L’Asparago violetto di Albenga è una delle eccellenze agroalimentari italiane, fiore all’occhiello della produzione nella piana albenganese. Si caratterizza per il colore viola intenso che gradatamente sfuma scendendo verso la base ed è una varietà unica al mondo.
La raccolta dell'Asparago violetto di Albenga inizia a marzo e si prolunga fino agli ultimi giorni di giugno. Da qui nasce l’appellativo locale di “verdura dei santi”, in quanto le date di inizio e conclusione della raccolta sono ricordate nei giorni di celebrazione di santi importanti per la tradizione locale. Si inizia il 19 marzo, giorno dedicato a san Giuseppe, e si finisce il 24 giugno, data in cui si ricorda san Giovanni Battista. Tuttavia, se la produzione avviene in terreni riscaldati la raccolta può già partire a dicembre e arrivare fino ad aprile.
Coinvolti agricoltori, trasformatori e ristoratori
Recentemente la Cia Savona ha lanciato un nuovo progetto che riunisce i produttori e i ristoratori, con l’obiettivo di creare una filiera dell’Asparago violetto di Albenga. Grazie alla collaborazione con l’ente di formazione Cipa.At, la confederazione savonese è pronta a presentare la nuova iniziativa che vuole valorizzare, diffondere e rilanciare il principe dei prodotti identitari del territorio ingauno.
Il progetto di filiera ha ottenuto un finanziamento dal Psr regionale, motivato dalla sua peculiarità e dal suo rilievo per l’agricoltura ligure.
Si prevede un gruppo di cooperazione tra gli storici produttori dell'Asparago violetto di Albenga e i ristoratori di qualità della riviera ligure. Gli obiettivi sono la comunicazione delle caratteristiche del prodotto, lo studio delle forme più idonee di protezione territoriale dalla contraffazione, l'esecuzione di analisi sul dna per farne la marcatura del patrimonio genetico e l'individuazione di un comune packaging di riconoscimento.
Un progetto ambizioso e di sistema nel settore agricolo, che mette assieme produttori e ristoratori nel nome del brand dell’Asparago violetto di Albenga. «Riuscire a unire i coltivatori e i ristoratori permetterà una valorizzazione e promozione più incisiva ed efficace» ha sottolineato il presidente provinciale Cia Mirco Mastroianni.
L'intervista al coordinatore del progetto
Luca Lanzalaco, agrotecnico, agricoltore e produttore di asparago, oltre che membro della giunta Cia Savona, è il coordinatore delle attività progettuali della nuova filiera dell’Asparago violetto d’Albenga. Ha dichiarato: «Come Cia Savona, siamo molto soddisfatti di aver avviato e progettato questa nuova filiera. L'Asparago violetto rappresenta un patrimonio enorme per il nostro territorio, non solo da un punto di vista produttivo e di commercializzazione, ma anche sotto il profilo culinario e storico».
Come è nata l’idea di realizzare una filiera sull’Asparago violetto?
«La realizzazione della filiera dell’Asparago violetto – ha aggiunto il coordinatore – è la naturale conclusione del percorso che da decenni gli asparagicultori di Albenga, facenti parte del presidio Slow Food, hanno intrapreso. La coltivazione dell’asparago è un vero è proprio viaggio che tutti noi svolgiamo trovando spesso ostacoli di ogni genere. Ma fare un viaggio in buona compagnia è decisamente meglio che da soli…».
«Oggi più che mai è necessario fare rete e mettere insieme le capacità di ognuno per superare le difficoltà e raggiungere i propri obiettivi professionali e sociali» ha proseguito. «La filiera dell’Asparago violetto può essere un esempio tangibile di come, unendosi tra imprenditori di vari settori, si possa fare qualcosa di buono per il territorio. Gli agricoltori hanno un prodotto di vera eccellenza, i ristoratori possono essere il veicolo ideale come richiamo del turismo agroalimentare. E i laboratori di trasformazione sono quelli che devono declinare il prodotto fresco per farlo apprezzare in ogni sua forma».
Si è creato un primo gruppo di cooperazione. Com'è stato il lavoro in questi primi mesi?
«Questi mesi sono stati principalmente dedicati a quello che è il lavoro di progettazione e di tessitura della rete. Come spesso accade, è stata l’occasione per conoscersi meglio, confrontarsi, scontrarsi e arrivare a conclusioni oggettive e utilissime. Soprattuto è stata l’occasione per stringere nuovi contatti e rendersi conto di quanto siano interessanti realtà diversissime con le quali si condividono numerosissimi punti di vista. Parlo del laboratorio di genetica di Trieste e del dottor Cavazzoni, che è un concentrato di simpatia e di cultura mitteleuropea, e ci ha aperto gli occhi su moltissimi aspetti. Penso che codificando il dna dell’Asparago violetto ha forse codificato anche un pò lo spirito albenganese…».
Chi sono i trasformatori e perché è importante unire produttori e ristoratori?
«I trasformatori sono quelli che realizzano un prodotto lavorato, che si tratti di una semplice crema all’asparago oppure di prodotti più elaborati, come pasta fresca ripiena o torte di verdure. Sono coloro che hanno la possibilità di dimostrare la spiccata versatilità dell’Asparago violetto in cucina. Sono quelli che dimostrano che è possibile realizzare una cena tutta a base di asparago, dall’antipasto fino al dolce».
«Unire buoni produttori e bravi cuochi ( e non dico chef di proposito) è come unire nitro e glicerina. I programmi di cucina, tanto di moda di questi tempi, hanno insegnato più di tutto una cosa: con buoni ingredienti escono ottimi piatti. Ecco perché i ristoranti hanno un ruolo essenziale nel diventare veicoli dei prodotti del territorio e da fare da anello di congiunzione tra turismo e produzioni locali».
Quali sono gli obiettivi e le possibilità di sviluppo della filiera produttiva?
«L’obiettivo principale è quello di far aumentare la produzione dell’asparago e di chi lo consuma. E di creare un sistema virtuoso in cui il prodotto buono, pulito e giusto (mantra di Slow food) diventi ambasciatore di un intero territorio».
«Quello che maggiormente differenzia Albenga ed entroterra è proprio l’asparago, che ha rischiato anche l’estinzione. Oggi siamo in pochi irriducibili che teniamo duro e che crediamo fortemente in questo prodotto davvero unico e speciale. Vogliamo che il resto del territorio si riappropri di quello che è a tutti gli effetti l’ortaggio più importante e singolare che il comprensorio albenganese possiede».
«Attualmente siamo quattro aziende iscritte al presidio Slow Food e alla Cia provinciale. Abbiamo già trovato diverse aziende che hanno sposato la nostra causa e che hanno espresso la volontà di impegnarsi seguendo un rigido disciplinare produttivo. Nello stesso tempo, i ristoratori che da anni comprano il prodotto da noi hanno voluto sostenerci affiancandoci nel progetto. E molti altri hanno già dato la loro disponibilità per far parte a pieno titolo nella nuova filiera».
«Ugualmente, due importanti laboratori di trasformazione sono già nel gruppo di cooperazione e non è escluso che ne aderiscano a breve altri. Insomma, un processo di unione e di rete che sta proseguendo con successo, nel nome dell’Asparago violetto».