Il vertical farming verso il futuro della quarta gamma

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Luca Travaglini (a sinistra) e Daniele Benatoff, cofondatori di Planet Farms
Alle porte di Milano sta per essere inaugurato «il più grande impianto di agricoltura verticale d’Europa», firmato Planet Farms

Planet Farms è un’azienda innovativa, ad alto contenuto tecnologico, che si occupa di produzione e ricerca in vertical farming. La filiera aziendale mira all’ottenimento di prodotti buoni, sani e a residuo zero. Sicuri, tracciati tramite blockchain e destinati esclusivamente al mercato locale. Questo modello agricolo vuole rispondere agli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, affrontando i problemi dell’urbanizzazione, della sicurezza alimentare, dell’accesso al cibo, della scarsità di acqua, del consumo del suolo e della tracciabilità degli alimenti.

Il centro ricerche

Da più di quattro anni, nel centro ricerche di Planet Farms, a Cinisello Balsamo (Mi), sono in corso le prove sperimentali sulla produzione di varie tipologie di ortaggi. La coltivazione avviene in sistemi idroponici verticali, a ciclo chiuso, in un ambiente protetto dove ogni parametro ambientale è costantemente monitorato e mantenuto a un livello ottimale. Per evitare ogni tipo di contaminazione, gli addetti entrano nelle camere di coltivazione indossando sempre i dispositivi di protezione individuale.

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Attualmente Planet Farms sta sperimentando la coltivazione di varie referenze per la quarta gamma: insalate e piante aromatiche

Sulla base dei risultati ottenuti in questi anni di ricerche, hanno sviluppato dei protocolli colturali che a breve metteranno in pratica su larga scala in un’innovativa vertical farm di 9mila metri quadri, a Cavenago di Brianza. L’azienda conta poi di consolidare la propria struttura con la creazione di altri impianti in vertical farming in diverse città italiane ed europee.

Tutto parte dal seme

Al centro ricerche, la produzione sperimentale parte dalla seeding room. Qui viene preparato il substrato: una miscela organo-minerale studiata appositamente per ogni coltura. «La preparazione dei nostri substrati è frutto di anni di studi e analisi. Per comporre la miscela, è fondamentale utilizzare esclusivamente materiali microbiologicamente sicuri. Motivo per cui integriamo le analisi di conformità dei nostri fornitori con dei controlli interni» spiega Chiara Tenconi, responsabile del centro.
Una volta pronto, il substrato viene accuratamente riposto nei vassoi di semina. «Quest’operazione non è banale: tramite le nostre analisi, abbiamo calcolato quali sono le giuste quantità da inserire in ogni recipiente e qual è il miglior grado di compressione atto a favorire la germinazione».

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Basilico coltivato nella vertical farm sperimentale di Planet Farms, a Cinisello Balsamo (Mi)

Nel centro ricerche il riempimento dei vassoi è manuale, ma nello stabilimento di Cavenago ogni parte del processo produttivo sarà automatizzata. «Nella nostra vertical farm milanese entrerà il seme e uscirà l’insalata in busta, senza che ci sia bisogno del minimo intervento umano sulle colture» conferma Tenconi. Inoltre, visto l’elevato grado di controllo che caratterizza il vertical farming, la concia delle sementi – così come tutti gli altri interventi fitosanitari – non è necessaria.

La semina

«Selezioniamo le cultivar offerte dai nostri breeder in base alle loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Parametri per noi fondamentali sono anche l’uniformità e la germinabilità dei semi. Quest’ultima, che valutiamo personalmente tramite appostiti test di laboratorio, dev’essere superiore al 90%».

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Chiara Tenconi, responsabile del centro ricerche di Planet Farms

I vassoi di semina vengono poi disposti su un nastro trasportatore, che li convoglia sotto all’improntatore, ovvero la macchina dedita alla creazione del foro di semina. Successivamente, il seme viene trasportato grazie a una tramoggia sulla superficie di un rullo forato, dove la differenza di pressione permette il suo rilascio nella conca del substrato.
Chiaramente, ogni varietà orticola ha il proprio improntatore e uno specifico rullo di semina, realizzati in base alle caratteristiche del seme e alle relative necessità germinative.
Infine, segue la bagnatura degli alveoli tramite apposite barre. Tramite questo passaggio, garantiamo al substrato che accoglie il seme il grado di umidità ottimale.

La coltivazione verticale

La coltivazione indoor avviene tutto l’anno: la produzione si ferma solo per poche ore, tra un ciclo e l’altro, in modo da sanificare gli impianti. L’avanzato controllo dei parametri ambientali permette di effettuare una prevenzione efficace ed evitare qualsiasi tipo di trattamento fitosanitario, oltre che di ottenere un prodotto estremamente uniforme (come richiesto dalla grande distribuzione, ndr).

In generale, molte delle difficoltà che caratterizzano la tradizionale coltivazione in serra (e, ancor di più, quella in pieno campo) nel vertical farming sono fortemente ridotte grazie all’impiego oculato della tecnologia. Le colture su cui si focalizzano le ricerche di Planet Farms sono quelle per la quarta gamma: lattughe (romana, batavia, riccia, foglia di quercia), piante aromatiche e brassicacee (rucola, senape, ecc).

Il controllo ambientale

Nelle camere di crescita, la temperatura e l’umidità vengono regolate in base alle esigenze delle varietà coltivate. «Prestiamo grande attenzione al condizionamento dell’aria, che micro-filtriamo». Per l’illuminazione artificiale si utilizzano lampade Led, preferite per la maggiore efficienza energetica e per la possibilità di selezionare lo spettro luminoso adatto ad ogni fase fenologica delle colture. «Queste lampade ci permettono di emettere la stessa tipologia di luce che le piante riceverebbero dal sole, riproducendo anche l’alba e il tramonto. In più, su determinate colture selezioniamo gli spettri luminosi necessari a favorire la produzione di alcuni pigmenti, vitamine o antiossidanti».

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Planet Farms coltiva in vertical farming appositi miscugli di baby leaf da insalata, molto apprezzati dalla grande ristorazione

Attualmente Planet Farms sta conducendo uno studio sull’influenza della luce nel grado di piccantezza della rucola selvatica e coltivata. «Stiamo valutando come cambia il prodotto finale in base alla modulazione della durata del ciclo giorno-notte e dell’intensità luminosa. Alcuni consumatori preferiscono un prodotto dal sapore più pungente, mentre altri cercano dei gusti più delicati. Noi vorremmo accontentare entrambi».

Tornando sulle tecniche di concimazione, ci raccontano: «Adoperiamo un sistema di fertirrigazione dal basso, a ciclo chiuso. In questo modo non bagniamo mai la parte aerea delle colture. Effettuiamo le analisi della soluzione circolante prima e dopo l’assorbimento radicale, in modo da misurare con precisione quali nutrienti somministrare e in quali dosi. Come sistema di controllo aggiuntivo della salute delle piante, adoperiamo alcune tecnologie che misurano il contenuto di clorofilla nelle foglie».

Tutti i parametri ambientali (temperatura, umidità, conducibilità elettrica, pH e potenziale di ossido-riduzione) sono monitorati e gestibili tramite un apposito software. «Di fatto, potremmo lavorare sempre da casa» commenta ancora Chiara Tenconi.

La raccolta

In conclusione, si arriva nella camera di taglio per l’ottenimento del prodotto finito. Qui i vassoi di coltivazione sono convogliati dai nastri trasportatori sotto le macchine raccoglitrici, dotate di lame specifiche per ogni coltura. L’accuratezza del processo permette di ottenere altezze di taglio uniformi, ottimali per i prodotti di quarta gamma. Inoltre, lo scarto è praticamente azzerato; dunque, la sostenibilità della produzione è positivamente incrementata.

«Un’ulteriore nota di merito dei nostri prodotti è la lunga shelf life. Queste insalate in busta possono durare a lungo, perché essendo microbiologicamente pure non marciscono né si ossidano. Ciò è una conseguenza del controllo microbiologico effettuato sull’ambiente di coltivazione e del metodo irriguo utilizzato, che mantiene le foglie sempre asciutte».

I prossimi passi

Forte dell’esperienza di ricerca a Cinisello Balsamo, a breve Planet Farms inaugurerà il centro di produzione a Cavenago di Brianza. La sua posizione non è casuale, ma è stata scelta appositamente per avvicinare la produzione agricola ai centri della grande distribuzione. La vertical farm milanese ospiterà ampie camere di crescita hi-tech. La sua mission sarà produrre cibo sano per i mercati locali, con l’ausilio massiccio della tecnologia e nel rispetto dell’ambiente.

«Nel frattempo – conclude Chiara Tenconi – continuiamo con il nostro lavoro di ricerca e innovazione. Uno dei prodotti che vorremmo lanciare a breve sono gli ortaggi biofortificati. Prodotti specifici, pensati per soggetti sportivi o donne in gravidanza, particolarmente ricchi di vitamine e antiossidanti».

Il vertical farming verso il futuro della quarta gamma - Ultima modifica: 2021-06-05T09:28:26+02:00 da Paola Cassiano

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