Fuori suolo, una soluzione alternativa

pomodoro
Pomodoro della varietà “Sorrentino” in “fuori suolo”.
Con la messa a bando del bromuro di metile il fuori suolo diventa un’ottima alternativa all’impiego di prodotti chimici per risolvere le problematiche connesse con il terreno

«Quando una decina di anni fa fu bandito l’impiego del bromuro di metile ci trovammo a cercare nuove soluzioni per coltivare il pomodoro. Tra le varie alternative che avevamo di fronte quella che ci convinse di più fu la coltivazione “fuori suolo”, anche perché constatammo personalmente i risultati raggiunti da alcune aziende siciliane che già adottavano questa soluzione tecnica da diverso tempo».
E’ quanto ci racconta Marco Castiello che con il fratello Vincenzo conduce un’azienda di 10 mila metri quadrati tutti coperti con serre in provincia di Napoli, dove si coltivano “fuori suolo” due diverse tipologie di pomodoro “insalataro”.
«Dopo aver effettuato una prova su 1.000 m2 ed aver appurato i buoni risultati, continua l’orticoltore, abbiamo ampliato la superficie fino agli attuali 10 mila metri quadrati. D’altronde secondo la nostra esperienza, per ammortizzare i costi delle attrezzature necessarie a condurre la coltivazione, la dimensione aziendale minima da destinare al “fuori suolo” non deve essere inferiore ai 5 mila m2».
Impianto specifico
Marco e Vincenzo, quindi, hanno continuato a coltivare pomodoro realizzando un impianto adatto alla specie.
«Il “fuori suolo” è adatto a tutte le specie orticole – specifica Vincenzo–, però l’impianto va calibrato in maniera diversa secondo la specie scelta. Questa soluzione tecnica, quindi, è particolarmente adatta per la monocoltura e il produttore dovrebbe specializzarsi per conseguire dei risultati ottimali. Per il pomodoro, ad esempio, la distanza ottimale da utilizzare tra le file è 1,80-2,00 metri, mentre sulla fila le piantine vanno sistemate ad una distanza di circa 20 cm l’una dall’altra. In questo modo si ottiene una densità ideale per la specie di 2,5-3 piante/m2».
Fibra di cocco
Il substrato scelto dall’azienda Castiello è la fibra di cocco, largamente impiegata per le coltivazioni orticole “fuori suolo” nel meridione.
«Si tratta della scelta tecnica ottimale per i nostri ambienti di coltivazione e la durata si aggira intorno ai tre anni. La fibra di cocco ha anche il vantaggio di potere essere smaltita facilmente in azienda utilizzandola come ammendante nel terreno».
Le piantine sono collocate nei sacchi contenenti la fibra di cocco; questi ultimi, lunghi 1 metro, larghi 20 cm e con altezza di 15 cm, sono posizionati su pannelli di polistirolo con lo scopo di isolarli dal suolo ed evitare che le radici, che possono fuoriuscire dal sacchetto, attecchiscano sul terreno.
Preparazione del terreno
«Naturalmente – prosegue Marco – il terreno va perfettamente livellato e coperto con un telo di materiale plastico di buona qualità, la cui durata dev’essere garantita per almeno un decennio».
All’interno dell’ambiente protetto si susseguono due cicli di coltivazione di pomodoro: il primo ha inizio con trapianti di dicembre- gennaio e si conclude con la raccolta che ha inizio ad aprile e si completa a giugno; il secondo, invece, parte da metà luglio – inizio agosto e termina con le ultime raccolte di inizio dicembre.
«Al termine di ogni ciclo di coltivazione le piante vanno tagliate alla base e trasportate fuori serra dove sono triturate e distribuite nel terreno. Annualmente, poi, provvediamo a disinfettare l’ambiente protetto con appositi prodotti ad uso agricolo».
Il periodo di raccolta varia di poco nei due cicli ed è più lungo nel secondo (70 giorni a fronte dei 60 del primo ciclo).
L’allevamento
«Le piante sono allevate a “doppia branca” – spiega Vincenzo –, sostenute con l’impiego di fili di spago legato alla struttura e cimate al sesto-settimo palco, secondo l’andamento stagionale. Durante la coltivazione sono continuamente “scacchiate” per consentire al ramo principale di accrescersi adeguatamente».
La raccolta è manuale e si effettua in maniera scalare raccogliendo i frutti singolarmente al giusto grado di maturazione.
«Abbiamo scelto la tipologia “insalataro” per la quale ci siamo specializzati nel corso degli anni; in particolare abbiamo diviso la superficie equamente tra un tipo più “classico” (tondo liscio) e un prodotto di “nicchia” quale il pomodoro della tipologia “Sorrentino”».
Le produzioni dell’azienda Castiello sono confezionate in cassettini di plastica del peso di 10 kg circa e commercializzati sui mercati locali.

Fuori suolo, una soluzione alternativa - Ultima modifica: 2018-02-06T15:37:08+01:00 da Lucia Berti

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