Grazie anche alle innovazioni tecnologiche, l’agricoltura è oggi sempre più impegnata in una transizione radicale verso un sistema circolare, solido e resiliente basato su processi produttivi che permettano di migliorare la sostenibilità dell’attività agricola. L’agricoltura circolare è un sistema agricolo in cui, grazie anche alla ricerca scientifica e alle innovazioni tecnologiche, gli scarti si riutilizzano e si rigenerano divenendo risorse. L’obiettivo, quindi, non è solo quello di ridurre sprechi e rifiuti ma di creare valore aggiunto per l’intera filiera.
Tuttavia, le molteplici possibilità di applicazione dei principi di circolarità in agricoltura vanno relazionate all’economia territoriale, alle risorse che essa offre e ai sottoprodotti che più processi produttivi mettono a disposizione come risorsa da reimmettere in circolo. Vediamo, attraverso alcuni esempi, come funziona l’agricoltura circolare e i numerosi vantaggi economici, sociali e ambientali derivati dall’applicazione dei principi dell’economia circolare in agricoltura.
Dal sistema lineare a quello circolare
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescente attenzione verso la sostenibilità e l’utilizzo consapevole delle risorse naturali non rinnovabili. Sullo sfruttamento di queste ultime si basa il sistema produttivo attuale, quello lineare, riassumibile in “take, make, dispose” ovvero “prendi, produci, getta”. L’alternativa al sistema lineare è l’economia circolare, fondata su un uso più efficiente delle risorse naturali non rinnovabili e sulla valorizzazione degli scarti, che diventano essi stessi risorse, oltre che sull’estensione della vita utile dei prodotti. L’economia circolare è oggi uno dei principi fondamentali delle politiche economiche europee (si veda il green deal europeo).
L’agricoltura trova la sua dimensione ideale in un sistema economico circolare, che si rifà al processo ciclico della natura, dove non esistono sprechi e rifiuti.
Esistono già esempi virtuosi di applicazione dei principi dell’economia circolare in agricoltura il cui impatto può e dev’essere quantificato in termini di indicatori ecologici, sociali ed economici e per il quale sono anche disponibili incentivi.
Tuttavia, occorre che gli agricoltori abbiano accesso alle nuove conoscenze e tecnologie, occorrono investimenti in infrastrutture e, soprattutto, un cambio di paradigma che coinvolga tutte le connessioni delle catene di approvvigionamento e delle reti commerciali fino al consumatore. Il tutto con un approccio circolare From farm to fork and back to farm.
Il progetto Green farm
Attualmente, il settore agroalimentare rappresenta circa il 30% del consumo totale di energia a livello globale ed è fortemente dipendente dai combustibili fossili, il cui uso rappresenta una delle principali cause del cambiamento climatico. L’uso di energie rinnovabili può ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, aumentare l’approvvigionamento, facilitare l’accesso all’energia e ridurre l’impatto ambientale.
Il progetto Green farm, finanziato dal fondo per la crescita sostenibile, propone un modello di radicale trasformazione della produzione agricola basato sull’efficientamento energetico e sullo sfruttamento delle risorse localmente disponibili. Il progetto si sta svolgendo presso un’azienda agricola sperimentale del Dipartimento di agraria dell’Università degli studi di Napoli situata nel Comune di Castel Volturno (Ce).
I principi del progetto
Green farm si sviluppa su due principi fondamentali: l’efficientamento energetico e l’applicazione di tecnologie innovative sostenibili per l’implementazione dei principi di economia circolare in agricoltura e, in particolare, in ortofloricoltura protetta (Fig. 1). In questo ambito, il progetto mira a incrementare la sostenibilità delle filiere produttive protette attraverso la riduzione dei costi necessari al condizionamento climatico grazie all’uso di fonti energetiche rinnovabili.
Nel sistema Green farm, l’energia è ottenuta mediante una configurazione innovativa per la generazione combinata di energia termica ed elettrica grazie a un pirogassificatore di biomasse di diversa natura containerizzato (e quindi mobile) e integrato con sistemi di accumulo e pannelli fotovoltaici (Fig. 2). La diversa origine della biomassa utilizzata per la generazione di energia è una caratteristica unica del sistema. Un’altra caratteristica dell’impianto è la produzione di materiali di scarto valorizzabili lungo la filiera agricola: biochar e CO2.
Il biochar, ottenuto dalla pirolisi della biomassa vegetale, oltre a essere usato come ammendante dei suoli agricoli o per la produzione di substrati per l’ortofloricoltura, ha numerosi altri impieghi: come additivo negli alimenti per animali, come materiale isolante, come filtro per la purificazione delle acque e dei suoli o per assorbire sostanze organiche volatili o, infine, per la produzione di supercondensatori o pseudocondensatori per l’accumulo di energia elettrica.
Oltre alla caratterizzazione e alla valorizzazione del biochar, il progetto prevede il recupero della CO2 prodotta dall’impianto per la concimazione carbonica in serra (che da scarto diventa risorsa). Green farm è, quindi, un esempio di uso integrato di fonti energetiche rinnovabili (per esempio energia solare, colture da energia utilizzate per il recupero di aree marginali, biomasse lignocellulosiche di scarto di diversa origine) ma anche di valorizzazione eco-compatibile dei rifiuti generati dalla produzione di energia che vengono riutilizzati in agricoltura.
Scarti come fonte di sostanza organica
Nell’ultimo secolo, a causa di una gestione poco attenta dei suoli, si stima sia stato perso complessivamente il 60% della sostanza organica originariamente presente. Questo fenomeno, oltre a ridurre la fertilità dei suoli agrari, ha contribuito all’incremento dei gas serra nell’atmosfera. La perdita di sostanza organica, tra gli altri effetti, comporta la perdita di struttura e la riduzione della capacità del suolo di trattenere l’acqua.
Ciò favorisce i fenomeni di erosione e la lisciviazione degli elementi minerali, contribuendo ai fenomeni di dissesto idrogeologico e all’inquinamento delle falde. Un altro fattore indispensabile per la produzione agricola è la disponibilità di nutrienti per la crescita delle piante. Mentre in passato i nutrienti sottratti col raccolto venivano restituiti al suolo con gli scarti organici utilizzati per concimare i terreni, oggi la produzione vegetale dipende in larga parte dai fertilizzanti di sintesi, prodotti utilizzando risorse non rinnovabili (es. miniere di fosforo) e combustibili fossili (es. sintesi dei concimi azotati).
L’energia associata alla produzione di fertilizzanti chimici, in particolare, conta per circa il 3% del totale di uso/emissioni. La valorizzazione degli scarti agricoli come fonte di sostanza organica può favorire lo sviluppo sostenibile del settore contribuendo a ridurre l’impatto ambientale e, contemporaneamente, ad abbattere i costi di produzione. Le biomasse di scarto, inoltre, possono rappresentare una potenziale fonte di biomolecole con un ampio potenziale applicativo in vari settori industriali. Possono, insomma, trasformarsi da rifiuto in risorsa economica dal valore significativo.
Il progetto Fennel
Un esempio in tal senso è il progetto Fennel, nato per valorizzare la biomassa di scarto proveniente dalla lavorazione del finocchio. La produzione del finocchio, come quella di altre specie orticole di rilevanza nazionale, si concentra in ampi areali geografici ben definiti nei quali devono essere smaltiti elevati volumi di scarto con un calendario pressoché continuo nell’arco dell’anno.
Il progetto parte dalla consapevolezza che, grazie al contributo della ricerca applicata, sia possibile trasformare l’ingente scarto della produzione di finocchio, che rappresenta circa il 60% della biomassa totale, da costo per le aziende agricole in valore aggiunto. Nell’ambito del progetto, i bio-prodotti ottenuti dal compostaggio degli scarti di finocchio quali compost, tè di compost e sostanze umiche da compost vengono utilizzati per la produzione di ammendanti, fertilizzanti e biostimolanti per migliorare la fertilità dei suoli e la produttività delle colture e per il recupero di suoli degradati.
Dagli scarti nuovi alimenti
Ma non c’è solo l’agricoltura circolare. Gli scarti della lavorazione del finocchio e di altre colture orticole, inoltre, rappresentano una ricca fonte di molecole interessanti (in particolare polifenoli) che possono essere recuperate e utilizzate efficacemente come ingredienti nella progettazione di nuovi alimenti o in formulazioni nutraceutiche per la prevenzione o il supporto nella cura di patologie dismetaboliche e/o cronico-degenerative.
Nel corso del progetto Fennel sono stati individuati i formulati più efficaci per veicolare queste molecole bioattive, migliorarne la bio-accessibilità e permettere la loro utilizzazione e commercializzazione.
Questo sia direttamente come nutraceutici, come integratori liquidi, capsule gastroresistenti o barrette ricche di fibra, sia come ingredienti funzionalizzanti da introdurre nei cicli produttivi di bevande o alimenti, altrimenti considerati convenzionali. L’estrazione dagli scarti della lavorazione del finocchio di ingredienti naturali di alto valore, come gli antiossidanti, rappresenta una soluzione economicamente interessante per la filiera.
Per chiudere il cerchio
Agricoltura circolare vuol dire recuperare le risorse ancora in circolo nel sistema anziché importarle dall’esterno. Il recupero degli scarti a fini energetici, integrato con l’uso di altre fonti energetiche rinnovabili, può contribuire a contenere le sempre più ingenti spese derivanti dall’impiego di combustibili fossili e a ridurre l’impatto ambientale delle produzioni agricole.
Riutilizzare i rifiuti del processo di produzione per la concimazione dei suoli, inoltre, può sopperire ai limiti della fertilizzazione chimica restituendo al terreno anche sostanza organica.
Infine, l’uso dei sottoprodotti agricoli per estrarre molecole destinate all’industria degli alimenti funzionali, alla nutraceutica o alla cosmetica, permette di rivedere l’approccio dell’agricoltura alla gestione degli scarti, che diventano così fonti di ingredienti “nobili” in grado di produrre profitto.
Non si tratta di auspicare un ritorno al passato ma di ripensare l’agricoltura utilizzando le nuove tecnologie per migliorare l’efficienza d’uso delle risorse e trasformare i rifiuti in risorse.
Chi realizza il progetto Green farm
Il progetto è realizzato nell’ambito dello sportello “Agrifood” Pon I&C 2014-2020. I partner sono: Graded S.p.A. (capofila), Costruzioni motori diesel S.p.A. Coinvolto, come responsabile tecnico-scientifico, il Dipartimento di agraria dell’Università di Napoli Federico II con la collaborazione del Cnr (Istituto motori e istituto ricerche combustione). Il progetto è in corso di attuazione presso un’azienda agricola sperimentale dell’Università di Napoli.
Chi partecipa al progetto Fennel
Al progetto, finanziato dalla Regione Campania nell’ambito del Psr misura 16.1 – azione 2, partito a fine settembre 2019 e tuttora in corso, partecipano come capofila il Distretto tecnologico Campania bioscience scarl, il Dipartimento di agraria in qualità di responsabile tecnico-scientifico e il Dipartimento di farmacia dell’Università di Napoli Federico II. Sono coinvolte anche l’azienda agricola F.lli Napolitano e la Fondazione Idis – Città della scienza.
Gli autori sono del Dipartimento di agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II
Contributo realizzato a cura della sezione Ortoflorovivaismo della Soi