Nell’areale di coltivazione campano dedito alla produzione di bulbose una valida alternativa alle specie principali (lilium e gladiolo) è rappresentata dall’agapanto, specie in grado di valorizzare le situazioni meno favorevoli e che prevede un processo produttivo non particolarmente complesso.
L’agapanto è una specie molto rustica che ben si adatta anche a condizioni pedologiche difficili per altre specie, non necessita di una particolare tecnica colturale, richiede un contenuto apporto di manodopera e gode di una discreta richiesta.
Le caratteristiche dello stelo fiorito sono apprezzate dai produttori, per l’agevole lavorazione, dai commercianti, che beneficiano della buona resistenza al trasporto e dai consumatori che gradiscono la particolarità dell’infiorescenza e la lunga durata del fiore reciso.
Le varietà, coltivate anche per la produzione di fiori recisi, sono essenzialmente di due colori: bianco e blu (qualche floricoltore ricorre alla colorazione artificiale dei fiori di colore bianco).
Esigenze pedo-climatiche
Il genere Agapanthus, originario delle regioni dell’Africa meridionale, appartiene alla famiglia delle liliacee; sono piante perenni, rustiche o semirustiche, cespitose, con radici tuberizzate.
Grazie ai lavori di miglioramento genetico le cultivar in commercio sono in grado di sopportare temperature anche molto basse (allo stadio di riposo le radici resistono fino a -12°C). Tuttavia, considerato che gli agapanti provengono da zone temperate-calde anche le nuove cultivar hanno bisogno di un'opportuna protezione e vanno difesi dal gelo. La fioritura primaverile è influenzata dall’andamento delle temperature invernali, che devono essere più contenute possibili ma superiori allo 0°C, e dalla quantità di acqua ricevuta durante la fase di riposo poiché, provenendo da zone con inverni poco piovosi, minori saranno stati gli apporti idrici tanto più numerosi saranno i fiori prodotti.
Pur amando l’elevata luminosità e il sole diretto è bene che l’intensità luminosa sia proporzionata alla temperatura ambientale; pertanto è utile un ombreggiamento parziale nelle ore più calde delle giornate estive.
Gli eccessi di umidità danneggiano la pianta, soprattutto se presenti nel substrato e intorno ai rizomi in dormienza, poiché favoriscono lo sviluppo di marciumi radicali (in nessun caso dovranno verificarsi ristagni).
Si adatta bene a numerose tipologie del terreno, tuttavia preferisce i substrati drenanti, non eccessivamente “pesanti” né sabbiosi e poveri di sostanza organica.
Il materiale di propagazione
La scelta del materiale di propagazione, rappresentato dai rizomi, è di fondamentale importanza per il successo della coltivazione. Le aziende che si dedicano per la prima volta alla coltivazione di questa specie procedono all’acquisto dello stesso, mentre dove la specie è coltivata si provvede a recuperare i rizomi dagli impianti dismessi effettuando la divisione delle radici rizomatose tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, quando la fioritura è terminata e le foglie vecchie sono seccate. La preparazione dei rizomi prevede che le piante siano separate avendo cura, però, di mantenerle unite a coppie (con una porzione di circa 10 cm del rizoma in comune), lasciando una parte delle vecchie radici ed eliminando solo le foglie secche e/o danneggiate.
Conviene, inoltre, applicare un fungicida in polvere sulle ferite che necessariamente si causano al momento della divisione dei rizomi.
Il materiale di propagazione di maggior pregio proviene da impianti di 6-7 anni che, nell’ultima annata, hanno prodotto un limitato numero di fiori. Le piante derivanti sono di dimensioni più contenuta, ma con un elevato numero di foglie e assicurano una copiosa fioritura.
L’impianto
Gli impianti per la coltivazione dei fiori recisi si effettuano sia in piena aria sia in serra.
Considerato che la coltivazione ha una durata minima di quattro anni, si procede ad una lavorazione profonda (40-50 cm), alla quale segue una o due erpicature. Solitamente non si pratica alcuna concimazione di fondo se non nei terreni più “poveri” dove si procede alla somministrazione di sostanza organica: letame bovino maturo, nella dose di 200-250 q/1.000 m² di superficie, oppure pellettati (2-3 q/1.000 m²). E’ necessario intervenire con prodotti chimici (anche diserbanti) per limitare al massimo la crescita di infestanti soprattutto nel primo anno, quando le piante sono ancora piccole.
Nei terreni soggetti a ristagni idrici si procede alla formazione di prode rialzate che, facilitando lo sgrondo dell’acqua, evitano marciumi e danni da asfissia radicale.
Sistemato il terreno si procede al trapianto in file distanti tra 100 e 120 cm, secondo il tipo di terreno (le distanze minori si adottano nei terreni aridi) e la probabile durata dell’impianto (più distanti in caso si prevede una durata maggiore ai 4 anni). Sulla fila si mantiene una distanza di 35-40 cm, quando si utilizzano piante “doppie”, e 20 cm in caso di impiego di piante singole.
Nelle coltivazioni sotto serra si adottano le distanze minime (100 cm x 20 cm) per incrementare la produzione in presenza di maggiori costi produttivi. Sempre negli ambienti protetti si può osservare il ricorso alla fila binata con distanza tra le bine di 90 cm e di 50-60 cm tra le file della bina, dove viene sistemata la manichetta per l’irrigazione.
Il ciclo di coltivazione
L’impianto si effettua, solitamente, in settembre. Subito dopo il trapianto si procede ad un intervento irriguo che in pieno campo si pratica per infiltrazione laterale, mentre in serra con l’ausilio dell’impianto di irrigazione a pioggia. Successivamente, gli interventi irrigui si praticano ordinariamente nelle coltivazioni in coltura protetta e solo nella stagione calda nelle coltivazione di pieno campo, facendo uso d’impianti d’irrigazione basali con manichette forate, più raramente a pioggia (fino alla fioritura).
Dopo il riposo invernale, le piante cominciano a vegetare nuovamente ed è possibile notare la presenza di nuove foglie (evidenti soprattutto se si è proceduto alla pulizia delle foglie vecchie e/o danneggiate) e la netta distinzione tra le piante che, inizialmente, apparivano indistinte.
All’inizio della ripresa vegetativa, si somministra un concime complesso equilibrato (es. 20:20:20), contenente anche microelementi, nella dose di circa 40-50 kg/1.000 m² di superficie. La somministrazione dei nutritivi si effettua avvalendosi della tecnica della fertirrigazione, con più interventi per ognuno dei quali si adottano soluzioni nutritive con concentrazione allo 0,3% (3 g/l).
A partire dalla fine di febbraio (nel caso di colture protette) fino a inizio marzo (per le coltivazioni di pieno campo) si comincia a notare la presenza delle prime infiorescenze.
Per ottenere produzioni precoci (marzo-aprile) non basta l’impiego delle strutture di protezione ma è necessario l’impiego del riscaldamento che, normalmente, si utilizza solo come “soccorso” azionandolo solo quando la temperatura scende al di sotto dei 4°C. Per la difesa dalle gelate si può anche ricorrere all’irrigazione antibrina.
Il diserbo
Altro intervento necessario nel ciclo di coltivazione è il diserbo, necessario solo nel primo anno di coltivazione quando la vegetazione non copre ancora completamente il terreno. Durante il periodo di riposo (ottobre-dicembre) si può utilizzare un prodotto a base di glyphosate a bassa dose; tale intervento risolve in gran parte il problema delle erbe infestanti. Nel periodo di attività della pianta, l’impiego di prodotti chimici deve essere molto attento (evitare il contatto con le piante) altrimenti si possono avere danni: atrofia dei boccioli, disseccamento della pianta. In alternativa, si può intervenire meccanicamente con una sarchiatura che, però, comporta un maggiore impegno lavorativo.
Nel corso dei primi due anni d’impianto è probabile trovare coltivazioni di agapanto consociate con altre specie floricole. Ciò è possibile perché l’agapanto fiorisce una sola volta e si può abbinare con specie che presentano un periodo di fioritura diverso, di solito precedente (iris, tulipano, ecc.). In questo caso, va aumentata la distanza tra le file (da 100 a 120 cm) e bisogna provvedere alla pulizia delle foglie a fine fioritura (luglio). Dal terzo anno in poi, considerato che la pianta tende ad allargarsi per il moltiplicarsi dei rizomi ed è necessario garantire un’adeguata illuminazione e ventilazione, tale soluzione non è più praticabile, anche perché i fiori dell’agapanto sono piuttosto “teneri” al momento della fioritura e possono facilmente essere danneggiati.
Per quanto riguarda le esigenze idriche, l’agapanto necessita di abbondanti irrigazioni nel periodo di crescita e fioritura, mentre in inverno (negli ambienti protetti) va irrigato con molta parsimonia.
I flussi produttivi
Nel primo anno la fioritura delle coltivazioni di pieno campo si concentra nel periodo compreso tra fine maggio ed inizio luglio, mentre in coltura protetta si anticipa di 20-30 giorni secondo l’andamento climatico primaverile. Nel secondo anno d’impianto, è possibile distinguere due flussi di fioritura: in pieno campo il primo si verifica nella seconda decade di giugno, il successivo dopo 15-20 giorni. In serra, l’andamento è pressoché simile con l’anticipo di cui si è parlato in precedenza. Negli anni successivi, analogamente a quanto si verifica il primo anno, la fioritura si concentra in primavera – estate prolungandosi durante questo periodo senza nette distinzioni; la sola specificità che si osserva è un ritardo dell’inizio di fioritura di circa 10 giorni per ogni anno di invecchiamento dell’impianto.
Al fine di allungare il periodo di esitazione dei fiori anche in estate avanzata i floricoltori campani stanno provando a coltivare l’agapanto in aree più interne e, quindi, meno calde.
Il primo anno, con poche eccezioni, tutte le pianta d’agapanto producono un fiore centrale di maggiore dimensione, con stelo lungo, mediamente, tra i 120 ed i 140 cm. Successivamente, con il moltiplicarsi dei rizomi, il numero di fiori aumenta. Pertanto la quantità raddoppia, o quasi, il secondo anno con il duplicare del numero di rizomi e aumenta ancor più il terzo per lo stesso motivo. Dal quarto anno la produzione comincia a decrescere perché aumentando eccessivamente la competizione tra le piante (per la moltiplicazione dei rizomi), che tra l’altro invecchiano, le condizioni di coltivazione diventano sempre più complicate (ombreggiamento, scarsa ventilazione).
La raccolta
La raccolta, che si esegue nelle ore più fresche della giornata (primo mattino o tardo pomeriggio), è realizzata con un coltello pulito e tagliente, a strappo oppure mediante piegatura dello stelo. Il momento giusto per la raccolta è quando le brattee della gemma a fiore sono cadute e non più di tre fiori sono aperti.
Tuttavia, quando la richiesta è elevata, le infiorescenze sono raccolte anche con fiori chiusi (a volte si pratica l’apertura manuale dei fiori); viceversa, in condizioni di mercato “fermo” si tenta di ritardare la raccolta eliminando i fiori esterni che si presentano eccessivamente “maturi”. La raccolta ritardata, comunque, consente una maggiore durata dello stelo reciso in acqua.
Raccogliendo lo stelo al giusto grado di maturazione la durata è di circa 10-14 giorni; tuttavia, se posti celermente in frigorifero, è possibile conservare le infiorescenze in buone condizioni fino a 30 giorni. Fiori vecchi e/o maltrattati sono evidenziabili per la facilità con cui si staccano dal peduncolo.
Gli steli raccolti vanno posti immediatamente in acqua per evitare che la densa linfa, che scorre nei vasi linfatici, impedisca l’assunzione di acqua, costringendo i floricoltori al taglio dello stelo e conseguente deprezzamento del prodotto.
Nella fase di selezione (gli steli sono distinti in base alla lunghezza e alla robustezza) si provvede anche a eliminare i fiori più maturi avendo cura di staccare anche il peduncolo.
Gli steli sono confezionati in buste da 5 o 10 dello stesso colore, uniformi per lunghezza e dimensioni e legati con nastro adesivo; successivamente si riuniscono in fasci in modo da formare un’unica confezione da 30 steli.
I problemi post raccolta sono relativi all’appassimento, all’occlusione dei vasi linfatici e alla mancata apertura dei fiori e derivano dalla produzione di etilene e dalla contaminazione batterica dell’acqua di conservazione. La durata del post raccolta è di 10-13 giorni a temperatura di 0-1 °C e umidità relativa del 90-95%.
Varietà
In commercio sono presenti diverse varietà con tre tonalità diverse di colore: bianco, viola e blu, con varie sfumature.
Le varietà con fiore di colore blu- celeste, che sono le più precoci, rendono disponibili gli steli commerciabili dalla metà – fine maggio; le varietà con fiori bianchi concentrano la maturità commerciale dei fiori tra la prima e la terza decade di giugno. Le varietà a fiori di colore azzurro – violacei, ormai quasi completamente scomparse perché con fiore più piccolo e stelo di dimensioni contenute, si caratterizzano per la più tardiva differenziazione a fiore e si raccolgono alla fine di luglio.
Allo scopo di arricchire la gamma cromatica delle varietà coltivate si effettua la “colorazione artificiale” dei fiori (utilizzando le varietà a fiore bianco), mediante l’aggiunta di coloranti specifici all’acqua dei contenitori ospitanti gli steli, che restano ad assorbire la soluzione colorata per circa due ore (appena raccolti). Il fiore si colora solamente a livello delle nervature lasciando che il colore sfumi ai bordi.
Qualora si scelga di colorare i fiori si ha l’accortezza di riunire mazzi da dieci steli di colore diverso (giallo, ciclamino, arancio, ecc.). Prendendo in considerazione una coltivazione condotta in serra al secondo anno di età, si può stimare una produzione media di circa 12.000 steli vendibili.
Box - Aspetti economici
Riguardo agli aspetti economici, con riferimento ad un impianto in serra con una durata di 4 anni, l’analisi dei costi di produzione evidenzia che la voce più rilevante è rappresentata dalle quote di ammortamento, la cui incidenza è circa il 37,5% del totale dei costi. Nello specifico della voce la maggiore rilevanza è determinata dalla struttura di protezione, seguita dall’impianto (il costo unitario dei rizomi è di circa 0,25 euro). Successivamente, il recupero dei rizomi consente di risparmiare sul costo d’impianto. La seconda voce di spesa per importanza è rappresentata dai mezzi tecnici, tra i quali incide significativamente quella per l’acquisto del gasolio per riscaldamento (utilizzato solo per mantenere la temperatura notturna in inverno intorno ai 3-4 °C) con poco più del 63% sul totale. La manodopera, invece, grava per il 23%, considerato che le operazioni colturali, compresa la raccolta, non risultano di particolare difficoltà; necessitano circa 100 ore in totale per condurre 1.000 m² di agapanto in serra e l’operazione più onerosa è la raccolta (60% delle ore totali). L’incidenza degli interessi e quella del capitale fondiario sono, rispettivamente, del 5,5% e 11,56%, mentre il restante 4,24% interessa le spese generali e la direzione/amministrazione.
In definitiva, il totale dei costi di produzione di Agapanto in serra è di circa 5.190,00 euro, con un costo medio di circa 0,432 euro, che rappresenta il prezzo medio di vendita necessario per coprire, al terzo anno d’impianto, tutti i costi di produzione.
solo chi ha la terra sa cosa vuol dire lavorare e poi gioire buon lavoro