Biodinamico dal breeding al packaging

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Il logo aziendale
Sostenibilità e ricerca, su grandi estensioni. L’azienda casertana Amico Bio spicca per i suoi 200 ettari, di cui 50 sotto serra

Amico Bio è un’azienda agricola a conduzione familiare guidata dai tre fratelli Amico: il direttore Enrico, il conduttore dell’azienda agricola, Pasquale, e la responsabile dell’agriturismo e del punto vendita, Orsola. Si trova a Capua (Caserta), si estende su 200 ettari e impiega 120 persone, di cui 70 in campo.

L’azienda è specializzata nelle produzioni orticole biologiche e biodinamiche, che vengono coltivate su 170 ettari: 50 sotto serra, dove troviamo lattughe, cavolo rapa, rucola e insalate da taglio per la IV gamma; 120 ettari in pieno campo per finocchio, radicchi, cavoli, spinacio, scarola, bietola e zucca.

In totale l’offerta comprende 20 diverse tipologie di prodotto. I restanti 30 ettari sono destinati ai seminativi di frumento e favino, per la nutrizione di 80 bovini marchigiani e 300 suini neri casertani.

Una volta raccolti, gli ortaggi vengono trasportati nei due magazzini aziendali a Capua e Vitulazio (Caserta) per la lavorazione post-raccolta; il primo opera per il confezionamento della I gamma, l’altro per la IV gamma.

«Il quotidiano controllo qualitativo della merce, sia in campo che nel post-raccolta, hanno fatto diventare la nostra azienda leader nell’agricoltura biologica e biodinamica italiana» affermano i fratelli Amico.

Nel 2017 siete stati riconosciuti dal Mipaaf come un caso studio di successo. Da dove siete partiti?

«Abbiamo iniziato nel 1995, coltivando i primi ettari in biologico» racconta Enrico Amico.

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Enrico Amico, direttore dell’azienda Amico Bio di Capua (Ce)

«Con il passare degli anni abbiamo aumentato la Sau e le attività aziendali, puntando molto sulla multifunzionalità. Nel 2005 abbiamo ottenuto la certificazione Demeter per l’agricoltura biodinamica e nel 2015 ci siamo uniti ad altre aziende agricole, diventando un’Op interamente dedita alla produzione e vendita di prodotti biologici e biodinamici».

Parlando di tecnica, quali pratiche agronomiche applicate in azienda?

«Il nostro calendario produttivo orticolo – prosegue il direttore – si estende da metà settembre a fine maggio. Prima dell’impianto, incorporiamo al terreno il compost che produciamo con il letame dei nostri animali e gli scarti della lavorazione post-raccolta dei magazzini. Somministriamo circa 50 q/ha di compost all’anno, che riusciamo a produrre interamente in azienda. Questo è l’unico tipo di concimazione utilizzata.

Ogni anno, quando le colture sono state dismesse, seminiamo dei sovesci composti da miscugli di 12-15 essenze, appartenenti a 4-5 famiglie. Tra le varie specie ci sono: crucifere come senape e rafano, ad azione nematocida; leguminose, tra cui Vigna sinensis o veccia; graminacee, ad esempio sorgo sudanese e panico; altre come grano saraceno e facelia, in grado di attrarre gli insetti impollinatori. In serra il sovescio viene irrigato, mentre in pieno campo no. All’inizio della fioritura, il miscuglio viene trinciato e incorporato al terreno con un’erpicatura superficiale, eseguita con erpici rotanti.

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Lattuga rossa coltivata in serra

Molte colture vengono pacciamate con i teli in amido di mais. I campi non coperti vengono lavorati nell’interfila con l’erpice. Infine, abbiamo un piano di rotazioni colturali di 4 anni in serra e 5 in pieno campo, che ben combina il beneficio economico con quello agronomico, garantendo al contempo sostenibilità finanziaria e ambientale.

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Lattuga verde e zucca coltivate in serra

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Questa gestione oculata del terreno, caratterizzata da poche lavorazioni, impiego dei sovesci, somministrazione di compost di qualità e pianificazione di rotazioni bilanciate, ci ha permesso di incrementare il contenuto di sostanza organica dei nostri suoli dall’1% iniziale fino al 3% odierno. Ne siamo molto contenti, perché i risultati sono tangibili: infatti, le nostre rese sono più elevate rispetto agli standard biodinamici. Ci aggiriamo sui 60mila quintali di prodotto venduto annualmente».

Ci sono dei cambiamenti produttivi o gestionali che avete intenzione di apportare nel breve periodo?

«Il cambiamento più urgente che abbiamo in programma riguarda gli imballaggi dei nostri prodotti di IV gamma: vorremmo convertirci all’uso di materiali biodegradabili e/o compostabili. Ultimamente la richiesta del mercato è molto forte e sentiamo la necessità di adeguarci.

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Tunnel aziendali

Riguardo alla coltivazione, abbiamo intenzione di perfezionare il nostro sistema ombreggiante, che ormai per le colture più sensibili risulta necessario anche in primavera. Il cambiamento climatico è diventato una realtà da affrontare: nella nostra zona la campagna è stata anticipata di almeno 2 settimane. A fine febbraio abbiamo raccolto prodotti che normalmente raccoglievamo a metà marzo. Non si tratta più di eventi eccezionali, questa è la nuova routine e come tale va gestita, sperimentando l’impiego di varietà adattate e tecniche innovative».

A proposito di sperimentazione: avete in essere qualche progetto di ricerca?

«Sì, attualmente siamo sede di Green resilient, un progetto europeo di durata triennale incentrato sull’agricoltura biologica in serra, in collaborazione con il Crea. Lo scopo è quello di valutare la sostenibilità di 3 modelli produttivi: il biologico proposto da regolamento, un sistema agroecologico e il biodinamico.

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Bietola da taglio in pieno campo

L’Italia è capofila del progetto e con noi partecipano altri 11 partner europei, situati in Austria, Germania, Olanda, Svezia, Belgio, Francia, Svizzera e Danimarca. In questi ultimi quattro Paesi si stanno facendo delle prove in campo e in Italia i ricercatori del Crea, coordinati dal dott. Fabio Tittarelli, le stanno eseguendo nella nostra azienda, su una parcella di 3mila metri quadri. Ulteriori informazioni sono reperibili online».

Come gestite la parte iniziale filiera?

«Per padroneggiare l’intero processo produttivo, cercando di renderci un’azienda a ciclo chiuso, abbiamo avviato due progetti: uno riguarda il breeding e l’altro il vivaismo.
Da anni autoproduciamo le nostre sementi, in collaborazione con un breeder svizzero specializzato nel miglioramento genetico per sementi biologiche e biodinamiche. La necessità che ci ha portato a sviluppare questo aspetto è dovuta al fatto che molte sementi delle colture di cui ci occupiamo, come ad esempio il cavolo rapa, sono prodotte nel nord Europa, dunque sono poco adatte al nostro areale. Con l’autoproduzione possiamo ottenere cultivar ottimali per l’ambiente mediterraneo e, allo stesso tempo, avere ulteriori garanzie sul materiale di partenza. È un processo lento, che richiede anni di lavoro, ma ne stiamo già assaporando i frutti.

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Sovescio polifita in serra

Il secondo progetto riguarda il vivaio aziendale, inaugurato 9 anni fa. Oltre a renderci autosufficienti per i trapianti, fornisce le piantine a tutte le aziende dell’Op. Ciò ci permette di scegliere le migliori varietà e ottimizzare la pianificazione delle semine e dei trapianti, gestendo la programmazione in maniera più efficace anche con la clientela».

Una volta ottenuto il prodotto finito, quali canali di vendita utilizzate?

«Le ortive sono destinate principalmente alla Gdo estera, in particolare Germania, Svizzera e Paesi scandinavi. Vendiamo anche in Italia, nel mercato specializzato. Per quanto riguarda la carne, invece, la immettiamo solo sul mercato locale».

Prima citava la multifunzionalità agricola. In che modo avete diversificato il vostro business?

«Abbiamo ampliato l’offerta diventando un agriturismo, con annesso ristorante. Ci siamo dotati di un punto vendita aziendale, dove si possono trovare prodotti biologici, nostri e di altre aziende.

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Concimazione di fondo con il compost aziendale

Accanto all’agriturismo ospitiamo un asilo steineriano, in cui promuoviamo un’agricoltura e un’alimentazione sana. Siamo anche un centro di formazione sull’agricoltura biologica e biodinamica, dove giovani e meno giovani possono studiare e specializzarsi. Infine, abbiamo aperto dei ristoranti a Napoli interamente dedicati alla valorizzazione degli ortaggi, per offrire al pubblico la possibilità di degustare i nostri prodotti anche in città». •


L'azienda in breve

Società cooperativa Amico bio
Capua (Ce)

Anno di fondazione
1995

Superficie totale
200 ha, di cui 50 in serra

Colture praticate
Ortaggi per la IV gamma (spinacino, rucola, lattughino, insalatine da taglio, insalate, cavolo rapa e ravanello) coltivati in serra; radicchi, scarola, finocchio, cipollotto, cavoli e zucca, coltivati in pieno campo.
Cereali e leguminose in rotazione

Marchi di qualità
Certificazione di agricoltura biologica, Bio Suisse, Demeter, Global gap e Grasp

Biodinamico dal breeding al packaging - Ultima modifica: 2020-03-09T14:31:01+01:00 da Paola Cassiano

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