Sicilia, in viaggio tra le serre della fascia trasformata

fascia trasformata Sicilia
Pomodori a Vittoria (foto di Francesca Campailla)
Nella zona di Vittoria, in Sicilia, l’orticoltura protetta occupa 4mila ettari, prevalentemente coltivati a pomodoro. È un territorio molto vocato, che offre tanti prodotti di qualità. Ma c’è ancora del potenziale di crescita

Nella fascia trasformata, in Sicilia, chilometri di serre forniscono primizie di ortaggi in qualsiasi periodo dell’anno. Dai pomodori alle zucchine, dalle melanzane ai cetrioli. Siamo nel Ragusano, qui il settore agricolo più rilevante è proprio quello delle serre. Queste strutture susseguono su suoli per lo più sabbiosi, da Vittoria sino a Pozzallo, toccando Ispica, la zona tra Donnalucata e Scicli, nonché la costa tra Punta Secca e Santa Croce Camerina e quella tra Marina di Acate e Acate.

Sicilia, i numeri della fascia trasformata

Negli anni le superfici investite a ortaggi in ambiente protetto hanno registrato degli incrementi in Sicilia; la fascia trasformata ne ospita circa 4mila (su 9mila totali). Seconda in termini produttivi solo alla Spagna, la zona del Ragusano nel 2019 ha registrato una produzione di primizie pari a 188mila tonnellate (dati Istat). In primo piano c’è il pomodoro (120mila tonnellate raccolte), che rappresenta più del 50% della produzione. Segue lo zucchino, i cui quantitativi negli ultimi tre anni sono cresciuti molto, arrivando alle 38mila tonnellate. In coda, peperone e melanzana (entrambi 15mila tonnellate raccolte).

Sicilia fascia trasformata
Serre nel Ragusano (foto di Totò Clemenza)

La fascia trasformata, dunque, è il cuore di un sistema economico che conta numerose imprese, per lo più di medie e grosse dimensioni. «Le piccole aziende restano ancora sul mercato – ci conferma l’agronomo Pippo Re – ma molte stanno chiudendo i battenti e sono indebitate. Si stanno facendo strada sempre più le grosse imprese, che riescono comunque ad avere la forza per superare le difficoltà del momento».

Gusto e ambiente

Una caratteristica delle produzioni in serra di Vittoria e dintorni è l’esclusività del gusto, che risente inevitabilmente delle condizioni pedoclimatiche della zona. L’elevata incidenza delle radiazioni solari, ad esempio. Ma anche la salinità dell’acqua, che nella zona di Vittoria si mantiene sui 5.0000 μS/cm2 di conducibilità elettrica, contribuisce alla sapidità al pomodoro (mentre in altre zone viene abbassata un po’con le acque piovane). Poi ci sono la granulometria del terreno e le miti temperature medie dell’anno. Sono tutti fattori che incidono sulla qualità e soprattutto sul gusto dei prodotti agricoli.

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Negli ultimi 20 anni le serre siciliane sono passate da strutture in legno e al metallo (foto di Totò Clemenza

pomodoro siciliano

«I suoli – spiega Pippo Re – sono soprattutto dunali, sterili e rappresentano un ottimo supporto: una sorta di fuori suolo naturale. Sabbiosi soprattutto nella zona di Vittoria, con presenza di terre rosse, mentre nella zona di Scicli di medio impasto. Nel complesso possiamo dire che la vocazione pedoclimatica per l’orticoltura è stata un fattore di successo, un consistente vantaggio competitivo per l’intera Sicilia e per la fascia trasformata in particolare, consentendo a queste produzioni di essere presenti sui mercati con un calendario stagionale molto esteso».

Una storia di cambiamenti

L’orticoltura protetta, dalla sua nascita risalente ai primi anni ’60 sino ai giorni nostri, si è contraddistinta per i rapidissimi incrementi di superficie e produzioni. Basti pensare che la superficie media aziendale è passata dai 0,82 ettari del censimento del 2000 ai 2,16 ettari del 2010 (di cui 2,25 ettari per le ortive in piena aria e 1,71 ettari per le colture protette).

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Il pomodoro coltivato a Vittoria è per il 65% ciliegino, per il 20% grappolo rosso e 10% miniplum (foto di Francesca Campailla)

L’introduzione di film plastici per la copertura delle colture fu l’elemento più importante della sua diffusione, grazie alla flessibilità e leggerezza delle coperture che consentivano di realizzare strutture sì artigianali ma molto efficienti per la produzione degli ortaggi in ambienti mediterranei. Lo sviluppo della coltivazione avvenne in maniera molto repentina nell’arco del quinquennio 1960-65 e si è progressivamente rafforzata nel corso degli anni ’70, fino alle soglie del nuovo millennio, tanto che già nel 2000 in Sicilia insistevano quasi 9mila ettari coperti da serre.

Sistemi di coltivazione

Fondamentale negli anni è stata l’adozione di tecniche di coltivazione innovative, che ha comportato una graduale trasformazione del settore. Si è assistito al progressivo abbandono dei tradizionali metodi colturali, alla base della stanchezza dei terreni, e all’utilizzo di metodi quali il fuori suolo in ambiente protetto (circa mille ettari solo nel territorio ragusano).

Pippo Re
Pippo Re, agronomo attivo nel Ragusano

Inoltre, si è registrato un incremento delle produzioni biologiche più rispettose dell’ambiente e della salute del consumatore. Nuove tecniche che hanno consentito inoltre l’aumento quantitativo della produzione, in media del 20-30%, l’anticipazione della maturazione di circa 10-15 giorni e di conseguenza una migliore programmazione dei calendari produttivi e di raccolta.

Le nuove tecnologie

Non solo nuovi sistemi produttivi, ma anche le moderne tecnologie sono state importanti per l’evoluzione della serricoltura, anche se ancora oggi non sono tanto diffuse. Gli impianti serricoli sono in genere realizzati con le tecniche tradizionali: la maggior parte sono strutture di legno–cemento e legno–legno. Gli impianti più moderni (profilato metallico e spioventi curvi dotati di ampie finestre), dotati di strutture per la modulazione ottimale dei parametri microclimatici secondo le esigenze biologiche e agronomiche delle colture, costituiscono circa il 30% del totale.

«Negli ultimi 20 anni si è passati dalla struttura in legno e paletti di cemento a serre con strutture metalliche, più alte e con volumi interni che permettono interventi mirati, consentendo trattamenti migliori perché si evita innanzitutto l’umidità» racconta il dott. Re. «Inoltre, le serre che ritroviamo nella Sicilia della fascia trasformata sono a basso impatto ambientale, in quanto non richiedono riscaldamenti in più (se non in casi eccezionali). E comunque sono pochissime le aziende dotate di generatori di aria calda. Oggi le due tipologie di serre, quella classica e quella moderna, continuano a coesistere!».

«Va anche aggiunto che ci sono realtà imprenditoriali in cui la tecnologia avanzata abbraccia l’uso di innovativi software, un po’ stile Olanda. È pur vero comunque che molte aziende hanno dovuto fare un passo indietro perché si sono rese conto che diventava antieconomico: il loro costo sarebbe stato giustificato solo se quantità di prodotto e prezzi di mercato fossero stati adeguati». 

Le criticità

Nonostante i prodotti siano di elevata qualità, il comparto dell’orticoltura in serra mostra alcuni elementi di debolezza. La difficoltà della gran parte dei produttori a orientare al marketing la propria impresa e le carenze di una valida struttura commerciale rimangono ancora oggi un forte ostacolo per lo sviluppo del settore. Le reti commerciali si basano per lo più sul sistema tradizionale del conferimento presso i locali mercati annonari (Vittoria e Scicli), mentre l’associazionismo si limita alla presenza di una decina di Organizzazioni di produttori di piccole dimensioni che intercettano soltanto una parte limitata della produzione. La maggior parte di questa viene ancora venduta sfusa e senza adeguato packaging, rinunciando al valore aggiunto del marchio e mancando di soddisfare le richieste dei mercati più remunerativi dai quali resta esclusa.

Inoltre, gli imprenditori sono sempre più chiamati a dover rispondere alle richieste di mercato e a una domanda controllata dalla gdo, che esige non solo determinate quantità di prodotto ma anche standard qualitativi elevati, con alto valore aggiunto (produzioni certificate, biologiche, ecc.) oltre alla tracciabilità di filiera. Non tutti sono preparati a ciò.

L'opinione di un produttore

Giuseppe Cilio, produttore di Vittoria
Giuseppe Cilio, produttore di Vittoria (foto di Francesca Campailla)

«La serricoltura sta vivendo dei momenti di difficoltà e penso che in parte sia dovuto al fatto che i giovani non stiano riuscendo a cambiare la vecchia mentalità commerciale» ci confida Giuseppe Cilio, produttore di Vittoria. «Io ho ereditato questo lavoro ma ho iniziato subito ad andare più in là. Mi sono posto la domanda del perché al Nord non acquistassero il nostro prodotto, preferendo quello straniero, soprattutto olandese e spagnolo. Ho trovato la risposta ai miei perché notando che questi Paesi erano molto più avanti di noi. Avevano capito che dovevano puntare sul packaging, sul marketing, sulla qualità. Nel mio piccolo ho iniziato a copiarli adattando la loro filosofia produttiva alla nostra realtà, cambiando le colture (il mercato predilige frutti piccoli, monouso, prodotti da consumare entro due-tre giorni)».

«Occorre quindi saper guardare a chi ha saputo fare più strada – prosegue Cilio – tenendo sempre in mente che oggi il consumatore pretende di più, vuole un prodotto che non sia solo buono ma anche confezionato bene ed evocativo del territorio di produzione. In questo, un packaging adeguato è di grande aiuto».

«Molti giovani vedono l’agricoltura come l’ultima spiaggia su cui puntare come lavoro. Il mio invito – conclude – è quello invece di puntare su questo settore. È un lavoro degno e coloro che lo hanno capito stanno avendo successo». A condividere questo pensiero, l’agronomo Pippo Re: «Oggi abbiamo delle vere risorse umane. Non sono più i contadini di un tempo: ci sono tanti laureati, più attenti all’ambiente e all’eticità della produzione. Nelle loro mani è il futuro della serricoltura».

Sicilia, in viaggio tra le serre della fascia trasformata - Ultima modifica: 2020-12-21T07:45:14+01:00 da Lucia Berti

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