I livelli dei fiumi pericolosamente bassi sono soltanto l’aspetto più visibile della crisi idrica che ha colpito l’Italia quest’estate. Tutto frutto del cambiamento climatico che, negli ultimi anni, sta modificando la quantità e la qualità delle precipitazioni.
Sicuramente non esiste una formula magica per modificare la situazione attuale e, se un tempo l’acqua poteva essere considerata un bene inesauribile, adesso bisognerà sempre più fare i conti con la sua esauribilità.
Massimizzare le risorse
Nell’ambito del comparto agricolo, il settore vivaistico è sicuramente quello che maggiormente ha risentito degli effetti negativi causati dal cambiamento climatico, concausa della crisi idrica, e proprio per questo si sta prodigando nell’adozione di innovazioni e adeguamenti necessari.
Quando l’attività si svolge in ambiente protetto è possibile massimizzare le poche risorse a disposizione, adottando interventi capaci di gestire la crisi temporanea ma anche orientandosi al risparmio e alla conservazione dell’acqua.
La microirrigazione
La microirrigazione è il metodo più efficace per il vivaismo; è realizzata sia all’esterno con vasi sia in piena terra sia in ambiente protetto. Con questo metodo, conveniente ed efficace, si va a bagnare soltanto il terreno vicino le singole piante con evidenti vantaggi sia economici che ecologici, dato che la quantità dell’acqua può essere ridotta al minimo.
La microirrigazione non è certo una novità per i vivaisti, ma non basta. Per combattere le lunghe stagioni siccitose, sempre più frequenti, si rende necessaria qualche accortezza in più.
I passi iniziali da fare sono pochi e mirati, puntando ad avere le stesse prestazioni ma con volumi ridotti d’acqua. Per prima cosa è indispensabile modernizzare i sistemi di irrigazione, non tralasciando una manutenzione continua.
Le strategie da adottare per una migliore gestione delle risorse idriche, ma anche dell’indispensabile collaborazione con le istituzioni, sono state oggetto del convegno “Crisi climatica, siccità e gestione delle risorse idriche” tenutosi lo scorso 2 novembre a Pistoia e organizzato dall’Associazione Vivaisti Italiani (Avi).
Con questa iniziativa il vivaismo pistoiese, rappresentato dai presidenti Luca Magazzini e Francesco Ferrini, rispettivamente dell’Avi e del Distretto vivaistico-ornamentale, ha voluto realizzare un confronto con i rappresentanti delle istituzioni e il mondo della ricerca.
Gestione smart e rilevatori di stress idrico
Nell’intervento di Francesco Paolo Nicese, professore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze è stata ripercorsa la storia degli ultimi trenta anni sull’ottimizzazione dell’impiego della risorsa idrica nel settore vivaistico.
Molti di questi miglioramenti sono entrati nella comune pratica operativa; altri, invece, stentano a decollare come, ad esempio, tutti quei sistemi irrigui in cui è previsto il recupero delle acque e il loro riutilizzo. Molto importante anche la gestione smart dell’impianto di irrigazione. La tecnologia potrebbe, per esempio, aiutare in tutte quelle problematiche legate al malfunzionamento dell’impianto, segnalando gli eventuali problemi in modo preciso e in tempo reale direttamente sullo smartphone.
Nicese sostiene con fermezza che, nonostante l’evoluzione già avvenuta nel corso degli anni, sarà sempre più indispensabile indirizzare le scelte nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale. Il passo decisivo è rappresentato dalla realizzazione di interventi, mirati e senza sprechi, sulla base delle reali esigenze della pianta calcolate in tempo reale.
Il professore e il suo team hanno già ideato rilevatori di stress idrico che sono tutt’ora in sperimentazione. Si tratta di particolari pinze dotate di sensori che vengono applicate alle foglie. Questi riescono a misurare la quantità di acqua presente all’interno inviando i dati in tempo reale. È possibile valutare, così, lo stato idrico della pianta e decidere se è necessaria l’irrigazione o meno, ottimizzando l’utilizzo della risorsa idrica.
Utilizzo delle acque depurate
Parla di economia circolare, in particolare del riuso delle acque reflue Claudio Lubello, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Firenze.
Il vivaismo, insieme ad altre attività, potrebbe utilizzare tutte quelle risorse che oggi sono scartate, abbassando così l’impronta ecologica.
Secondo una legge europea le acque reflue, a seconda del metodo di depurazione che hanno subito, sono classificate in quattro diverse classi di uso partendo dalla meno depurata fino ad arrivare a quella depurata in miglior modo.
La legge norma anche su quale coltura e in che modo può essere utilizzata tale risorsa. In linea di massima tutte le acque reflue depurate sono sicure per l’irrigazione delle colture non alimentari, tuttavia, con una depurazione maggiore possono essere usate anche per tutte le colture a uso alimentare.
Lubello ha anche mostrato gli esiti di un esperimento riguardante l’irrigazione di uno stesso numero di piante utilizzando come acqua da una parte quella proveniente dal depuratore e dall’altra quella della falda.
I risultati sono eccezionali: non solo l’acqua reflua depurata può essere utilizzata senza problemi, ma ha portato anche a un maggiore accrescimento della pianta. Infatti, disciolte in essa, si trovano importantissime sostanze quali azoto, fosforo e altri composti organici che favoriscono lo sviluppo vegetativo sostituendo, in parte, interventi di fertilizzazione.
Sicuramente la problematica principale dell’uso delle acque reflue è il collegamento tra i depuratori e le aziende. Il relatore ha esortato, così, le istituzioni a intervenire mettendo sul tavolo l’esempio della zona del fiorentino e del pistoiese. Soltanto in queste aree i metri cubi disponibili ai vivaisti sarebbero ben 30 milioni.
Conoscere la qualità dell’acqua
Nell’attesa di normative specifiche, di ulteriori studi e di interventi strutturali per l’utilizzo delle acque reflue, i vivaisti possono massimizzare l’efficienza delle acque di irrigazione usate nella gestione ordinaria. In questa direzione fondamentale risulta la conoscenza della qualità dell’acqua che viene utilizzata.
Le occlusioni degli ugelli sono all’ordine del giorno per il vivaista ed è importante analizzare l’acqua di irrigazione per evidenziare i motivi e adottare provvedimenti mirati.
Gli agenti di occlusione possono essere chimici, fisici o biologici. Tra quelli fisici abbiamo tutte quelle impurezze che possono essere percepite anche ad occhio nudo come sabbia, limo e argilla. Da non sottovalutare gli agenti biologici, come alghe e batteri, che si possono formare anche all’interno dell’impianto stesso. Necessitano di analisi approfondite gli agenti di occlusione chimici come carbonati di calcio e magnesio, ossidi e solfuri di ferro e molti altri. Ovviamente anche i fertilizzanti distribuiti tramite impianto di irrigazione possono contribuire all’ostruzione degli erogatori.
Il rischio di occlusione è sicuramente un fenomeno complesso e a oggi non sussistono modelli esaustivi per prevenirlo. Esistono, però, delle tabelle di valutazione come quella basata sui lavori di Bucks e Nakayama, che classifica il rischio di occlusione per i gocciolatori comuni, cioè con una portata di quattro litri all’ora alla pressione di circa 100 kPa. La riportiamo di seguito nella tab. 1:
Per valori di portate al di sopra di otto litri all’ora abbiamo a disposizione anche un’ulteriore tabella sviluppata sulla base di indagini di campo su impianti di microirrigazione effettuate dai ricercatori Capra e Scicolone:
Trattare le acque per ridurre i costi
La fase successiva all’analisi dell’acqua che verrà utilizzata è l’adozione di un sistema di trattamento mirato alla sua depurazione.
In presenza di acque ricche di particelle sospese sedimentabili naturalmente, come il ferro o alcuni solidi, è possibile utilizzare vasche di sedimentazione la cui forma consigliata è quella allungata e stretta con un volume variabile sulla base della portata degli irrigatori e delle particelle da eliminare.
La filtrazione, però, è molto più performante rispetto alla sedimentazione in vasca, perché riesce a eliminare la componente sabbiosa molto più velocemente. Le modalità di filtrazione sono molteplici e sono scelte in base alla dimensione delle particelle che vogliamo eliminare.
Ovviamente nell’utilizzo dei filtri è indispensabile garantire una pulizia frequente, con una periodicità che varia in dipendenza della concentrazione dei solidi sospesi. Un filtro intasato porta a ingenti perdite di carico, rendendo vano l’utilizzo dell’impianto.
Un ulteriore alternativa per la correzione delle acque è rappresentata dal trattamento chimico delle stesse, ma la spesa per un tale intervento è più elevata e necessita di personale specializzato.
L’attività vivaistica può incidere molto sulla virtuosa gestione delle risorse e non servono azioni eccessivamente costose o particolarmente complesse a livello aziendale. Il primo passo è avere un impianto di irrigazione performante che contribuirà alla salvaguardia dell’ambiente e alla riduzione dei costi di produzione.