I biostimolanti costituiscono una classe di prodotti di grande interesse per la capacità di favorire importanti funzioni biologiche e ottenere piante sane e capaci di reagire con maggior autonomia a stress ambientali e potenziali agenti patogeni.
Il progetto FiSH (Fertilizzante idrolizzato suolo e habitat. Finanziato dal Psr Liguria 2014-2020 sottomis. 16.02) si propone di approfondire gli effetti su colture orticole e floricole tipiche del territorio ligure di un idrolizzato fermentato realizzato con sottoprodotti della pesca altrimenti destinati a costituire un rifiuto. Avviato nel luglio 2020, il progetto terminerà nell’autunno 2022, ma si auspicano maggiori approfondimenti visti i risultati di interesse sinora evidenziati. La Liguria rappresenta emblematicamente la maggior parte del territorio italiano caratterizzato da ampie zone di costa a ridosso delle quali si sviluppano aree di produzione agricola che potrebbero beneficiare di un processo a corta filiera di produzione e basso impatto ambientale – grazie anche alle forti diluizioni richieste – a supporto di un’agricoltura di alta qualità.
Prodotti ad alto valore aggiunto
FiSH è partito da uno studio di Simona Gervasio, la naturalista che ha ispirato la nascita del progetto, sulle tecniche tradizionali di varie zone del mondo per il riutilizzo agricolo degli scarti della pesca: adattando queste tecniche al clima e alle risorse locali e aggiungendo alcune innovazioni, ha individuato una prassi di produzione a basso impatto energetico in grado di trasformare tutti i tessuti della materia prima (contenuti stomacali, lische, pelle, tessuto muscolare) in un idrolizzato con una shelf life molto ampia ed una caratterizzazione di interesse per un utilizzo biostimolante.
Nel contesto dell’economia circolare, i sottoprodotti di origine animale generati dalla produzione ittica potrebbero essere una risorsa per produrre prodotti ortoflorofrutticoli con un alto valore aggiunto. Infatti, il pesce contiene un’alta percentuale di proteine contenenti aminoacidi essenziali per la salute e la crescita umana (Naung, 2019).
I sottoprodotti derivanti dalla produzione del pesce possono essere impiegati per produrre fertilizzanti e biostimolanti utili per aumentare la sostenibilità delle produzioni agricole. Da qui è emerso un progetto di ricerca per svelarne le piene potenzialità biostimolanti e fertilizzanti e individuare un protocollo di produzione ottimizzato applicabile ad ampia scala. Al progetto collaborano tre istituti di ricerca italiani – Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari - Disafa, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cn) – con il coordinamento della società Charta srl di Genova.
I test in campo vengono effettuati presso sei aziende agricole collocate lungo tutto l’arco regionale: questa distribuzione geografica offre la possibilità di valorizzare gli effetti su un ampio ventaglio di ambienti e tipologie di coltivazione: in campo aperto, in serra, in tunnel, a livello del mare, in area collinare e montana.
Economia circolare
L’Economia Circolare è una proposta politico-culturale che prevede un nuovo modello di produzione e consumo in antitesi al sistema lineare “estrai, produci, consuma, dismetti”. Adottando un approccio sistemico di analisi e progettazione, mira a ripensare i prodotti e i servizi per ridurne al minimo gli impatti negativi.
Il nuovo paradigma, in sintesi, propone da un lato una combinazione di azioni volte ad allungare il ciclo di vita di potenziali rifiuti, trasformandoli in materie prime seconde, dall’altra, punta ad applicare logiche rigenerative e di rinnovabilità per risorse ed energia. Ne è un esempio l’indicazione di restituire al suolo possibili preziosi nutrienti derivanti da sottoprodotti per favorire la rigenerazione del biota microbico (Fassio et al., 2020). Esattamente uno dei principali obiettivi che si è posto la ricerca FiSH: l‘aumento della fertilità biologica del suolo delle colture liguri grazie all’utilizzo di un biostimolante prodotto utilizzando sottoprodotti provenienti dalla filiera ittica. Il progetto, che inoltre fa suoi ulteriori obiettivi presenti all’interno della strategia Farm to Fork (Commissione Europea, 2020), volge in particolare l’attenzione verso l’obiettivo di ridurre del 50% l’uso dei pesticidi e del 20% l’uso dei fertilizzanti entrambi se di origine chimica.
Gli step del modello
Il gruppo di ricerca sulla Circular Economy For Food dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, si è quindi cimentato nello sviluppo di un’ipotesi di circular business model che potesse rappresentare al meglio quanto proposto dalla ricerca FiSH.
Entrando nello specifico, esso è caratterizzato principalmente da sei step:
1. Reperimento della materia prima seconda da utilizzare per lo sviluppo del biostimolante, ovvero i S.O.A., derivanti da una prima fase di lavorazione del pesce;
2. conservazione dei S.O.A. e, quindi, congelamento degli stessi, per garantire il mantenimento delle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche;
3. trasporto dei S.O.A. nel luogo di trasformazione;
4. trasformazione dei S.O.A. per lo sviluppo di un biostimolante attraverso un processo enzimatico e microbiologico;
5. stoccaggio del biostimolante prodotto;
6. distribuzione del prodotto ottenuto alle aziende agricole orticole e floricole liguri.
Ciò che emerge è un’azione volta a valorizzare gli asset territoriali liguri, enfatizzando l’esistenza di sistemi interconnessi (Capra e Luisi, 2014) tra realtà apparentemente distanti. Ponendo le basi per lo sviluppo di una value chain ittica e ortoflorofrutticola solida, sostenibile e scalabile, FiSH ha dunque un forte carattere intersettoriale e implica l’azione sinergica di attori di diversa natura che si prefiggono di operare in chiave circolare e su scala regionale, per la generazione di positive ricadute ambientali, socio-culturali ed economiche.
La ricetta del biostimolante
Il primo prototipo di campione fermentato FiSH n. 7 è stato preparato dalla fermentazione (2 mesi) di scarti di pesce (7 kg), parti di sottobosco di bambù (1 kg) e zucchero (1,5 kg). Sono state preparate le formulazioni successive per le prove in campo (FiSH-13) e in serra (FiSH-14).
I prodotti venivano caratterizzati per residuo secco (RS), ceneri (CEN), C, N, S elementari, azoto organico (Kjeldahl), proteina grezza (PG), aminoacidi totali (AM) grado di idrolisi delle proteine (TNBS).
Le prove preliminari su soluzioni modello di albumina a pH 3 con papaina e pepsina hanno consentito di stabilire le condizioni sperimentali di partenza (Grafico 1). L’andamento ripido al momento dell’aggiunta della papaina potrebbe essere imputabile ad un aumento del pH (da 2 a 6) che si verifica durante l’idrolisi a causa della liberazione di gruppi –NH2 favorendo l’attività della papaina a scapito della pepsina.
Per questo motivo, la preparazione delle formulazioni ha previsto l’aggiunta di soluzioni tamponi (FiSH-13) o la correzione del pH con soluzioni di HNO3 o KOH 10 M (FiSH-14). I risultati sono riportati nel Grafico 2. In aggiunta, prove su campioni preparati secondo un piano sperimentale hanno evidenziato le condizioni ottimali per pH (range 2-3), quantità di enzima (40-50 g/kg di substrato) e tempi di idrolisi (40-45 ore).
Il valore degli scarti
L’andamento dell’idrolisi proteica dei campioni FiSH-13 e FiSH-14 è riportato nei Grafici 3 e 4. Il processo mostra un andamento crescente, raggiungendo un plateau in poco tempo (200-250 mmol/L di alanina). Valori così alti non sono stati ottenuti in altre formulazioni sperimentati. Si suppone così che il tipo di substrato e la presenza di visceri ricchi di enzimi proteolitici potrebbero avere un ruolo fondamentale. Per FiSH-13 e FiSH-14 sono stati utilizzati, infatti, scarti ittici che contenevano molte squame e parti ossee.
Anche l’autolisi (FiSH-14) ha migliorato l’efficienza dell’idrolisi proteica come dimostrato dall’aumento repentino del pH, indice di degradazione proteica per azione di enzimi endogeni del substrato. L’idrolisi spinta in fase di autolisi sembrerebbe favorire la formazione di polipeptidi idrosolubili, in tempi rapidi che spiegherebbe l’andamento iniziale della curva, seguita poi da un’idrolisi proteica più lenta.
Per quel che riguarda i risultati forniti dal saggio TNBS, i campioni di FiSH-14 hanno mostrato valori significativamente più alti rispetto a quelli trovati per FiSH-13. Il risultato potrebbe essere imputabile al processo di autolisi e alcalinizzazione finale. A conferma di ciò, si evidenzia l’alto contenuto di AM nel campione FiSH-14ID (31,30 mmol/L), risultato significativamente maggiore a quello trovato per uno dei due prodotti commerciale.
I risultati delle prove preliminari hanno rivelato le condizioni sperimentazioni ottimali per pH, quantità di enzima, e tempo di idrolisi. Tuttavia, l’idrolisi sembra essere fortemente influenzata anche dalla tipologia di substrato di partenza per la presenza di enzimi proteolitici endogeni soprattutto nelle viscere. Questo risultato ha posto l’accento sulla necessità di standardizzare quanto più possibile la matrice di partenza al fine di comprendere meglio i meccanismi del processo.
Le formulazioni ottenute, FiSH-13 e FiSH-14, sia idrolizzati che fermentati, mostrano un profilo analitico abbastanza simile tra loro e vicino a quello mostrato dai campioni commerciali, sebbene si possa no ancora apportare delle migliorie nella formulazione, sia nel percorso di preparazione delle formulazioni, sia nell’ottimizzazione del substrato. Questi prototipi assieme al prodotto inziale FiSH n.7 sono stati valutati presso le aziende liguri partner del progetto FiSH.
I biostimolanti messi alla prova
Le attività condotte dal gruppo di ricerca del Disafa, in collaborazione con cinque aziende agricole liguri (Azienda Agricola Villa Rocca di Nadia Fontana, Biancheri Creazioni, Impresa Agricola Gallizia 1250 di Luciano Gallizia, Azienda Agricola Genta Emanuele e Azienda Agricola Ouca), hanno valutato gli effetti del primo prototipo di idrolizzato proteico fermentato derivato da scarti del pescato (FiSH n.7) sulla crescita, resa e qualità di diverse colture floricole e orticole tipiche del comparto ligure (Ranunculus asiaticus, Anemone x hybrida ‘Mistral Blu’, Solanum tuberosum ‘Quarantina’, Ocimum basilicum, Cucurbita pepo ‘Trombetta d’Albenga’, Allium sativum e Allium cepa).
Durante il primo anno di progetto (2020-2021) sono stati testati in campo quattro concentrazioni (0,25 ml/L, 0,5 ml/L, 1 ml/L e 2 ml/L) del prototipo Fish n.7 in applicazione fogliare. Su patata è stata prevista anche un’applicazione su un tubero preimpianto ed è stato valutato l’attacco di peronospora (Phytophthora infestans).
I risultati
I risultati ottenuti hanno evidenziato un’ampia variabilità di risposta. Tra le sei varietà di ranuncolo, “Elegance bianco” ha mostrato una tendenza a produrre piante più rigogliose e fiori più grandi in risposta alla dose più elevata di FiSH n.7 (Grafico 5), mentre la dose 0,5 ml/L ha indotto un maggiore sviluppo vegetativo e maggior produzione di rizomi nella varietà ‘Venere’.
Su patata i risultati suggeriscono di evitare l’immersione del tubero, di mantenere i trattamenti rameici e di utilizzare concentrazioni < 1 ml/L. Su basilico e zucchina è stata osservata una maggiore produzione di biomassa nelle piante trattate alla concentrazione 2 ml/L. Nessun effetto è emerso in anemone, cipolla e aglio, anche se i dati delle ultime due specie sembrano indicare un beneficio fornito dalla dose 1 ml/L.
Nella zona del Levante ligure il progetto ha coinvolto due aziende (Az. Bottari di Rezzoaglio, GE e Az. Ferrante di Sarzana, SP) dove sono state effettuate prove sperimentali di valutazione dei prodotti FiSH su colture d’interesse regionale (mais e patata quarantina, fagiolana, pomodoro e zucchino). È in corso di svolgimento la seconda annualità di prove per verificare i promettenti risultati ottenuti. In parallelo, presso le strutture del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore si è valutato l’effetto dei diversi idrolizzati/fermentati da sottoprodotti ittici, sulla germinazione e crescita vegetativa di lattuga (Lactuca sativa L. “Summerbel”).
I prodotti sviluppati in Unimore (idrolizzati tal quale FiSH-13ID e FiSH-14ID, idrolizzato basificato FiSH-14IDB, idrolizzato fermentato FiSH-14IDF, idrolizzato fermentato basificato FiSH-14IDFB) sono stati messi a confronto con un controllo trattato con acqua (Ctrl) e un prodotto già presente in commercio (FishMix, Biobizz). I trattamenti sono stati effettuati il 22°, il 29° e il 35° giorno dopo la semina. Si sono effettuati dei rilievi morfo-fisiologici riguardanti il numero delle foglie, l’altezza delle piante, il contenuto di clorofilla, flavonoidi e antociani e l’indice del bilancio dell’azoto il 29°, il 35° e il 39° giorno dopo la semina; inoltre, al 39° giorno dopo la semina, è stata valutata la biomassa fresca e secca delle piante.
Verso il campo
I risultati hanno mostrato che le piante trattate con prodotti FiSH-14ID e FiSH-14IDFB hanno sviluppato una maggiore biomassa in termini di numero di foglie e altezza della pianta e presentavano un maggior contenuto di clorofilla fogliare, rispetto alle piante trattate con i controlli (solo acqua oppure prodotto commerciale).
In conclusione, i prodotti valutati hanno presentato un interessante attività biostimolante nei confronti della crescita di lattuga e sono in valutazione in ambiente operativo di campo.