglie e sui fiori, sprovvisti di ali e di un colore giallastro. Lo stadio di pupa viene invece portato a termine a livello del terreno.

In condizioni ottimali completa il suo ciclo biologico in 10-20 giorni.

Danni

Prendendo in esame la voce “danni” non a caso si utilizza questo termine al plurale:

– l’azione dell’ovopositore, la terebra, provoca i primi problemi al tessuto vegetale, che viene perforato per ospitare l’uovo con preferenza per i tessuti fiorali e delle prime foglie apicali, con

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Danno da tripide.

conseguente alterazione dei tessuti stessi che appaiono deformati e con suberificazioni.

– gli stadi larvali e di adulto si nutrono di linfa che estraggono dalla pianta grazie al loro apparato boccale pungente-succhiante. Le cellule vegetali vengono così svuotate compromettendo l’azione fotosintetica della pianta e le zone colpite presentano decolorazione e alterazioni cromatiche (le famose “argentature”).  Al contempo, i tripidi iniettano la loro saliva tossica che provoca deformazioni, accartocciamenti e anche necrosi. In caso di presenza di fiori il danno diventa maggiormente visibile a causa della predilezione del tripide nei confronti di polline e nettare.

F. occidentalis, inoltre, è responsabile della trasmissione di diverse virosi che in alcuni casi possono creare di per sé danni maggiori delle punture stesse.

La lotta tradizionale

Dall’entità dei danni che i tripidi possono causare deriva una forte necessità del loro contenimento, che spesso però risulta difficile e non proficuo con l’uso esclusivo di insetticidi.

Quest’ultimo non permette un controllo efficace ed i principali motivi sono i seguenti:

– le piccole dimensioni di questo insetto e la sua rapida velocità di spostamento gli permettono di nascondersi molto bene nella vegetazione, potendosi infilare nelle guaine fogliari e tra i petali dei fiori e spesso il trattamento risulta vano proprio perché non si riesce letteralmente a colpire il target;

– è ormai norma riscontrare generazioni sovrapposte, pertanto non si riesce a controllare la popolazione se non tentando con interventi ripetuti a pochi giorni di distanza;

F. occidentalis deve la sua fama alla sua innata nonché spiccata capacità di sviluppare fenomeni di resistenza a molecole di sintesi;

– non tutti i principi attivi nei confronti del tripide sono utilizzabili, sia a causa delle limitazioni di etichetta sia per la delicatezza dei fiori che possono presentare danni da fitotossicità.

Gli organismi utili

L’introduzione di antagonisti utili risulta un prezioso intervento nel caso della lotta al tripide, e ribatte puntualmente ad ogni aspetto elencato al paragrafo precedente:

– gli antagonisti cercano attivamente la loro preda;

– attaccano diversi stadi fenologici del tripide;

– alla predazione/parassitizzazione non è possibile creare fenomeni di resistenza;

-– abbassando la popolazione di tripide, in automatico, si abbassa la possibilità di trasmissione dei virus.

Ecco i principali protagonisti: Orius laevigatus, Amblyseius cucumeris.

Orius laevigatus è un antocoride predatore che viene largamente utilizzato per il controllo dei tripidi (ed in particolare Frankliniella occidentalis). Tutti gli stadi del predatore si nutrono attivamente di tripidi anche se possono utilizzare come fonte di cibo alternativo polline ed altri fitofagi, tra cui acari, afidi od altri piccoli insetti. Come la sua preda, anche Orius laevigatus predilige stazionare nei fiori specialmente se ricchi di polline, del quale si nutre anche in assenza di prede. L'adulto, lungo circa 3 mm e di colore nerastro, è molto mobile e vorace. Gli stadi giovanili più chiari sono privi di ali ma comunque mobili ed attivi predatori. A circa 25°C, lo sviluppo da uovo ad adulto richiede un paio di settimane.

Amblyseius cucumeris è un acaro fitoseide predatore utilizzato per il controllo dei tripidi (Frankliniella occidentalis, Thrips tabaci ed altri). Questo predatore, con il corpo piriforme e di colore ialino, è piccolo ma molto mobile ed è in grado di utilizzare anche altre fonti di cibo, compreso il polline, che ricerca esplorando attivamente la pianta.

Amblyseius cucumeris si nutre delle uova in fase di schiusura e del primo stadio larvale.

L’introduzione dell’acaro è possibile in ogni tipo di coltura ornamentale, in quanto dal momento del lancio è subito pronto a colonizzare la pianta posizionandosi sulla pagina inferiore delle foglie. Inizia subito la sua attività e si riproduce anche in assenza di preda grazie alla sua polifagia.

Diverso, invece, è il caso di O. laevigatus. Quest’insetto, entrato ormai a far parte regolarmente della lotta al tripide in colture orticole, ha bisogno di circa un paio di settimane per riprodursi e perché si ritrovi quindi in ogni suo stadio. Vero che è in grado di nutrirsi anche di altre risorse, ma predilige la presenza del fiore e questo spesso non è presente o lo è solo per un periodo di coltivazione. Trova quindi il suo significato solo in alcune colture ornamentali come, ad esempio, il crisantemo.

Una nuova possibilità

In aiuto a questi due ausiliari sopra descritti si trova anche un altro organismo, più comunemente associato ad un altro tipo di controllo biologico, ma che se correttamente utilizzato è in grado di dare una svolta decisiva per il controllo del tripide: il nematode entomopatogeno Steinernema feltiae.

I nematodi entomopatogeni vengono normalmente utilizzati per il controllo di coleotteri, ditteri e lepidotteri allo stadio larvale, ma questa specie di Steinernema è attiva anche nei confronti delle larve di tripide.

I nematodi sono organismi vermiformi di piccole dimensioni (frazioni di millimetro) che vivono nel terreno a spese di larve di insetti, penetrando al loro interno tramite le cavità naturali.

Una volta all’interno della larva, i nematodi rilasciano dei batteri simbionti (del genere Xenorhabdus) in grado di trasformare i tessuti dell’ospite e renderli disponibile al nematode. La larva viene utilizzata come substrato di riproduzione e i nematodi compiono al suo interno uno o due cicli, fino a quando i nuovi nematodi escono per cercare altre larve e ricominciare il ciclo.

Il tutto avviene in tempi brevi e la larva muore per setticemia in 24-72 ore, cambiando visibilmente colore e consistenza, ovvero seccandosi e assumendo una colorazione giallo-marrone.

Nel caso del tripide, Steinernema feltiae è attivo nei confronti di diverse specie compresa Frankliniella occidentalis, colpendone gli stadi larvali.

Dal punto di vista pratico, i nematodi presenti in commercio sono distribuiti allo stadio larvale con del materiale inerte per facilitarne l’utilizzo, il tutto contenuto in una busta che ad occhio nudo sembra racchiudere della “polvere”.

L’impiego prevede la dispersione in acqua che viene poi distribuita a livello fogliare con le attrezzature convenzionali. È necessario prestare attenzione alla temperatura dell’acqua, alla pressione utilizzata per la distribuzione, e alla corretta scelta dei filtri per evitarne l’intasatura (all’interno delle confezioni sono riportate in maniera dettagliata le condizioni di utilizzo).

Il “trattamento” deve avvenire a livello fogliare cercando il più possibile di arrivare a bagnare ogni punto della pianta, in modo da intercettare il target.

Per garantire il successo dell’intervento, oltre a colpire le larve, è necessario garantire un adeguato tasso di umidità: i nematodi infatti si spostano su film liquido e sono legati alla presenza di umidità per compiere correttamente la loro attività.

Bagnatura adeguata

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Esecuzione del trattamento con nematodi entomopatogeni.

Quindi, oltre ad un’adeguata bagnatura, è preferibile effettuare l’intervento verso la fine della giornata e ripetere una bagnatura la mattina seguente. Ideale è l’utilizzo, quando presenti, degli sprinkler o di altri sistemi per creare umidità, per garantirne un livello elevato per almeno 12-24 ore dopo l’intervento.

Non da ultimo è da sottolineare il fatto che i nematodi sono del tutto innocui per le specie non target, ausiliari compresi, e sono quindi utilizzabili in una combinazione sinergica con Amblyseius cucumeris ed Orius laevigatus.

Un esempio importante dell’efficacia di questa strategia è rappresentata dall’esperienza dell’azienda Bano Lorenzo, importante produttrice di piante tropicali sita in provincia di Padova.

L’azienda attua da anni la lotta con gli antagonisti utili per la difesa da diversi fitofagi, per il controllo del tripide adotta regolarmente e con successo l’introduzione dell’acaro fitoseide e del nematode S. feltiae.

Grazie a questa combinazione gli interventi fitosanitari sono stati ridotti al minimo, riuscendo così a produrre piante sane e pulite, prive degli inestetici danni da tripide e da scottature da fitofarmaci.

Lotta ai tripidi, entrano in campo i nematodi - Ultima modifica: 2017-04-27T11:53:48+02:00 da Roberta Ponci

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