Gli aleurodidi (Trialeurodes vaporariorum e Bemisia tabaci) detti anche mosche bianche, rientrano tra i fitofagi più comuni delle colture orticole e basti citare tra le più comuni: pomodoro, peperone, melanzana.
Appartengono all’ordine entomologico dei Rincoti e sono di conseguenza dotati di un apparato boccale pungente e succhiatore di cui si servono per alimentarsi a carico delle piante ospite; gli adulti sono di piccole dimensioni (inferiori in genere a 3 mm) con le ali ed il corpo rivestito di pruina cerosa bianca.
Ovunque gli aleurodidi rappresentano un’insidia per le colture se la loro presenza non viene gestita in modo razionale; ne possono in alcuni casi (pomodoro in particolare) rappresentare la principale avversità. Il problema si amplifica, in genere, nei periodi caldi.
Gli agrofarmaci utilizzabili nella difesa dagli aleurodidi sono numerosi, ma problema può avere importanti ricadute sulla coltura se ci si avvia ad una gestione solamente chimica:
– da un lato occorre sempre valutare le difficoltà nel rispettare i tempi di carenza degli insetticidi quando si entra nel periodo delle raccolte frequenti;
– dall’altro, nel corso della stagione si devono valutare le difficoltà che si incontrano, in particolare su pomodoro, per rispettare il lavoro dei bombi impollinatori, ormai diventati insostituibili per i vantaggi che portano sia in termini organizzativi che di qualità delle produzioni.
I danni
I danni che questi fitofagi possono determinare sulle colture attaccate si possono riunire in tre gruppi:
1) danni diretti per sottrazione di linfa con deperimento complessivo della pianta;
2) danni indiretti per l’abbondante emissione di melata su cui si sviluppano poi fumaggini con conseguente riduzione del livello di attività fotosintetica e deprezzamento qualitativo del prodotto;
3) danni indiretti perché T. vaporariorum risulta vettore di 2 virosi, mentre B. tabaci è stata segnalata come vettore di 9 virosi tra le quali segnaliamo in particolare Tylcv, responsabile dell’“arricciamento fogliare giallo del pomodoro”.
Le possibilità di lotta biologica sono attualmente diverse a seconda dei momenti stagionali, della durata del ciclo produttivo e della tipologia di serra che si prendono in esame nelle varie aree di coltivazione.
La grande variabilità di condizioni colturali che si possono incontrare in campo impone scelte differenti in merito alla scelta e applicazione dei bioagrofarmaci e degli insetti utili:
– i predatori, Macrolophus pigmaeus, Nesidiocoris tenuis, Amblyseius swirskii;
– i parassitoidi, Eretmocerus eremicus e Encarsia formosa;
– i funghi antagonisti, Beauveria bassiana, Lecanicillium muscarium, Paecilomyces fumosoroseus.
Per sfruttare a pieno le caratteristiche degli organismi utili occorre che “gradiscano” la coltura e possano, anche in condizioni difficili, insediarsi in essa stabilmente e senza difficoltà di movimento, di ovideposizione o di ricerca del cibo.
Le infestazioni
Secondo uno schema classico le infestazioni sono nella maggior parte dei casi dovute a T. vaporariorum, associata a volte alla presenza di B. tabaci. La comparsa di quest’ultima specie, responsabile della trasmissione del virus dell’accartocciamento fogliare (Tylcv), ha complicato notevolmente il quadro di riferimento per la difesa biologica, stimolando la ricerca di nuove soluzioni: per migliorare ed aumentare le risorse a disposizione della difesa biologica si è puntato sullo sfruttamento delle qualità dei miridi predatori quali Macrolophus pigmaeus e Nesidiocoris tenuis.
Macrolophus pigmaeus è un miride predatore di aleurodidi particolarmente diffuso nel bacino del Mediterraneo dove è presente tutto l’anno.
Si tratta di un insetto molto mobile e attivo sia sul Trialeurodes vaporariorum sia sulla Bemisia tabaci; tutte le forme biologiche degli aleurodidi (uova, neanidi, adulti) costituiscono una buona fonte di cibo per questo predatore. Il ciclo, alla temperatura ideale di 25°C si svolge in meno di un mese (28 giorni mediamente), ma si allunga di molto in condizioni climatiche sfavorevoli. M. pigmaeus deve essere introdotto precocemente anche se la presenza della preda è minima, per questa ragione sono consigliate introduzioni ripetute a piccole quantità fin dall’inizio del ciclo colturale; le quantità totali utilizzate variano da 1 a 3 individui/m².
Nesidiocoris tenuis è un predatore molto comune nelle aree e nelle stagioni più calde tipiche del Mediterraneo. Questo miride presenta però un comportamento fitofago da non trascurare sia giovani che adulti possono alimentarsi della linfa della pianta determinando anellature brune su steli e piccioli, cascola fiorale e decolorazioni e deformazioni dei frutti. Questa azione dannosa diventa importante solo in presenza di popolazioni abbondanti e contemporanea assenza di prede. Di conseguenza l’impiego di questo predatore diviene importante nelle condizioni di maggiore rischio, in presenza di una elevata presenza di mosche bianche e vi è quindi sempre presenza di prede. In ogni caso la sua introduzione deve sempre essere valutata attentamente con l’ausilio di un tecnico competente.
I miridi
Questi miridi trovano impiego in serra ed in pieno campo su pomodoro, peperone e melanzana e presentano caratteristiche biologiche che ben si associano alla coltura determinando così una combinazione ambientale ideale; la loro azione risulta costantemente associata, assieme ad altre specie affini, a forti riduzioni delle popolazioni di aleurodidi in quasi tutti i contesti di coltivazione.
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