Il fosforo per le piante è importante sia come elemento strutturale delle proteine, sia per il metabolismo energetico: inoltre esercita un ruolo non trascurabile nella resistenza alle malattie ed ai parassiti.
Dal punto di vista della fisiologia delle piante si può affermare che, in molte situazioni, il fosforo esercita un effetto contrapposto a quello dell’azoto: difatti esso esalta la robustezza e la stabilità dei tessuti, mentre l’azoto tende a renderli più erbacei e meno consistenti. È per questo motivo che le piante ben dotate di fosforo sono meno suscettibili agli attacchi dei patogeni.
La carenza
I sintomi della carenza di fosforo non sono sempre facilmente individuabili, perché, anche se in genere si evidenziano principalmente come condizioni in cui la crescita della pianta viene inibita, non sono infrequenti i casi in cui si possono esplicare con le stesse manifestazioni di un eccesso di azoto.
La concentrazione di fosforo nelle foglie al di sotto della quale si parla di insufficiente dotazione è 0,18-0,20% sulla sostanza secca.
Una insufficiente dotazione di fosforo nelle piante non sempre dipende da una scarsa presenza di fosforo nel terreno: spesso le difficoltà di assorbimento da parte delle colture dipendono dalla bassa temperatura del terreno, dall’eccesso di umidità o dalla perdita di struttura del suolo.
Si registrano poi considerevoli differenze fisiologiche e genetiche nella capacità di assorbimento da parte degli apparati radicali, che fanno sì che nello stesso terreno alcune specie siano in perfette condizioni nutrizionali, mentre altre manifestino una carenza di fosforo.
Venendo al dettaglio delle colture orticole, la carenza di fosforo si manifesta in modo differenziato nelle diverse specie.
L’apparato fogliare delle patate si presenta rigido ed eretto. La crescita della pianta è inibita ed il fusto si presenta più sottile della norma. Le foglie più vecchie presentano la lamina arrotolata verso l’alto, con lesioni necrotiche che vanno a formarsi sui margini. Le foglie si presentano più piccole del normale ed invecchiando imbruniscono e cadono prematuramente. I tuberi a volte presentano delle macchie rugginose;
Le rape in carenza di fosforo si colorano di viola opaco, mentre le foglie diventano rosso brillante o arancio, poi cadono precocemente. La crescita è limitata ed il fusto è molto esile. Nel ravanello il portamento della pianta è molto prostrato, le foglie sono opache, di colore verde scuro frequentemente con sfumature rossastre-violacee, in particolare sulla pagina inferiore; nelle foglie vecchie si dissecca il lembo, con filloptosi anticipata e le radici presentano uno sviluppo molto ridotto;
Nelle leguminose si riscontra una colorazione delle foglie verde bluastra, verde scura o verde oliva; le foglie sono molto erette e deboli, con fusti corti e sottili; la crescita è assai rallentata, con molto limitata messa a fiore e quindi scarsa produzione di baccelli e di semi; nei piselli le foglie vecchie muoiono diventando gialle verso il lembo; nei fagioli, invece, appaiono sulle foglie, prima che cadano prematuramente, macchie brunastre scure; se la carenza di fosforo è molto grave, anche l’attività dei rizobatteri risulta inibita, per cui le foglie possono apparire pallide;
I cavolfiori, e cavoli in genere, presentano una colorazione verde bluastra con sfumature viola lungo le nervature alla base della foglia, anche se il viraggio è talvolta verso il rosso come avviene per la carenza di azoto; la crescita è rachitica, con piante molto compatte e con la formazione di cespi molto piccoli; nel cavolfiore la testa si colora di viola intenso e le foglie vecchie disseccano a partire dai margini;
I pomodori in carenza di fosforo presentano le foglie molto erette e di colore verde scuro, verde bluastro, con accentuazioni rossastre lungo le nervature alla base della foglia; le lamine fogliari si arrotolano verso il basso ed all’indietro; le foglie più vecchie ingialliscono con macchie bruno-nerastre e poi cadono in fretta. Il fusto rimane esile, fibroso e presenta sfumature viola; la fioritura e la fruttificazione sono scarse con bacche piccoline, dure e gialle;
Le barbabietole presentano foglie piccole violacee con piccioli molto corti; le foglie più vecchie appassiscono e muoiono molto presto;
Le foglie di cetriolo in carenza di fosforo sono di colore verde opaco, piccole, a volte con sfumature bronzate, con portamento rigido ed orientamento orizzontale; il fusto appare esile e raccorciato ed i frutti sono colorati con sfumature dal verde opaco al bronzeo; lesioni necrotiche traslucide appaiono sulle lamine delle foglie più vecchie, i cui piccioli disseccano, e quindi le foglie poi appassiscono e cadono;
La lattuga cresce con difficoltà, assumendo una conformazione della pianta a rosetta, con i cespi che si costituiscono con grande lentezza; le foglie sono verde scuro e qualche volta presentano sfumature rossastre e violacee, con quelle più vecchie che ingialliscono e cadono anticipatamente;
La pianta di sedano in fosforo-carenza si caratterizza per foglie verde scuro o verde bluastro e piccioli molto esili; la pianta è nanizzata e conformata a rosetta;
Le carote presentano le foglie vecchie di colore verde opaco con forti sfumature violacee, su gambi piuttosto esili dal portamento eretto;
Anche su cipolla le foglie assumono una colorazione verde scuro con sfumature bluastre o violacee; lesioni di colore verde, poi giallo, infine bruno necrotico si diffondono dall’apice verso la base della lamina fogliare; le foglie più vecchie appassiscono, disseccano e muoiono, assumendo una colorazione nerastra;
Eccesso
I casi in cui gli eccessi di fosforo causano effettivamente danni sono assai rari, in quanto anche a fronte di una eventuale errata concimazione fosfatica, gli ioni fosfato vengono comunque bloccati nel suolo e resi indisponibili per le piante.
Si possono evidenziare degli effetti indiretti causati dalla interazione fra i nutrienti: un eccesso di concimazione fosfatica porta ad una carenza di micronutrienti correlati come lo zinco, il cui assorbimento e metabolismo risulta alterato, ed il ferro, che vede disturbato in particolare il suo trasporto all’interno della pianta in condizioni di alta concentrazione di fosforo.
Gli effetti di una eccessiva concimazione fosfatica si rendono particolarmente evidenti in quei terreni caratterizzati da scarso contenuto di calcio o alluminio, con i quali altrimenti il fosforo forma sali insolubili che rendono indisponibili per le piante anche grandi quantità di fosfati.
Per avere sintomi di fitotossicità da fosforo si deve superare il tenore dell’1% di fosforo nelle foglie: in conseguenza di ciò si hanno danni analoghi a quelli da eccessiva salinità per la elevata concentrazione di fosforo nella zona distale delle foglie, che si manifesta soprattutto nelle foglie più vecchie.
Un altro effetto che si può avere con eccessiva dotazione di fosforo è la maturazione prematura dei frutti e, quindi una perdita di produzione.
Inquadramento chimico
Il termine Fosforo deriva dal latino Phosphorus e, a sua volta, dal greco phosphoros che significa “portatore di luce” perché il fosforo è in grado di emettere radiazioni luminose per chemioluminescenza.
Il fosforo è un elemento chimico non metallico, il cui simbolo è P; il suo numero atomico è 15 ed il peso atomico è 30,98.
L’elemento chimico fosforo fu isolato per la prima volta nel 1669 da Brand nel residuo della evaporazione delle urine.
Nella espressione delle unità fertilizzanti il fosforo viene convenzionalmente espresso come P2O5, anidride fosforica che, rispetto al fosforo espresso come P, è circa 2,29 volte superiore.
Nelle piante
Il fosforo nelle piante è rappresentato in una concentrazione che varia tra lo 0,1 e lo 0,5% del peso secco, sotto forma di orto e pirofosfato, con differenze dipendenti soprattutto dalla specie in esame.
Il fosforo, assorbito dalle piante sotto forma inorganica, viene incorporato in composti organici di grande importanza come i fosfoprotidi e i fosfolipidi (lecitina ad esempio). I fosfolipidi sono costituenti indispensabili delle membrane presenti nella cellula (tonoplasto, plasmalemma, membrana dei cloroplasti). Il fosforo è contenuto anche negli acidi nucleici (DNA e RNA) e quindi lo ione fosfato è un elemento strutturale delle sostanze basilari per il trasferimento delle informazioni genetiche. È costituente fondamentale nei composti che immagazzinano l’energia nelle cellule e gestiscono il metabolismo delle piante: l’ATP Adenosin trifosfato, l’ADP Adenosin difosfato, il GTP, il NADPH, ecc.
Per i processi in cui è coinvolto lo ione fosfato non può essere surrogato da nessun altro elemento nutritivo.
Il fosforo presente all’interno dei semi è per circa l’80% accumulato come fitina, sale di calcio e magnesio dell’acido fitico: alla germinazione essa si decompone rapidamente e l’acido fosforico reso disponibile innesca le reazioni enzimatiche necessarie. Da ciò si comprende come mai una carenza di fosforo vada a ridurre o a compromettere la energia germinativa e lo sviluppo delle plantule.
Il fosforo è assorbito dalle radici delle piante come anioni H2PO4- e HPO42-.
Le radici di alcune specie di piante sono in grado di emettere acidi organici per attaccare i sali tricalcici e renderli solubili ed assimilabili dalle piante.
In natura
Il fosforo nel terreno è contenuto prevalentemente nella sostanza organica e, nei terreni alcalini, soprattutto come fosfati di calcio, mentre nei terreni acidi è soprattutto presente nei fosfati di alluminio.
In bibliografia il rapporto tra fosforo immagazzinato nella sostanza organica e nei sali inorganici viene indicato essere di 1:1, ma il depauperamento della sostanza organica nei nostri suoli fa sì che ormai questo rapporto sia sbilanciato a favore del fosforo inorganico.
Il fosforo totale presente in un ettaro di terreno nella fascia superficiale esplorata dalle radici, che viene convenzionalmente considerata quella dei primi 30 cm, può assommare anche a 7.000-9.000 kg di P2O5, quando gli asporti da parte delle colture in pochi casi superano i 100 kg/ha di P2O5. Ciò nonostante le carenze si verificano ugualmente perché la parte assimilabile del fosforo è molto inferiore al valore assoluto e si aggira sui 10-20 ppm di P2O5: inoltre le condizioni di umidità e temperatura del momento possono nel breve periodo rendere poco assimilabile anche la quota di fosforo che la analisi del terreno riporta come disponibile.
Il fosforo stabile (sali di alluminio, calcio e ferro; fitina) non è assimilabile direttamente dalle piante; in misura molto lenta può venire trasformato in forme instabili, più disponibili per le piante (anidridi, fosforo legato mediante ponti alla sostanza organica o alle argille); queste forme possono essere liberate o, nel caso della sostanza organica, essere mineralizzate, e dare origine agli anioni H2PO4- e HPO42- che nella soluzione circolante sono direttamente assorbibili dalle radici delle piante.
Dato che il contenuto medio di fosforo in una pianta può oscillare fra lo 0,25% e lo 0,50% del peso secco, gli asporti delle colture in fosforo sono nettamente i più bassi tra i macroelementi e in molti casi inferiori anche agli asporti dei mesoelementi calcio e magnesio: siamo nell’ordine dei 50-100 kg di P2O5 per ettaro.
Le orticole non presentano esigenze particolari dal punto di vista quantitativo, in quanto gli asporti anche per questo colture rientrano nel range appena citato.
Quello che è molto importante per queste colture è la reale disponibilità del fosforo nei momenti in cui l’assorbimento è più difficile e cioè la fase della emergenza per le colture seminate e la fase del post trapianto per le colture trapiantate, in particolare se queste fasi si verificano quando il terreno è più freddo, nei mesi invernali.
Apporti
Gli apporti naturali del fosforo in forma disponibile per i vegetali si risolvono essenzialmente nei processi di lentissima dissoluzione dei fosfati insolubili e nella mineralizzazione del fosforo incorporato nella sostanza organica: entrambi i processi sono molto dipendenti dal pH del terreno e si realizzano alla massima velocità ed in maggior misura quando il pH del terreno è tra 5 e 7.
Se si effettuano degli interventi di correzione che favoriscono il rientro del pH in questo range, indirettamente aumentiamo anche la disponibilità del fosforo. Quindi la calcitazione nei terreni acidi e la acidificazione dei terreni alcalini rendono più disponibile il fosforo stabile presente nei terreni.
Asportazioni
Normalmente nei nostri terreni agrari gli apporti di fosforo sono dovuti alle fertilizzazioni, effettuate con concimi specifici fosfatici, oppure con prodotti binari NP o PK, oppure con complessi NPK: anche i concimi organici possono essere una buona fonte di fosforo disponibile per le colture.
La maggior parte delle fuoriuscite del fosforo dal terreno dipende dagli asporti delle colture, che saranno funzione delle esigenze stesse delle colture e dalle loro rese.
Le perdite di fosforo per lisciviazione sono trascurabili, dato che difficilmente raggiungono il chilogrammo per ettaro; più importanti le perdite per erosione, dato che il fosforo, organico o inorganico che sia, è localizzato soprattutto negli strati superficiali e quindi più soggetti ad essere rimossi dal ruscellamento delle acque, tanto più quanto più i terreni sono declivi.
Non sono vere e proprie asportazioni, ma si traducono comunque in una indisponibilità temporanea del fosforo per le colture, le varie forme di immobilizzazione chimica del fosforo (fosfato tricalcico, fosfato di alluminio, fosfato di ferro) o di organicazione da parte degli organismi viventi.
Concimazione
Ad introduzione dell’argomento della fertilizzazione con il fosforo si deve anzitutto sottolineare che le concimazioni organiche, premessa della maggior parte delle coltivazioni orticole, oltre ad essere una buona fonte diretta di fosforo per le piante, esercitano, con i loro composti, una eccellente intermediazione fra le radici e gli anioni fosforici favorendone l’utilizzo da parte delle colture.
La concimazione con il fosforo può essere effettuata, se il terreno è strutturalmente povero, in funzione di arricchimento, apportando anche quantità consistenti, ad esempio, di perfosfato triplo per ettaro, prima di una lavorazione di media entità che consenta di approfondire il fosforo distribuendolo lungo il profilo di terreno esplorato dalle radici. Questo può essere effettuato senza timori di perdite per dilavamento, pressoché nulle per il fosforo, ma consapevoli che una buona parte del fosforo distribuito, oltre i ¾, subirà una immobilizzazione che lo renderà indisponibile per le colture nel breve periodo.
È per questo motivo che è assolutamente molto importante per le colture collocare in prossimità del seme o della piantina, a seconda che si realizzi la semina o il trapianto, una dotazione di fosforo prontamente assimilabile nelle prime fasi di sviluppo, quando la radichetta è molto debole, ha una scarsa capacità esplorativa e necessita proprio di fosforo per l’accrescimento.
Gioca un ruolo importante anche la formulazione dei prodotti: si possono impiegare concimi granulati normalmente o microgranulati o liquidi.
La formulazione microgranulare presenta il vantaggio di esporre una maggiore superficie alla soluzione circolante e quindi alla possibilità di assorbimento da parte delle radici.
Con la formulazione liquida questo effetto è ancora più accentuato, avendo la possibilità di irrorare direttamente il seme o il solco di trapianto.
La possibilità di effettuare questo dipende dalla tolleranza dell’apparato radicale nei confronti del fertilizzante: prodotti molto aggressivi per pH e concentrazione salina non possono essere irrorati sul seme ma solo ad una certa distanza da esso per evitare ustioni alla radichetta. Nei prodotti specifici per la localizzazione molto frequentemente viene introdotto anche un microelemento che, in considerazione della sua sinergia con il fosforo, nella maggior parte dei casi è lo zinco.
Per la concimazione con il fosforo quando la coltura è in atto si deve considerare che il fosforo come tale è praticamente immobile nel profilo del terreno per cui, se distribuito in forma granulare, deve essere interrato per avvicinarlo più possibile all’apparato radicale, possibilmente in una formulazione ad aumentata efficienza che lo renda più disponibile.
L’altra modalità che consente al fosforo di avvicinarsi alle radici assorbenti è quello di farlo muovere con il flusso dell’acqua mediante la fertirrigazione.
Sono diversi i fertilizzanti idrosolubili contenenti fosforo, a partire dal semplice acido fosforico o ortofosforico che, in formulazione liquida a diverse concentrazioni, presenta in ogni caso un pH estremamente basso e deve essere gestito con la massima cautela in considerazione della estrema pericolosità che presenta per gli operatori, in particolare per gli occhi.
Altri concimi fosfatici semplici o complessi idrosolubili sono il fosfato monoammonico, l’urea fosfato ed il fosfato monopotassico, che in soluzione originano tutti un pH più o meno acido; questi concimi, oltre al fosforo, forniscono azoto o potassio, per cui devono essere impiegati in fertirrigazione quando si vuole effettuare una somministrazione abbinata di questi nutrienti.n