Per garantire l’alta qualità della fragola occorre innanzitutto riuscire a produrre e a offrire sul mercato un prodotto integro, cioè esente da lesioni provocate in campo da parassiti e patogeni, e sicuro sotto il profilo igienico-sanitario. È l’indicazione operativa emersa dal “3° Forum nutrizione vegetale sulla fragola: gestione del suolo e nutrizione” organizzato a Policoro (Mt) da Lameta (Libera associazione mediterranea tecnici in agricoltura). Un incontro nato dalla constatazione della crescente tendenza a coltivare la fragola in ristoppio, cioè per due anni di seguito sul medesimo terreno, in successione a se stessa (pratica, sempre più diffusa nel Metapontino e altrove, che richiede un terreno di partenza molto sano) e della difficoltà di disporre di validi geodisinfestanti, come ha illustrato Andrea Minuto, ricercatore del CeRSAA di Albenga (Sv), trattando della disinfestazione dei suoli destinati all’impianto di fragola.
«A livello mondiale sono state identificate oltre 350 specie fungine patogene della fragola, delle quali poco più di 140 sono presenti in Europa e dannose sulla porzione ipogea e su quella epigea della pianta. La coltivazione della fragola può essere compromessa in primo luogo da avversità telluriche, fitoparassiti e fitopatogeni che hanno nel terreno agrario l’ambiente principale di sviluppo e moltiplicazione, infezione e persistenza, e i cui danni si manifestano essenzialmente a carico delle porzioni ipogee della coltura».
Quadro fitosanitario
Ma il quadro fitosanitario dell’ortofrutta, e quindi anche della fragola, è in piena evoluzione, ha aggiunto Minuto, «per diverse motivazioni: 1. l’intensificazione degli scambi commerciali e degli spostamenti delle persone, che ha consentito l’arrivo di parassiti quali, solo per citare alcuni esempi, la cimice asiatica (Halyomorpha halys), il virus dell’accartocciamento fogliare dello zucchino (Tomato leaf curl New Delhi virus – ToLCNDV), ecc.; 2. l’introduzione di specie coltivate da origini molto diversificate e l’addomesticazione di specie spontanee (come i portainnesti di specie orticole vegetali); 3. la modifica/innovazione delle tecniche colturali (come il passaggio al fuori suolo); 4. la riduzione della disponibilità di mezzi tecnici di difesa (stabiliti dal Reg. CE 1107/2009), che sta favorendo la recrudescenza di vecchi e nuovi patogeni; 5. le modificazioni del clima, che hanno favorito lo sviluppo di patogeni fra cui agenti di mal bianco, Sclerotium rolfsii, Macrophomina phaseolina, Pythium aphanidermathum e altri ancora».
Numerosi sono, in particolare, i patogeni tellurici emergenti della fragola, ha sottolineato Minuto. La diffusione di alcuni avviene mediante il materiale propagativo ed è favorita dall’assenza di strategie eradicanti, come per: agenti di tracheomicosi (Verticillium sp.); Colletotrichum acutatum; Macrophomina phaseolina attualmente diffusa su fragola in California, Spagna, Israele e recentemente rinvenuta in Italia, anche nel Metapontino, su colture fuori suolo e su colture in suolo. Tale patogeno è in grado di diffondersi con materiale propagativo asintomatico, in grado di causare danni in fase di fruttificazione (30-50% di incidenza di attacco). Altri patogeni tellurici si diffondono per conservazione dell’inoculo, grazie all’aumentata disponibilità di ospiti secondari, come Sclerotium rolfsii e, nuovamente, M. phaseolina, la cui presenza è stata rinvenuta anche su cucurbitacee; per Verticillium sp. è stata dimostrata in California la conservazione dell’inoculo in particolare su colture di lattuga. Infine la diffusione di tali patogeni tellurici viene favorita da cambiamenti climatici, come per S. rolfsii, polifago e termotollerante».
Minuto ha evidenziato, in particolare, la pericolosità di M. phaseolina, agente del marciume carbonioso dell’apparato radicale della fragola. «Identificata per la prima volta nel 2007 in Florida e quindi rinvenuta nel 2008 in California, è nota però almeno dagli anni ’80 in Egitto. È un patogeno tellurico polifago, termotollerante, capace di infettare e rimanere asintomatico a temperature del terreno inferiori a 20°C, ma capace di esplosioni epidemiche nei periodi più caldi dell’anno. In genere le infezioni sulle colture si osservano a partire dalle aree più esposte al caldo. In Israele e in California il suo rinvenimento è stato legato alla riduzione dell’impiego di sistemi di geodisinfestazione. In Italia è stata rinvenuta anche su colture allevate in fuori suolo, dove è evidente il ruolo del materiale propagativo asintomatico».
La difesa
Per la disinfestazione del terreno da coltivare a fragola i classici mezzi di lotta sono quelli chimici (fumiganti, non fumiganti), fisici, biologici, genetici, agronomici e altri non convenzionali.
«Tuttavia esistono attualmente diverse limitazioni all’impiego dei mezzi chimici, che dipendono da più fattori: 1. gli aspetti registrativi disposti dal Reg. CE 1107/2009 relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari: la coltura, l’ambiente (pieno campo, coltura protetta), la modalità applicativa (la direttiva 2009/127/CE modifica la direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine per l’applicazione dei prodotti fitosanitari), l’uso professionale; 2. la preoccupazione da parte dell’Ue soprattutto sugli effetti “non target”, secondo la direttiva 2009/128/CE (Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari), che rende necessario, ad esempio, fornire evidenze circa il rischio di contaminazione delle acque superficiali e sottosuperficiali, il rischio di esposizione degli operatori, degli astanti e dei residenti; 3. gli aspetti residuali (Reg. CE 1107/2009), oggi particolarmente concentrati sulla verifica della presenza di metaboliti e impurezze».
Fumiganti
Ma quali mezzi chimici sono attualmente davvero disponibili per la disinfestazione dei suoli agricoli coltivabili a fragola? «Tra i fumiganti dazomet, metam-potassio e metam-sodio, cloropicrina e 1,3 dicloropropene, questi ultimi due utilizzabili grazie ad autorizzazioni eccezionali della durata di 120 giorni accordate ogni anno dal Ministero della Salute (vedi box). Sono inoltre disponibili anche altre sostanze non fumiganti autorizzate dal Ministero della Salute, la cui efficacia può spesso essere frustrata dallo stato sanitario del suolo ove possono essere applicate, ma comunque sempre in fase di post-trapianto».
Mezzi bio
Fortunatamente sono comunque disponibili metodi di lotta non chimici, ha aggiunto Minuto, e fra questi vale la pena ricordare i mezzi biologici, come Paecilomyces lilacinus ceppo 251, autorizzato ai sensi del Reg. CE 1107/2009 (91/414/CEE) (iscrizione in All. I Fino al 31/07/2018), e prodotti di derivazione naturale, come l’azadiractina, limonoide ad azione nematostatica, da utilizzare in pre-impianto e in copertura, autorizzato ai sensi del Reg. CE 1107/2009 (91/414/CEE) (iscrizione in All. I fino al 31/05/2021), oppure l’estratto di aglio, autorizzato ai sensi del Reg. CE 1107/2009 (91/414/CEE) (iscrizione in All. I fino al 31/08/2020), ma non ancora ammesso su fragola.
«Fra i metodi di lotta non chimici occorre altresì considerare i mezzi fisici, come il vapore, che presenta limiti tecnici (tempi di applicazione molto lunghi, economici (costi elevati legati sia ai combustibili sia alle attrezzature) e ambientali (produzione di CO2 per l’impiego diretto di combustibili di origine fossile), e la solarizzazione, che richiede la copertura del terreno, lavorato in condizioni di capacità idrica di campo, per almeno 6-8 settimane con un film che permetta la massima trasmittanza dell’energia solare. Fra i mezzi agronomici esistono le rotazioni, di fatto non proponibili perché impediscono di massimizzare, dal punto di vista economico, l’impiego di strutture e impianti, soprattutto nelle colture protette. Infine bisogna ricordare i mezzi genetici, cioè il ricorso al miglioramento genetico finalizzato alla modifica di: epoca di maturazione, pezzatura e consistenza del frutto, qualità organolettica, resistenza alle alterazioni parassitarie».
Solarizzazione
Il successo delle sostanze fumiganti, dovuto alla facilità di uso (grazie anche al ricorso a terzisti specializzati), al contenimento dei tempi operativi, alla riduzione della densità di inoculo delle popolazioni di patogeni tellurici e al contenimento di patogeni minori e di patogeni/parassiti/infestanti “non target” del trattamento (come le erbe infestanti), ha concluso Minuto, «non deve tuttavia distogliere dall’individuare valide alternative, anche perché, ad esempio, per alcuni fumiganti è in vigore ormai l’obbligo di impiegarli solo una volta ogni tre anni sullo stesso campo. Efficace è la solarizzazione, adottabile anche in combinazione con applicazioni di fumiganti via “drip irrigation” e utile per contrastare il fenomeno dell’accelerata degradazione delle molecole fumiganti. Poi la coltivazione fuori suolo, che implica lo stravolgimento della tecnica e delle strutture produttive, ma rende più facile l’adozione di sistemi monocolturali anche estremi (occorre tuttavia fare attenzione a patogeni minori favoriti da microflora povera). Valido è anche il ricorso a mezzi di lotta biologici, in grado di adattarsi alla produzione di materiale propagativo “pre-trattato”. Ricordo, infine, l’introduzione di sistemi non chimici non convenzionali, come la disinfezione del suolo mediante anaerobiosi, in corso di perfezionamento da parte di CBC Biogard».
Fragola, la disinfestazione dei suoli
Le problematiche e le soluzioni, con riferimento alle strategie di lotta discusse in un convegno a Policoro (Mt)