UVA DA TAVOLA

Uva da tavola: rilancio a base di ricerca

Un 2013 complicato impone di puntare sulle apirene e sulle uve nobili con seme

Sta per concludersi una campagna dell'uva da tavola molto complicata e caratterizzata da un clima favorevolissimo da luglio a settembre e particolarmente avverso in ottobre e novembre. Brutto segnale questo clima così sfavorevole in chiusura d'anno perché ha compromesso una stagione già difficile, ma anche perché le prospettive di sviluppo si concentrano nel periodo medio tardivo. Infatti, quella è la finestra temporale in cui il mercato diventa più interessante, soprattutto con le uve apirene: si alleggeriscono le provenienze europee e l'Italia gioca un ruolo da protagonista. Per la verità sono mesi molto favorevoli alle produzioni Sud americane (Brasile e Perù in testa), ma i vantaggi logistici e la maggior freschezza del nostro prodotto possono darci sicuri vantaggi competitivi.

Stagione a rilento

La stagione si è sviluppata a rilento come se mancasse un vero interesse sull'uva da tavola. In Puglia, l'area più significativa del patrimonio viticolo da tavola italiano, solo la varietà Victoria, la principale cultivar precoce, bianca con seme, ha avuto un buon successo. Buone quantità per ettaro e buoni i prezzi ottenuti. Ciò è accaduto per le produzioni ben curate e sotto telo, che hanno manifestate un ottimo grado zuccherino. Sorte opposta per la Victoria sotto rete, che ha molto sofferto ed è stata indirizzata a mercati secondari e poco remunerativi. In definitiva, un bilancio positivo in quanto il prodotto è stato canalizzato con successo in Italia e in Europa.

Per la principale varietà nazionale con seme, Italia, le quantità per ettaro si sono rivelate più che soddisfacenti, ma la qualità ha lasciato a desiderare e solo una minoranza delle produzioni è stata eccellente. Performance negative in tutte le province pugliesi, specialmente riguardo la colorazione dei frutti. Inoltre, nel Sud barese si sono manifestati vistosi fenomeni di spacco (cracking) in pre-maturazione. L'andamento ha registrato un segno positivo solo per poche produzioni di elevato standard estetico e qualitativo, per le quali si è confermato un buon interesse anche se le quotazioni sono state modestamente soddisfacenti. Per l'alta qualità i principali mercati di sbocco sono stati Italia, Svizzera e Belgio, mentre Francia e Germania hanno disatteso le aspettative. Drammatico è stato il risultato del prodotto di qualità mediocre, che temo sia stato in parte invenduto sulla pianta.

La cv Italia segna il passo

Purtroppo la cv Italia sta segnando il passo. Sono previsti pochi nuovi impianti, per fortuna solo nelle zone più vocate, e questo debole rinnovamento produrrà una rapida diminuzione dell'offerta. Ciò può essere positivo per le sue quotazioni, ma è necessario trovare valide alternative. In effetti la cv Italia ha ancora le caratteristiche per ben figurare e remunerare il produttore, ma è necessario riposizionare il prodotto puntando al raggiungimento delle sue piene peculiarità: l'aroma, la conformazione del grappolo, la limpidezza dell'acino.

La più importante varietà colorata con seme, Red Globe, non ha avuto particolari problemi qualitativi finché il clima è rimasto asciutto. Purtroppo ha tradito l'aspetto commerciale: una modesta domanda ha rallentato molto le vendite e l'auspicato sprint di fine stagione è stato disatteso dalle avverse condizioni atmosferiche. Anche le altre varietà tipiche italiane non hanno brillato: la nera Michele Palieri è stata poco richiesta, la bianca Pizzutella, prodotto potenzialmente interessante, si è confermata incostante per la qualità.

Per quanto riguarda le uve apirene, circa il 10% della produzione italiana, la situazione è stata tutt'altro che facile. Le produzioni sono state abbondanti in Italia e in tutto il Mediterraneo e l'entusiasmo che ha espresso più di un operatore in pre-campagna è stato smentito da una partenza drammatica. Le uve seedless bianche (fra le apirene le maggiori superfici coltivate in Italia), specialmente la cv Sugarone, sono state condizionate dal ritardato ingresso sul mercato internazionale della Spagna, a sua volta ostacolata dalla presenza di masse importanti di prodotto precoce proveniente dal Nord Africa e stoccate in Nord Europa. Ciò ha determinato un surplus di offerta che ha distrutto il mercato. Inoltre, l'anticipo delle produzioni greche (varietà Thompson Seedless, cioè il gruppo Sultanina), ha ulteriormente ridimensionato la “finestra” italiana. L'emergenza è stata in parte controllata grazie al sostegno di un clima estivo favorevole che ha accompagnato le produzioni nazionali da metà luglio a metà settembre. Però buona parte del prodotto è rimasto invenduto, poi raccolto e stoccato nei frigoriferi per superare il momento critico.

La varietà Crimson, dopo una brillante partenza, ha manifestato il suo cronico problema: l'incompleta e disomogenea colorazione di un buon 30-40% della produzione non ha soddisfatto la domanda, trascinando le vendite e costringendo gli operatori a sforzi notevoli nella fase di raccolta: più raccolte nello stesso appezzamento per modeste quantità di prodotto costoso e non abbastanza omogeneo.

Nuove varietà di uva a bacca rossa e nera sono state testate e hanno dato risposte confortanti. Si tratta per lo più di cultivar brevettate e introdotte in questi ultimi anni che ci auguriamo divengano una realtà significativa anche se contingentata. Lavorare sulle rosse è importante, considerando l'incremento di consumo del Nord Europa e l'oggettiva difficoltà della Crimson, sempre più ostica nell'assumere una colorazione accentuata ed omogenea. Ciò è dovuto anche al divieto europeo di utilizzare l'efficace etilene di sintesi, autorizzata in Spagna grazie a una deroga annuale rinnovata e ottenuta regolarmente. Sarebbe opportuno chiarire perché a noi è negata.

Le prospettive

Davanti a questo scenario è imperativo domandarsi come il comparto viticolo debba riorganizzarsi nel medio e lungo termine. Trattandosi di un comparto che ha per lungo tempo sostenuto l'economia di una parte cospicua della comunità agricola meridionale, è opportuno affrontare il problema e cominciare a parlare di indirizzi comuni lavorando per obiettivi, abbandonando il vecchio sistema individualistico per un più attuale modello di crescita e sviluppo.

L'Italia ha vantato grandi costitutori varietali di uva da tavola che hanno contribuito enormemente al successo delle nostre imprese. È necessario rilanciare la ricerca nazionale e indirizzarla sulle uve apirene e sul miglioramento delle varietà nobili con seme. Mi piace pensare a un consorzio pubblico-privato esteso alle principali realtà territoriali. Occorreranno anni e importanti investimenti per arrivare a qualcosa di concreto, ma dobbiamo crederci e investire in questo nuovo percorso.

La nuova genetica è tutta d'importazione, America, Asia, Israele, Sud Africa; è il momento di prendere l'iniziativa per tornare ad essere strategici vendendo prodotti caratterizzati e Made in Italy

Tratto da Frutticoltura n. 1/2-2014

(*) L'autore è presidente FruitImprese - Roma

Uva da tavola: rilancio a base di ricerca - Ultima modifica: 2014-05-12T17:04:49+02:00 da Colture Protette

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