Fragola al top

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L’Azienda Marconcini di Corte Brà di Salizzole (Vr) ha scelto un percorso tecnologicamente avanzato per diversificare, ma senza improvvisare

Dai suini e dalle granaglie alle fragole fuori suolo il passo è certamente lungo, ma è possibile compierlo con successo se si dispone di buon volontà, ci si circonda di persone preparate e si imbocca il giusto percorso tecnologico. Così è stato per Alessandro e Francesco Marconcini, giovani agricoltori (rispettivamente 24 e 28 anni) di Corte Brà di Salizzole (Vr), che con l’aiuto dei genitori Marco e Nicoletta Corsini stanno realizzando, nel loro piccolo, qualcosa di veramente straordinario. Da allevatori di suini da svezzamento, con 3.500 maialini in azienda, e produttori di granaglie su 50 ha, hanno messo su una serra di 10.000 m² per coltivarci fragola fuori suolo. Ma l’hanno fatto con giudizio, senza improvvisare!
«La produzione di granaglie è, in fondo, sempre uguale a se stessa, poco stimolante. Senza rinnegarla, abbiamo voluto cominciare a diversificare per tirare fuori il meglio dal territorio in cui operiamo – introduce Alessandro –. E abbiamo puntato sulla fragola fuori suolo, pur senza averla mai coltivata prima. Alla ricerca di nuove idee vincenti, abbiamo viaggiato in Francia, Spagna e Portogallo visitando diverse realtà agricole innovative. Là è sorto il nostro progetto, poi confermato e sostanziato dal parere di tecnici ai quali ci siamo rivolti per farci consigliare su come meglio investire in azienda».
La scelta
Ecco come sono partiti i fratelli Marconcini, con un piccolo grande salto di qualità che guarda lontano, all’ampliamento dell’offerta ortofrutticola con un pacchetto di prodotti che permetta di essere presenti sui mercati per più mesi e di fidelizzare i consumatori al marchio aziendale “Brà Ortofrutta”.

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L’azienda Marconcini nella lotta integrata fa ricorso ai predatori naturali di insetti e acari per ridurre l’impiego di agrofarmaci.

«Abbiamo scelto la fragola per più ragioni – motiva Francesco –. È una coltura che in Veneto, e in particolare nel veronese, si pratica da molto tempo, dando lustro alla nostra regione e al nostro territorio. Ha notevoli spazi di mercato, in Italia e all’estero, se viene offerto un prodotto di qualità. Ci piace, perché una coltura, per essere fatta bene, deve anche piacere. Sapevamo già prima di cimentarci con la fragola che non è una coltura facile, che dà risultati diversi in base ai “dati” colturali e ambientali di ingresso e ha successo solo se viene standardizzata a un livello alto. Lo standard elevato richiesto dai mercati lo garantisce la coltivazione fuori suolo, una tecnologia che, rispetto alla produzione in terreno, oltre ad assicurare, con le giuste varietà, rese abbondanti e di alta qualità, consente una gestione colturale più sostenibile, ottimizza i costi con il risparmio di acqua irrigua, elementi nutritivi e agrofarmaci, rispetta di più l’ambiente, rende il lavoro degli operai meno faticoso e più produttivo. Ecco perché abbiamo propeso per il fuori suolo!».
Up & down
Ma i fratelli Marconcini non si sono limitati a metter su una coltivazione fuori suolo “tradizionale”. Hanno scelto, primi in Italia, un impianto “up & down”, visto in Spagna e Portogallo per coltivare proprio la fragola fuori suolo. «Lo abbiamo tuttavia rielaborato e migliorato, con l’aiuto di un’azienda metalmeccanica locale e di una nota azienda italiana costruttrice di serre, per eliminare i difetti dell’impianto originario e renderlo più performante – puntualizza Alessandro –. Abbiamo ospitato questo moderno impianto in una serra tecnologicamente avanzata, scegliendo una struttura in ferro-plastica, piuttosto che in ferro-vetro, perché il vetro avrebbe sicuramente causato, con il forte irraggiamento solare diretto, un effetto lente dannoso per le piante. Come è noto le serre in ferro-vetro sono molto utilizzate in Olanda, dove l’irraggiamento è basso, mentre in Italia, e anche in Veneto, sono sconsigliate, a meno di schermarle od ombreggiarle dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno».
La serra
La serra impiantata in azienda è lunga 123 m e larga 84 m, alta in gronda 4,50 m e al colmo 7,30 m. È divisa in sette campate, ciascuna larga 12 m e lunga quanto la serra e presenta al centro un corridoio utilizzato per le operazioni di servizio. Ospita ben 200.000 piante di fragola (anziché le 40.000-60.000 della coltivazione su terreno).
«Abbiamo scelto volutamente una serra fredda e abbastanza alta – osserva Francesco –. Fredda perché la fragola è una pianta da sottobosco, che ha bisogno di aria fresca e di non molta luce.

 

Abbastanza alta per sfruttare il volano termico che si forma naturalmente durante la giornata: con tale ampia cubatura d’aria è più facile gestire le temperature basse e quelle alte, nei giorni freddi facendo entrare aria nelle ore più calde della giornata e mantenendo poi la serra chiusa, nei giorni caldi permettendo quanto più possibile il ricambio d’aria con le aperture laterali e quelle al colmo. La serra può essere infatti completamente aperta sui lati nord e sud tramite tubo avvolgente; inoltre ogni campata presenta una finestra di colmo, larga circa 2 m, che arriva fino alla gronda. Le aperture e le chiusure sono regolate automaticamente preimpostando la temperatura che si vuole raggiungere e mantenere nella serra».
L’impianto
L’impianto di coltivazione della fragola prevede, in ogni campata, 24 file di fragole distanti 50 cm l’una dall’altra, organizzate secondo il sistema “up & down”. Le file sono disposte a un’altezza di 2 m dal piano terra, abbassabile però, mediante un sistema automatizzato avvolgente i cavi di acciaio che le sostengono, fino a un minimo di 1,15 m, in modo da rendere più comode le operazioni da eseguire su esse.
Come substrato i fratelli Marconcini ne hanno scelto uno costituito per metà da perlite e per l’altra metà da fibra di cocco, disponibile in sacchi che durano quattro anni prima di essere sostituiti, sottolinea Alessandro. «Questo substrato ci è stato consigliato e si è rivelato un buon consiglio perché unisce i pregi dei due componenti. La perlite assicura, anche con interventi irrigui e fertirrigui frequenti, una buona capacità di drenaggio e ossigenazione, perché è in grado di sgrondare facilmente l’eccesso di acqua o di soluzione nutritiva e facilita la formazione di una pianta sana, viva e mai in sofferenza; inoltre la perlite è inerte, quindi non trattiene elementi circolanti nella soluzione nutritiva; è stabile nel tempo e pertanto non si frantuma facilmente. Invece la fibra di cocco, substrato organico, permette una gestione della coltura fuori suolo più semplice, più simile a quella praticabile nel terreno; e poi è in grado di “tamponare” eventuali errori commessi in fase di irrigazione e fertirrigazione».
Ogni sacco di substrato è lungo 1 m e largo 24 cm e presenta lungo l’asse centrale 10 fori distanti 10 cm l’uno dall’altro. In tali fori vengono trapiantate le piantine di fragola della varietà bifera o rifiorente Malga, «eccellente perché unisce bellezza, profumo, gusto e ottima conservabilità post-raccolta – spiega Francesco –. Finora abbiamo coltivato con successo le piantine frigo conservate, tuttavia vogliamo provare anche le piante fresche e le tray-plant, quelle poste in vasetto di torba con apparato radicale già formato. Pur considerando Malga una varietà più che valida, ne stiamo tuttavia provando altre, per cercare di ottimizzare al più alto livello il giusto compromesso fra buone produzioni e alta qualità».
L’inizio
Il primo trapianto di piantine frigo conservate della varietà Malga i fratelli Marconcini lo hanno eseguito a luglio 2017, neanche tre mesi dalla data (il 4 maggio) di posa del primo plinto della serra. «Abbiamo lavorato 30 ore al giorno per arrivare pronti al tempo giusto dei trapianti – ricorda Alessandro –. L’arco produttivo della varietà Malga fuori suolo comprende un ciclo autunnale, con raccolta orientativamente dal 20 settembre al 10 dicembre (stagione permettendo), e un ciclo primaverile, con raccolta dai primi di aprile a fine giugno. A metà dicembre, esaurita la raccolta autunnale, puliamo le piante eliminando i frutti verdi e apriamo le testate e le finestre al colmo per consentire alle piante di esaudire il fabbisogno in freddo di cui necessitano. Poi, alla fine dell’inverno, tagliamo tutto l’apparato fogliare, chiudiamo la serra per aumentare la temperatura interna e diamo alle piante acqua e concimi per farle ripartire».

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Preparazione della serra prima del trapianto delle piantine di fragola.

Sia durante il ciclo autunnale sia in quello primaverile fondamentale è la nutrizione della fragola, evidenzia Francesco. «Impostiamo la soluzione nutritiva, con la consulenza di un tecnico esperto di soluzioni nutritive per il fuori suolo, Stefano Corrà, in funzione di ogni stadio fenologico, cioè accrescimento, fioritura e produzione, valutando i consumi delle piante con puntuali analisi del drenato. La fragola ha bisogno sempre di tutto, ma da una fase fenologica all’altra variano gli equilibri fra macro, meso e microelementi. Inoltre nelle fasi di accrescimento e di produzione inseriamo nella soluzione nutritiva sostanza organica sotto forma di poliammine, che svolgono la funzione di antistress naturali e quindi di stimolanti delle piante. Attualmente il nostro impianto fuori suolo è a ciclo aperto, ma stiamo progettando la sua trasformazione in un ciclo chiuso per ridurre al minimo gli sprechi di elementi nutritivi e contribuire a salvaguardare quanto più possibile l’ambiente in cui operiamo».
Lotta integrata
Salvaguardia dell’ambiente per i fratelli Marconcini significa anche ricorso alla lotta integrata nella difesa fitosanitaria, realizzata anche con l’utilizzo di predatori naturali di insetti e acari per ridurre quanto più possibile l’impiego di agrofarmaci di sintesi, nota Alessandro.
«All’utilizzo dei predatori naturali ci ha avvicinati il nostro consulente tecnico per la difesa, Giorgio Perbellini. L’insetto chiave della coltivazione della fragola in serra è il tripide occidentale dei fiori (Frankliniella occidentalis). Lo combattiamo con due predatori naturali, l’acaro fitoseide Amblyseius swirskii e l’insetto antocoride Orius laevigatus: sia in autunno sia in primavera dopo il taglio dei primi mazzetti fiorali, necessario per far acquisire vigore alle piante, cioè quando compaiono i primi fiori che daranno frutto, appendiamo le bustine dell’acaro fitoseide, che ne contengono diversi esemplari, al peduncolo delle foglie; sempre quando compaiono i primi fiori produttivi, effettuiamo anche diversi lanci dell’antocoride sulle foglie. Quantità di buste e numero di lanci variano in base alla densità delle piante e al numero di tripidi presenti: in genere disponiamo una busta ogni 15 m, quindi 4-5 per ciascuna fila di fragole, mentre dell’Orius effettuiamo lanci inoculativi da 0,3 a 0,5 individui/m²/ogni due settimane. L’acaro chiave è il ragnetto rosso (Tetranychus urticae), che controlliamo con lanci dell’acaro fitoseide Phytoseiulus persimilis: iniziamo i lanci ai primi fiori, in modo da garantire circa 15 acari fitoseidi/m², poi li continuiamo generalmente a intervalli di 15 giorni, ma all’innalzarsi delle temperature l’intervallo si accorcia. Infine le principali malattie fungine sono la botrite e l’oidio, ma la loro presenza, pur variando in funzione della stagione e del suo andamento, la conteniamo grazie a un buon arieggiamento interno, riuscendo a evitare grossi danni».
Fog
Per far esprimere alle piante di fragola tutte le loro potenzialità produttive gli accorgimenti non sono mai troppi, rileva Francesco. «Abbiamo dotato la serra di un impianto fog ad alta pressione che garantisce umidità relativa costante al 60% durante la fioritura, affinché il polline sia fertile. Inoltre cerchiamo di assicurare lo sbalzo termico, fra notte e dì, necessario alla fragola per poter sviluppare al meglio la fibra interna: sia in autunno sia in primavera, la sera tendiamo a far prendere loro freddo, facendo entrare nella serra aria fresca, poi durante il giorno le temperature si alzano: in tarda primavera cerchiamo in tutti i modi di mantenere la temperatura interna sotto i 30 °C, invece in autunno è normale averla sotto tale limite».
Le piante di fragola della varietà Manga hanno una produttività potenziale, nella serra dei fratelli Marconcini, di circa 1 kg netto all’anno, «ma noi – chiarisce Alessandro – cerchiamo di non forzarle, puntando a ottenere da ogni pianta una produzione sempre al di sotto del suo massimo potenziale, circa 0,25 kg nel ciclo autunnale e 0,65 kg nel ciclo primaverile. Poiché anche nella fragola quantità e qualità sono inversamente proporzionali, optiamo per rese un po’ più basse per favorire la qualità più elevata possibile. Perciò diradiamo i fiori per realizzare un buon equilibrio tra fiori e foglie e ottenere meno frutti ma di qualità migliore».
La raccolta
Durante la raccolta le fragole vengono direttamente confezionate in cestini per manipolarle quanto meno possibile. Ampia è la gamma di confezioni realizzate dall’azienda Marconcini, «tutte quelle che chiedono i clienti – afferma Francesco –. Ma le confezioni di base sono due: la cassetta di cartone 30 x 40 cm da 2 kg netti con otto cestini da 250 g ciascuno, per il mercato interno, e la cassetta di cartone 40 x 60 cm da 5 kg netti, con dieci cestini da 500 g ciascuno, per il mercato estero. I cestini sono aperti, ma, se richiesti, possiamo utilizzare anche quelli con coperchio, fisso o mobile. Cassette e cestini sono contraddistinti con il nostro marchio aziendale, “Brà Ortofrutta”, che ricorda sia la contrada di Salizzole in cui produciamo le fragole, Corte Brà, sia la famosa piazza Brà di Verona, cioè il territorio di provenienza delle fragole».
Destinazione principale delle fragole dell’azienda Marconcini è il mercato italiano. «Per mantenere il prezzo medio il più alto possibile – riferisce Alessandro – le inviamo ai principali mercati ortofrutticoli all’ingrosso del Centro-Nord Italia, che spesso fanno da tramite con catene della grande distribuzione organizzata e mercati esteri. Tuttavia mandiamo direttamente le nostre fragole anche a importatori di Austria e Germania e stiamo valutando l’invio in Inghilterra. In breve tempo abbiamo saputo trasformare il nostro punto debole, la mancanza di una buona organizzazione commerciale, in un punto di forza. Spazi di mercato ce ne sono, ma bisogna spingere sulla qualità a tutto tondo, perché i consumatori acquistano con gli occhi, ma poi apprezzano con il gusto».
Con la fragola i fratelli Marconcini hanno imboccato il percorso giusto, ma non intendono circoscrivere il loro impegno solo a questa coltura, conclude Francesco. «Per noi la fragola è solo il punto di partenza. Stiamo già progettando di ampliare l’azienda con un piano di sviluppo che comprenda la fragola e altre colture orticole. Vogliamo realizzare un pacchetto di prodotti di questo territorio da offrire ai consumatori italiani ed europei per essere presenti sul mercato per molto più tempo e fidelizzare sia essi sia, aspetto non secondario per un’impresa seria, le maestranze che noi stessi formiamo».

Fragola al top - Ultima modifica: 2019-03-05T14:33:23+01:00 da Lucia Berti

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