La possibilità di sviluppare energie alternative partendo da produzioni agricole dedicate sta assumendo un ruolo strategico, alla luce dell’impegno dell’Europa e dell’Italia a contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera con la firma del protocollo di Kyoto.
I processi di trasformazione dell’energia posseduta dalle biomasse vegetali si suddividono in tre gruppi rappresentanti di diverse conversioni di tipo termodinamico, biologico e fisico.
La conversione fisica è essenzialmente un processo di spremitura meccanica di granella ad alto contenuto di olio (colza, girasole, soia). Il risultato finale della spremitura consiste in olio combustibile in panelli proteici utilizzabili dall’industria mangimistica. La rinnovata attenzione dell’industria di trasformazione, principalmente per produzione di olio a fini energetici da utilizzare tal quale come combustibile per motori endotermici o mediante processo di transesterificazione (biodiesel), ha reso nuovamente interessante la coltivazione del colza.
Un aspetto essenziale per la coltivazione del colza a fini energetici risiede nella necessità che il rapporto input/output del sistema sia il più elevato possibile: l’energia prodotta, cioè, deve sempre essere superiore a quella che viene utilizzata per ottenere la produzione.
Il corretto inserimento del colza negli avvicendamenti deve tenere conto delle problematiche fitopatologiche comuni ad altre specie coltivate. In particolare il colza è ospite di Heterodera schachtii, nematode tipico della barbabietola da zucchero, ed è colpita da Sclerotinia sclerotiorum, fungo che parassitizza anche il girasole e la soia e che permane nel terreno per molti anni con la sua forma di resistenza (“sclerozi”).
Ne consegue la necessità di adottare avvicendamenti ampi (destinare a colza il 20-25% della superficie aziendale) e/o di realizzare la coltivazione in zone ove non siano diffuse queste specie fitoparassite o patogene. È consigliabile, in una rotazione stretta bietola – colza, inserire una coltura intercalare di specie biocide ad esempio il rafano.
La coltura deve svilupparsi sufficientemente nel periodo autunnale pertanto è importante salvaguardare al momento dell’impianto il contenuto di umidità del terreno, in modo che la stessa possa risalire per capillarità verso il seme.
Preparazione terreno
Le lavorazioni principali devono essere eseguite in modo che le eventuali paglie presenti non creino problemi meccanici alla semina e, più tardi, alla coltivazione. I successivi passaggi di affinamento devono permettere di creare una zollosità ridotta per consentire una deposizione del seme (di piccole dimensioni) a profondità non eccessiva.
Concimazione
Il colza è una coltura piuttosto rustica, con fabbisogni nutritivi contenuti per alcuni elementi e più elevati per altri. Presenta un apparato radicale fittonante molto esteso e contribuisce validamente ad arricchire il terreno di sostanza organica e di elementi nutritivi con l’abbondante massa dei suoi residui colturali.
Considerando una resa media di 35 q/ha la concimazione consigliata è riportata in tab. 1.
- Azoto: idealmente va distribuito in due momenti:
a) 40-50 unità a fine inverno
b) 60-75 unità ad inizio levata
Si può optare per un unico, più economico, intervento utilizzando concimi che contengano una parte di azoto a lenta cessione distribuiti alla ripresa vegetativa.
In caso di semine ritardate distribuire 2040 unità alla semina e il resto alla ripresa vegetativa
- Fosforo: generalmente va distribuito in presemina in terreni poco dotati (P Olsen < 20 ppm) oppure localizzato alla semina.
- Potassio: necessario unicamente in suoli carenti (K scambiabile inferiore a 100 ppm)
- Zolfo: l’elevato fabbisogno della coltura, tipico delle crucifere, può giustificare l’apporto di solfati, realizzabile comunque attraverso l’impiego di concimi che ne sono ricchi (veditab. 3). I sintomi consistono in una decolorazione delle foglie apicali a fine inverno e di norma sono transitori, venendo recuperati dalla pianta non appena le condizioni ambientali rendono possibile una migliore assimilazione dell’SO3. Si sconsiglia apporti superiori a 75 unità/ ha di SO3 per il rischio di un aumento dei glucosinolati nel prodotto finale.
Onde ridurre i passaggi operativi e poter disporre di fosforo prontamente assimilabile nelle prime fasi vegetative della crucifera è consigliabile localizzare il fosforo alla semina con specifici formulati micro granulati.
Scelta varietale
La necessità di indirizzare all’alimentazione animale il panello proteico impone l’utilizzo di cultivar “00”, nelle quali è stato geneticamente ridotto il tenore di glucosinolati oltre che di acido erucico.
La disponibilità di nuovi ibridi, rispetto alle varietà tradizionali, apre nuove possibilità per incrementare la redditività della coltura.
Gli ibridi offrono in generale:
- una migliore adattabilità con rese più elevate e stabili;
- possibilità di eseguire la semina su sodo con riduzione dei costi;
- possibilità di ridurre la densità di semina con sviluppo più regolare della pianta e maturazione più uniforme;
- emergenza più regolare e rapida con minori rischi di fallanze
- elevata resistenza al freddo con minori diradamenti invernali
- rapida ripresa vegetativa a fine inverno con veloce copertura del terreno
- fioriture uniformi con maturazione più regolare
- spiccata riduzione della tendenza alla deiscenza delle silique.
Emergenze rapide e omogenee
Presupposto fondamentale è l’ottenimento di emergenze rapide ed omogenee.
Il colza deve nascere e svilupparsi rapidamente, per arrivare all’inverno allo stadio di rosetta di 6-8 foglie con un diametro della radice al colletto di 7–8 mm, fase fenologica più resistente al freddo.
Seminare preferibilmente con seminatrici pneumatiche che consentono una densità e un’emergenza più regolare e sono in grado di distribuire quantitativi ridotti di seme.
In alternativa è possibile adottare seminatrici da grano. Interfila: da 30 cm (seminatrice da grano) a 45 cm (seminatrice pneumatica).
Profondità: di norma a 2 – 3 cm ; in caso di terreno secco aumentare la profondità ma non superare comunque i 4 cm.
Densità: obiettivo fondamentale, al fine di un equilibrato sviluppo delle piante e per ottimizzare le rese, è di avere 40-50 piante/mq alla raccolta.
Il quantitativo di seme distribuito varia in funzione della cultivars, delle condizioni del terreno e dell’epoca di semina. Si consiglia, in ogni caso, di verificare le indicazioni fornite per ciascuna cultivar dalle ditte sementiere.
Criteri per il mantenimento della coltura: condizione necessaria per ottenere produzioni accettabili, è quella di avere all’uscita dall’inverno almeno 15 piante/mq. In caso contrario è consigliabile la sostituzione della coltura.
- negli ambienti del nord Italia il periodo ideale si colloca tra fine agosto e la fine di settembre in funzione prevalentemente delle cultivar utilizzate. Negli ambienti del Centro Sud è possibile posticipare la semina di circa un mese.
Sarchiatura - In caso di semina con interfila a 45 cm il controllo chimico delle malerbe può essere integrato con una sarchiatura meccanica nell’interfila.