Economia circolare, serre ipertecnologiche, produzione sostenibile. Questi i temi trattati martedì 22 febbraio nell’ultima edizione di Floriade Dialogues, nel padiglione Olandese all’Expo di Dubai.
Risorse necessarie
Sono vari i fattori che stanno guidando l’umanità da un’economia lineare verso un’economia circolare, fa notare Alexander Boedijn, ricercatore dell’università di Wageningen. A cominciare dall’esaurimento delle risorse naturali, la presa di coscienza dell’impatto ambientale delle miniere e del trasporto di materie prime, e della nostra influenza sul clima e sugli ecosistemi.
Nel caso dell’orticoltura in serra, questi sono alcuni dei materiali di consumo: acqua, substrati, fertilizzanti, plastica, biomassa e prodotti per la pulizia delle piante.
Siamo dipendenti dalle risorse primarie in questo settore. «Forse non è immediatamente comprensibile» prosegue Boedijn mostrando l’immagine di una miniera di fosfato in Marocco «ma mangiare un pomodoro è anche collegato a questa immagine».
Il fosfato, il potassio e il gas naturale sono, infatti, necessari per la produzione dei fertilizzanti usati in serra. Lo stesso vale per il basalto, utilizzato per la produzione del substrato, sostituto del terreno. Ad essere sfruttati sono anche la torba, il petrolio, utilizzato per la plastica, e le acque sotterranee.
Economia circolare e locale
«L’obiettivo è quello di spostarsi da queste filiere naturali, dove prendiamo risorse dalla terra verso una scala circolare e più locale, in cui vengono riutilizzati i prodotti di scarto, magari in altri settori».
Lo studio portato avanti da Boedijn e i suoi colleghi riguarda la quantità di risorse in entrata e di prodotti in uscita dalla produzione di pomodori, rose e orchidee in serra. L’obiettivo è comprendere quali materiali si potrebbero recuperare, ma anche come si mischiano tra loro e le sfide per recuperare queste risorse.
C’è già molta innovazione in corso nel settore: l’acqua piovana e i fertilizzanti aggiunti sono altamente riutilizzati nelle serre, per ridurre il loro consumo e minimizzare lo scarico di queste sostanze e di prodotti fitosanitari nell’ambiente. «Questa è una pratica comune in Olanda ma non in altri paesi» sostiene il ricercatore. «C’è ancora molto lavoro da fare per diffondere queste conoscenze».
Dei buoni esempi già ci sono. Nel 2021 un’azienda olandese, la Van Iperen, ha sintetizzato un fertilizzante di nitrato di alta qualità a base di letame, volto a chiudere il ciclo dei nutrienti. Ma ci sono anche esempi di new business models, come quello delle “orchidee circolari”. È un’iniziativa di alcune aziende che permettono ai clienti di riportare le orchidee in serra, in condizioni ottimali di crescita, quando queste non fioriscono più in casa. Questo consente di utilizzare meno risorse rispetto a quelle usate per la crescita di una nuova orchidea.
L’importanza della luce
La direttrice dello sviluppo aziendale per l'orticoltura e le soluzioni a Led della Philips, Sylvia Xu, promuove l’orticoltura high tech per aumentare la produzione di cibo a livello regionale in modo sostenibile.
Come fa notare la dott.ssa Xu, nonostante la superficie ridotta, l’Olanda possiede la maggiore estensione di serre high tech al mondo, con 6mila ha, seguita da Nord America e Russia. Il mercato di esportazione per le serre olandesi è valso più di 100 milioni nel 2020.
Ma le dimensioni non sono tutto, secondo Xu. Il successo delle serre olandesi è dovuto anche a coltivatori innovativi, al lavoro svolto dalle università come quella di Wageningen. Ma anche all’efficiente network tra agricoltori, costruttori di serre e rivenditori.
Bisogna guardare al futuro: «la popolazione cinese continuerà ad aumentare» fa notare la rappresentante della Philips «e con essa aumenterà non solo il consumo di cibo, ma anche gli standard di vita. E questo significa più CO2 prodotta». Per fronteggiare questo problema bisogna pensare alla sostenibilità e limitare l’utilizzo delle risorse.
Mediante alcune immagini l’ospite cinese mostra i risultati sperimentali ottenuti attraverso l’inter-lighting. La pratica consiste nel posizionamento di impianti lineari di luci Led tra le piante in serra. La resa risulta incrementata. Inoltre, questa tecnica permette di aumentare la densità di piante per m2 e di anticipare la raccolta.
Anche i valori nutrizionali cambiano. In uno studio portato avanti dall’università di Wageningen, infatti, si evince che pomodori coltivati con questa pratica presentano una concentrazione di vitamina C maggiore a quelli cresciuti in condizioni di luci standard.
Tecnologia e incremento della resa
Il Professor Leo Marcelis, direttore del reparto di orticoltura e fisiologia del prodotto dell’università di Wageningen, fa notare come la produzione in serra di alcuni degli ortaggi più consumati sia radicalmente aumentata negli ultimi decenni, addirittura raddoppiata nel caso del pomodoro.
Il professore dell’università olandese si è dapprima soffermato sull’utilizzo della luce naturale, sostenibile per definizione, valorizzando la luce diffusa. Questa, creata con materiali leggermente offuscanti, evita stress luminosi alle piante e si distribuisce meglio nello spazio, incrementando, così, anche la resa per pianta.
In seguito, Marcelis ha esposto le nuove possibilità date dalla luce Led. Questa è più efficiente della Hps in termini energetici, ha una minore trasmissione di calore, può essere posizionata e direzionata a piacimento e può essere regolata su diversi spettri. E quindi su diversi colori.
«Il prossimo passo è l’agricoltura verticale, anche negli edifici » prosegue Marcelis. In questo modo c’è un pieno controllo del processo produttivo. Inoltre, l’uso del suolo è molto limitato e la produzione può avvenire ovunque, anche vicino alle città.
È già in corso il lavoro di ricerca di nuove cultivar più adatte al vertical farming, magari più piccole, con un apparato radicale più ridotto e un rapporto frutto/foglia maggiore, con frutti di qualità e dall’alto valore nutrizionale.
Esportare le conoscenze
«Il graduale spostamento verso una dieta più a base vegetale sarà essenziale in futuro» afferma Dirk Aleven, amministratore delegato della FoodVentures, azienda olandese esperta in serre high tech.
Comparando l’agricoltura tradizionale in pieno campo a quella di serra high tech, il rappresentante dell’azienda all’avanguardia parla dei vantaggi della seconda, tra i quali il risparmiamo di acqua e fertilizzanti, e la produzione più vicina al luogo di consumo.
Aleven sostiene che esportare la tecnologia delle serre Olandesi negli altri paesi non è sufficiente. «È come esportare una ferrari senza pilota. C’è bisogno di una guida, di istituti di formazione, di tecnici per la manutenzione. Senza il dovuto supporto le serre non possono esprimere tutto il loro potenziale».
La Cina è un perfetto esempio di questa situazione. C’è un grande interesse in prodotti di qualità, il cui luogo di produzione non sia lontano dal luogo di consumo, ma mancano le infrastrutture. Da questa necessità è nata Vita Bite, azienda con sede a Shangai. Si tratta di produttori locali, vicini alla città, con prodotti ecologici e salutari, e sono tra i primi ad assicurarsi di non usare nessun imballaggio di plastica.
Sviluppare un business simile in Cina è più difficile che farlo in Olanda, prosegue Aleven, perché bisogna preoccuparsi di tutti gli aspetti del business, dalle forniture, alla manutenzione e infine la distribuzione; è un paese da poco affacciatosi in questo mercato. «Ma il movimento dei consumatori, il loro interesse per prodotti sani, di qualità e che siano stati prodotti vicino a loro, è fonte di ispirazione».
La sfida
La sfida è quella di nutrire un mondo sempre più popolato, con standard di vita sempre più alti, cercando di utilizzare meno risorse.
La divulgazione di conoscenze innovative e la collaborazione tra i vari paesi sono ingredienti importanti per riuscire a raggiungere questo obiettivo