Per conoscere la situazione della coltura del peperone in Italia incontriamo Andrea Campus, esperto e studioso da decenni di questa pregiata e prelibata coltura tradizionalmente coltivata nel nostro paese, al quale chiediamo quanti ettari di peperoni coltivati in coltura protetta si stimano e di che tipo sono.
«Sommando le singole tipologie, la fetta di coltivazione più grande è rappresentata dal tipo mezzo lungo chiamato Lamuyo di colore rosso con circa 800 ettari ed il giallo con circa 600 ettari. Corni, cornetti, friarelli, tribelli occupano una superficie inferiore a 700 ettari. La somma totale degli ettari di colture protette dedicate al peperone varia negli ultimi anni, dai 2100 ai circa 2500».
Tralasciando le dimensioni a livello nazionale, come si suddivide tale coltura a livello regionale?
«La Campania, nonostante sia una regione tradizionalmente vocata alla coltivazione del Peperone in coltura protetta, sono rimasti 250/300 ettari. In Italia la maggior parte degli ettari, oggi dedicati al peperone in coltura protetta, sono in Sicilia. Anche nel Lazio, la zona tra Latina e Fondi, come in Campania, le serre destinate al peperone sono diminuite moltissimo. Mantengono ancora delle dimensioni apprezzabili il Veneto ed il Piemonte grazie alle tipologie tradizionali. Se apriamo la visuale anche al pieno campo per le produzioni destinate all’industria, la Puglia e Metaponto in Basilicata, sono molto rappresentative a livello nazionale. In generale gli ettari di colture protette, destinate al peperone, sono sicuramente in diminuzione rispetto allo scorso decennio».
Sul peperone siamo stati superati dagli spagnoli. Il loro valore di mercato sia in estensione che in fatturato prodotto è 10 volte quello italiano.
Ad esempio, nella tipologia quadrata, che rappresenta la fetta di mercato più grande, si ha un trend di crescita nei consumi al centro nord Italia ma le forniture che arrivano sui nostri mercati sono suddivise tra il prodotto spagnolo in inverno e i peperoni prodotti in Olanda per l’estate.Un nuovo modo di mangiare il peperone è rappresentato dalla tipologia “tribelli” sia per il tradizionale consumo cotto sia e soprattutto sotto forma di “snack fresco” ma anche in questo caso, la produzione è quasi totalmente spagnola.
Per il momento l’Italia si difende con le nicchie di mercato rappresentate dai corni e cornetti, molto legati alla tradizione locale, che sono in costante crescita e dalla tipologia lunga a quattro lobi.
La Campania
Una zona tradizionalmente vocata alla produzione di Peperone in coltura protetta in Campania è quella che va dal Nord della provincia di Salerno fino alla provincia di Napoli, intorno alle falde del Vesuvio. Ci descrive la situazione Vincenzo Esposito di San Marzano sul Sarno, esperto che segue da oltre un decennio la produzione di peperone in questa zona.
«Il Peperone, nelle sue tante varianti di forme e colori tipiche di questo areale, è coltivato in vari comuni del comprensorio. Troviamo le maggiori produzioni tra Angri, Pagani, Scafati e San Marzano sul Sarno. Quest’ultimo comune molto famoso nel mondo per il classico pomodoro San Marzano. Nell’Agro Nocerino-Sarnese, come viene geograficamente denominato, la coltura del peperone è molto diffusa ed è un cardine dell’economia delle aziende agricole. L’estensione della superficie in questa zona supera centinaia di ettari ed è suddivisa in aziende di piccole dimensioni: dai 5000 ai 15.000 m2.Tra le tipologie più diffuse, troviamo il classico quattro punte a forma quadrata o di parallelepipedo che raggiunge una lunghezza di 20 cm. Altra tipologia è quella a forma di corno con una lunghezza che varia dai 15 ai 25 cm. Da considerare anche il “Peperone Nocerino” chiamato anche “Peperone Friariello”, sempre a punta, che raggiunge una lunghezza massima di 15 cm. Il suo nome indica l’utilizzo che se ne fa nella tradizionale cucina napoletana: fritto in padella. Un’ultima piccola fetta delle colture destinate al peperone la prende il “Peperoncino”, che a sua volta si divide tra il dolce ed il piccante. Grazie al clima temperato di questa zona e ai terreni “caldi”, le epoche di trapianto iniziano in serra da fine gennaio e continuano fino ad aprile, per poi passare al pieno campo. Negli ultimi 5 anni la superficie di terreno coltivato a Peperone è in aumento».
Tecnica
Il sesto d’impianto classico è di 110 cm tra le file, e di 40 cm sulla fila, con 4 o 6 file a serra. Indifferentemente dalla tipologia del peperone, quattro punte, friariello o peperoncino, la raccolta inizia nella prima settimana di giugno, per terminare a settembre, se l’azienda programma la coltivazione di lattuga, oppure si protrae con la raccolta fino a dicembre. In questo modo si raccoglie per circa 7 mesi. La produzione media, espressa in kg per pianta, può variare a secondo della durata della raccolta: dai 3 fino a superare i 10 kg.
Consociazione
Aiutati dal fertilissimo terreno di origine vulcanica si usa applicare la tecnica della “consociazione colturale” che consiste nel coltivare in contemporanea due specie trapiantate su diversi punti del baule. Le due colture hanno sempre periodi di raccolta diversi. Le prevalenti, che si consociano con il peperone, sono il fagiolino e la lattuga. La loro crescita bassa, ed il ciclo relativamente breve, fa sì che si rendano compatibili. Queste due specie si portano fino alla raccolta, liberando la pianta di peperone verso metà maggio. Ovviamente le consociazioni danneggiano fortemente la crescita della pianta di peperone perché comunque si sviluppa con meno spazio e poca luce a discapito della qualità e della quantità dei frutti raccolti.
Il mercato di destinazione del raccolto è prevalentemente la Grande distribuzione organizzata con circa 80%. Il resto tra i Mercati generali all’ingrosso e la vendita per il consumo locale.
Difesa
Per la difesa del Peperone, in particolare da insetti ed acari, in questo areale si è affermata da tempo la tecnica della “lotta integrata” grazie all’ausilio del Controllo biologico con ausiliari utili. L’Agro nocerino-sarnese, è stata una delle zone di produzione in Campania, dove si è incominciato molto presto a sperimentare e mettere a punto la loro distribuzione. Le prime esperienze risalgono alla fine degli anni ’90.
Esposito continua dicendo: «Per approfondire meglio, ed in concreto queste tecniche, analizziamo l’operato e l’esempio di due aziende rappresentative di questa zona. La prima azienda che si è affidata agli insetti ed acari utili per la difesa del peperone, agli inizi del nuovo millennio, è stata l’azienda Marco Chiavazzo a Scafati (Sa). La seconda ha iniziato i lanci di insetti utili nel 2017. Stiamo parlando dell’azienda di Franco Giacomaniello, la moglie Teresa ed i figli Aniello e Raffaele che hanno avuto risultati produttivi eccellenti».
Seppur i terreni siano ancora fertilissimi, a causa del continuo utilizzo di prodotti e tecniche da coltura intensiva convenzionale, si sono impoveriti di flora microbica, selezionandosi patogeni tellurici molto temibili, come la Phytophthora capsici ed il Verticillium spp. oppure i dannosissimi nematodi galligeni, problema sempre più sentito. La strada più corretta che si è palesata per continuare a coltivare è stata quella del tentativo di riequilibrare con la distribuzione di organismi utili ciò che con una sciagurata gestione era stato distrutto.
Quindi si inoculano, tra gli altri, in pre e post trapianto batteri, come lo Streptomyces griseovirides, per la difesa dalla fitoftora, e funghi simbiotici, come le micorrize Glomus intraradices.
Fitofagi
I due pericoli maggiori per le piante ed i frutti del Peperone sono rappresentati dal tripide, la Frankliniella occidentalis, e dal ragnetto rosso degli ortaggi, il Tetranychus urticae.
Per il controllo del tripide ci si basa sull’organismo più affidabile degli ultimi 20 anni: Orius laevigatus. La distribuzione inizia quando la pianta ha già una buona vegetazione, circa 30 centimetri di altezza, ed una abbondante fioritura. I numeri che si raggiungono variano dai 2 ai 4 individui per metro quadrato. Questa differenza è dovuta dalla pressione del tripide al momento del lancio e dalle condizioni climatiche in serra.
Il risultato è sicuro, costante e persistente nel tempo. Nello stesso periodo si distribuisce anche il fitoseide predatore Phytoseiulus persimilis per il controllo del ragnetto rosso.
La distribuzione è fatta con molta attenzione: ben diffusa per agevolare la colonizzazione ed il controllo. Si distribuiscono fino a 10 individui a metro quadrato. Nel corso della coltivazione s’interviene con nuove distribuzioni nel caso di re infestazioni.
Oltre a questi due temibilissimi nemici dei nostri peperoni, ce ne sono altri che, seppur meno diffusi, quando colonizzano le piante, non sono meno dannosi, ad iniziare dagli afidi. Due specie molto diffuse sono il Macrosiphum euphorbiae e l’Aphis gossypii. Per il loro controllo ci si affida al predatore Chrysoperla carnea ed al parassitoide Aphidius colemani.
I lanci dei parassitoidi si effettuano diffondendoli omogeneamente in serra. La C. carnea, invece, si deve distribuire prevalentemente dove si stanno sviluppando le colonie di afidi per facilitarne il controllo e la colonizzazione. In presenza di afidi si deve fare molta attenzione alle formiche, loro fantastiche alleate.
La cocciniglia cotonosa, il Planococcus spp, sta diventando sempre più diffusa anche su ortaggi. Dallo scorso anno, infatti, abbiamo dovuto iniziare una lotta specifica per questo patogeno. Si usano due ausiliari: il Cryptolaemus montrouzieri e il parassitoide Anagyrus pseudococci. Anche in questo caso la distribuzione inizia dal mese di maggio con un numero di individui abbastanza basso a settimana ma continua per almeno due mesi.
Agrofarmaci selettivi
Quando si applicano gli ausiliari per il controllo biologico si deve fare massima attenzione nella scelta degli agrofarmaci per la difesa. Prevalentemente si devono usare prodotti totalmente selettivi agli organismi utili. Solo se non disponibili, si passa ad usare, sempre con molta attenzione, quelli che sono parzialmente selettivi o per caratteristiche chimiche del prodotto o per specifiche applicazioni o per diverso sito d’efficacia sulla pianta. Un classico esempio è il controllo dei nottuidi. Nel caso del peperone, in primavera ed in autunno, si fa il monitoraggio dei voli della Spodoptera littoralis con le trappole ai feromoni installate sia in serra sia fuori. Alle prime catture si iniziano i trattamenti con il Bacillus thuringiensis ed i Virus delle poliedrosi nucleare che sono efficaci e selettivi per gli organismi utili.
Altro esempio sono gli aleurodidi per il controllo del quale si liberano nell’ambiente i parassitoidi Eretmocerus eremicus che parassitizzano le neanidi di mosca bianca. Per completare il controllo degli adulti si possono utilizzare dei prodotti selettivi come la Beauveria bassiana ed i Polisaccaridi.
Il clima in serra
La gestione del clima in serra rappresenta un aspetto fondamentale di tutta la coltivazione. La struttura deve prevedere la possibilità di proteggere le piante dal freddo per i trapianti precoci, ma anche lasciare la possibilità di rinfrescare quando il clima diventa caldo ed afoso. Questa flessibilità serve a migliorare produzione, la difesa da insetti dannosi, funghi e batteri patogeni.
Ultimo aspetto importantissimo è l’impollinazione e la qualità dell’allegagione. I vantaggi di usare impollinatori nel peperone fa migliorare l’allegagione e determina l’aumento di semi all’interno dei frutti, questo significa peperone più uniforme, più grande e di conseguenza più pesante.
A parità di frutti allegati a pianta, si può ottenere un incremento del peso totale anche del 20%
Peperone, problemi e soluzioni innovative
L’esperienza di produttori campani nella tecnica di produzione e per la difesa dalle principali avversità