Tipicità ai piedi del Vesuvio

pomodoro
pomodorino vesuviano
Il Pomodorino del “piennolo” Dop è una specialities d’alto pregio che si può ottenere solo grazie alle particolari condizioni pedo-climatiche della zona di produzione

l Pomodorino del “piennolo” Dop. è uno dei prodotti più tipici dell’agricoltura campana.
«Si tratta di un prodotto unico nel suo genere per pregio organolettico e serbevolezza, – ci riferisce Giovanni Marino, Presidente del Consorzio di Tutela del “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop” – poiché beneficia del terreno vulcanico e delle condizioni climatiche particolarmente favorevoli che ne consentono una lunghissima conservazione, fino ad oltre sette mesi. In altre parole, parliamo di una specialities campana di particolare pregio, molto apprezzata anche all’estero».
Attualmente, sono 46 gli iscritti alla Dop di cui 27 iscritti al Consorzio di tutela che rappresentano circa il 70% del totale della produzione.
«Quando è nato il Consorzio, nell’aprile del 2013, – ci dice Marino – la produzione certificata DOP era di circa 1.800 q, oggi ha raggiunto i 3.000 q (dati Agroqualità del 2015) e la stima delle produzioni che hanno caratteristiche per rientrare nella Dop è di oltre 10.000 q».
Il motivo del gap tra prodotto certificato e non è da imputare alla grandezza aziendale, spesso di piccole o piccolissime dimensioni, che favorisce una sorta di economia “informale”.
Il consorzio di tutela
«Il Consorzio di tutela, – aggiunge il Presidente – sta lavorando affinché la maggior parte del prodotto circolante sia iscritto alla Dop, che rappresenta una garanzia per i consumatori. Recentemente, infatti, abbiamo assistito all’arrivo nell’area Dop di prodotto proveniente dal comune di Agerola, in provincia di Napoli, venduto come pomodorino vesuviano. Si tratta di pomodoro derivante dagli stessi ecotipi coltivati nell’area vesuviana ma con caratteristiche nettamente diverse: differente gusto, minore serbevolezza. Tuttavia la produttività di questo pomodoro è decisamente superiore (più del doppio di quello vesuviano) e, quindi, il prezzo di vendita risulta evidentemente inferiore».
Queste produzioni, provenienti al di fuori dell’area riconosciuta per la Dop, «vanno a confondersi con quelle vesuviane e temiamo che in qualche caso siano anche finite nel circuito della Dop».
«La funzione di tutela del Consorzio, – spiega Marino – è proprio quella di segnalare all’organismo di controllo (Icqrf) eventuali abusi, truffe ed evitare contraffazioni. Tra l’altro il Consorzio ha anche la funzione di autorizzare l’etichettatura sia del fresco che del trasformato, verificando la corrispondenza tra le quantità acquistate dalle industrie di trasformazione e il prodotto trasformato».
Altra attività del Consorzio di tutela è quella della promozione e valorizzazione del prodotto.
«Proprio in questi giorni stiamo lavorando ad un progetto di promozione delle tipicità campane. In collaborazione con il Consorzio di tutela del Pomodoro San Marzano, infatti, ci stiamo preparando a partecipare ad un bando dell’Ue per accedere a fondi comunitari destinati alla promozione e valorizzazione dei prodotti a marchio. Abbiamo intenzione di coinvolgere nell’iniziativa anche l’Igp “Pasta di Gragnano” e la Stg “Pizza Verace Napoletana”. Si tratta di un programma di grande importanza che punta a promuovere e valorizzare alcune importanti produzioni campane a marchio sui mercati del Nord America».
Naturalmente, il successo del Pomodorino del Piennolo passa anche attraverso l’aggregazione dei produttori.
«Esistono già delle realtà associative sul territorio, – continua il nostro interlocutore – che vedono il coinvolgimento di produttori e trasformatori. Le aggregazioni tra gli attori del comparto vanno comunque rafforzate soprattutto perché dobbiamo confrontarci con aziende piccole che solo associandosi possono ridurre i costi, da quelli di produzione sino alla commercializzazione del prodotto e proporsi con successo sul mercato».
La tecnica colturale
Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio si coltiva con un metodo tradizionale, che prevede l’ausilio di sostegni con paletti di legno e filo di ferro, che evitano che le bacche tocchino terra e fanno sì che ricevano uniformemente i raggi solari.
«Il trapianto si effettua tra metà marzo e inizio maggio, – ci dice Francesco Manzo, agronomo, produttore e presidente del Consorzio Nuova Agricoltura, che riunisce aziende agricole e aziende di trasformazione – disponendo le piantine su file singole distanziate 80-120 cm e con distanza sulla fila di 15-30 cm; si ottengono, in questo modo, densità di 4,5 piante/m2 (massimo consentito dal disciplinare). Sulle file si dispone la manichetta forata per l’irrigazione che si pratica solo localizzata e per micro portata intervenendo solo nei periodi più siccitosi».
La preparazione dell’impianto prevede una lavorazione del terreno a media profondità in concomitanza della quale si pratica la concimazione di fondo con sostanza organica che funge da ammendante nei terreni sciolti vesuviani.
Il sovescio
«In alcune realtà agricole si praticano ancora vecchie tecniche di preparazione del terreno, – aggiunge Manzo – facendo precedere al pomodorino sovesci con miscugli di  leguminose e brassicaceae. In particolar modo è usato il lupino (leguminosa) per la produzione di elevata biomassa, capacità di fissare l’azoto atmosferico e proprietà acidificanti; in alternativa si impiega il rapestrone (brassicacea) che produce elevata biomassa e rilascia nel terreno, a seguito della trinciatura, composti glucosinolati in grado di esplicare un azione interessante su diverse  patologie legate alla coltivazione del pomodorino».
La matrice pedologica è in grado di caratterizzare le proprietà organolettiche delle produzioni agricole quando c’è un ricco “laboratorio microbiologico” in grado di processare e rendere bio disponibili l’enormità di minerali presenti nel suolo vulcanico.
Nel corso della coltivazione le operazioni colturali necessarie, oltre agli eventuali interventi irrigui, sono relative alla cimatura, all’eliminazione delle foglie secche e/o danneggiate e agli interventi di difesa dai parassiti.
«La cimatura, – spiega il nostro interlocutore – si effettua quando la pianta ha differenziato tra due e tre grappoli, mentre la difesa è quella consentita dal disciplinare contro i principali parassiti della specie: peronospora, afidi, mosca bianca, ecc.».
La produzione massima consentita dal disciplinare di produzione è di 16 tonnellate per ettaro, con una produzione media per pianta che varia, secondo la densità di piantagione, tra i 300 e i 500 grammi.
Allo stato fresco, il prodotto deve essere posto in vendita allo stato di bacche o di grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg.
«Nel caso di prodotto conservato i “piennoli” devono avere un peso massimo di 5 kg ed essere posti in vendita o singolarmente con il logo identificativo della Dop o in idonei contenitori sigillati. Può anche essere venduto conservato, allo stato di bacche o di grappoli, posti alla rinfusa in idonei contenitori sigillati, con capienza fino ad un massimo di 10 kg». Sui contenitori va apposto il logo della Dop, il logo comunitario, oltre il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda confezionatrice o produttrice e la quantità di prodotto effettivamente contenuta nella confezione.
Questa varietà è detta anche “del Piennolo”, perché la tecnica di conservazione tradizionale vuole che si formino dei “Piennoli”, cioè pendoli: grappoli interi, raccolti tra luglio e agosto, sistemati su un filo di canapa legato a cerchio, per comporre un unico grande grappolo, conservato sospeso in luoghi asciutti e ventilati.
La conservazione
Questo sistema di conservazione favorisce una lenta maturazione e consente di avere “oro rosso fresco” fino alla primavera seguente all’anno della coltivazione. Nel corso dei mesi il pomodorino, pur perdendo il suo turgore, assume un sapore unico e delizioso, divenendo un ingrediente essenziale di tanti piatti tipici napoletani: regala un tocco inconfondibile alla pizza, alle bruschette, agli spaghetti, alle salse, agli intingoli a base di pesce e a mille altre ricette.Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio viene apprezzato sul mercato sia allo stato fresco, che nella tipica forma conservata “al Piennolo”, oppure anche come conserva in vetro, secondo un’antica ricetta familiare dell’area, denominata “Pacchetella”. L’area tipica di produzione e conservazione del Pomodorino del Piennolo coincide con il territorio del Parco Nazionale del Vesuvio.

Tipicità ai piedi del Vesuvio - Ultima modifica: 2016-05-17T15:53:26+02:00 da Lucia Berti

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