Utilizzando film plastici a effetto serra con un’adeguata trasmittanza ai raggi ultravioletti di tipo B (UV-B) per la coltivazione di lattughe lollo e di rucola è possibile aumentarne gli elementi nutrizionali (in particolare ottenendo un contenuto molto elevato di luteolina e di quercetina) rispetto alle stesse colture praticate sotto film plastici comuni, privi di tale “finestra” agli UV-B. Con il ricorso a specifiche coperture plastiche per serra è possibile, quindi, coltivare piante per produrre “medicine” naturali atte a soddisfare la domanda dei consumatori di alimenti naturali ricchi di sostanze nutraceutiche, fondamentali per la salute umana. Sono le conclusioni alle quali è pervenuta una ricerca condotta dal CNR-Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti (ISASI) di Pozzuoli (Pasquale Mormile e Massimo Rippa) e dal Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli (Alberto Ritieni e Giulia Graziani).
Nutraceutica
«I consumatori sono sempre più attenti a prodotti ricchi di sostanze nutraceutiche perché è maturata finalmente la consapevolezza che un’alimentazione sana e nutriente aiuterà concretamente ad aumentare le difese immunitarie naturali del corpo umano senza ricorrere necessariamente ai farmaci quando si sta male, bensì mangiando tutti i giorni “medicine” attraverso prodotti ortofrutticoli coltivati con nuovi criteri e materiali funzionalizzati – introduce Pasquale Mormile, ricercatore del CNR-ISASI –. Poiché l’attenzione dei consumatori si sta spostando sempre più sulla qualità e sui contenuti nutrizionali dei prodotti ortofrutticoli, l’agricoltura moderna, oltre ai compiti tradizionali, è chiamata a soddisfare, in scala sempre più massiccia, le richieste che la nutraceutica ha messo in primo piano per quanto riguarda l’agro-food, ricordate ampiamente durante l’Expo 2015 di Milano. Uno dei principali target delle produzioni agricole del futuro immediato è fornire prodotti ricchi di sostanze nutraceutiche, le quali, oltre a soddisfare le esigenze alimentari, offrono al consumatore la possibilità di utilizzare sostanze naturali, attraverso il solo consumo di ortofrutta ricca di “medicina”, per aumentare le difese immunitarie dell’organismo, proteggersi da malattie cardiovascolari e difendersi dall’insorgenza di neoplasie varie».
Le piante, in condizioni di normale attività vegetativa e di alimentazione adeguata (PAR + H2O + CO2), producono, grazie al processo di fotosintesi, i metaboliti primari (le molecole di glucosio), fondamentali per lo sviluppo, la crescita e la loro attività produttiva.
«Ma una pianta, quando viene attaccata da patogeni, di natura sia animale sia vegetale, per difendersi produce i metaboliti secondari, riducendo la produzione di quelli primari. Tali sostanze secondarie, a seconda dei casi, possono essere tossiche, urticanti, appiccicose, acide, repellenti, ecc., ma tutte vengono secrete per difendersi da insetti, funghi e altri agenti patogeni. Allo stesso modo l’impatto dei raggi UV-B, che fanno parte della radiazione solare, ha sulle piante un effetto molto particolare: stimola la produzione di metaboliti secondari, perché queste li percepiscono come un “nemico” da cui difendersi. Il processo fotochimico che regola l’interazione pianta-raggi UV-B, complesso ma noto da alcuni decenni, varia a seconda della tipologia delle piante irraggiate. Ma i metaboliti secondari prodotti attraverso l’effetto fotochimico indotto dai raggi UV-B sono sostanze altamente benefiche per la salute umana: antociani, licopeni, carotenoidi, flavonoidi e polifenoli, tutti composti antiossidanti fondamentali per la difesa da malattie cardio-vascolari e da alcuni tumori (principalmente del colon e della pelle) e oggetto di grande interesse scientifico per la nutraceutica. Studi recenti hanno dimostrato la possibilità di sfruttare la radiazione UV-B per indurre cambiamenti metabolici in frutta, verdura ed erbe. La letteratura scientifica internazionale recente è ricca di articoli che riportano i meccanismi di produzione di queste sostanze da parte della pianta, i benefici e i vari aspetti agronomici riscontrati su prodotti come pomodoro, fragole, insalate, frutta».
Blocco agli UV
In questo scenario, afferma Mormile, bisogna sottolineare che, mentre sul piano teorico la conoscenza sull’interazione pianta-raggi UV-B, con la relativa produzione di sostanze antiossidanti (metaboliti secondari) è ben consolidata, sul piano pratico non è stata riscontrata una significativa produzione di tali sostanze oppure lo è stata in misura assai esigua.
«La ragione è molto semplice. Con la crescita delle coltivazioni in ambiente protetto, gli effetti benefici della produzione di sostanze antiossidanti da parte delle piante si sono ridotti, o addirittura azzerati. Ciò accade perché i film plastici per la copertura delle serre bloccano largamente i raggi UV provenienti dal sole, in quanto per la loro produzione vengono impiegate, insieme con la materia prima (polietilene, EVA, ecc.), sostanze stabilizzanti in diverse formulazioni, dette appunto anti UV, in grado di proteggere le plastiche dai raggi UV che altrimenti, attraverso il processo di foto-ossidazione, invecchierebbero precocemente il telo plastico. In altre parole, gli additivi usati nel processo di produzione allungano la vita dei film plastici ma non fanno passare i raggi UV, bloccano completamente la radiazione UV (sia la parte A sia la parte B), e le piante non producono (o producono in minima parte) sostanze come antociani, licopeni e così via».
Innovazione
Ma, pur non utilizzando tali sostanze stabilizzanti nella realizzazione di un film plastico, la difficoltà tecnica, rileva Mormile, è legata alla giusta dose di radiazioni UV-B per ottimizzare la biosintesi dei metaboliti secondari senza influenzare il ciclo colturale in termini di tempi e di qualità e quantità di raccolto.
«Secondo prove pratiche di diversi studi sulla coltivazione delle insalate, una dose eccessiva di radiazioni UV-B crea un aumento dei metaboliti secondari nelle piante, però allunga il tempo di coltivazione e riduce la quantità del raccolto, esiti da evitare nella moderna agricoltura intensiva. Attualmente, però, il contributo dei raggi UV-B per indurre i metaboliti secondari delle piante è enfatizzato da nuovi film plastici che, in base alle loro proprietà ottiche, permettono il necessario dosaggio di UV-B trasmesso nella serra, per stimolare la produzione di tali metaboliti senza alterare la quantità e la qualità complessiva del prodotto raccolto. A tale riguardo, una ditta israeliana leader mondiale fra i produttori di film agricoli e presente in tutto il mondo con prodotti di altissima qualità, dopo un’attenta e rigorosa ricerca scientifica finalizzata, ha messo a punto due film plastici di copertura, denominati Sunsaver e Suntherm, con caratteristiche ottiche tali da far filtrare la giusta dose di raggi UV-B senza incidere minimamente sulla durata dei film stessi».
La giusta dose, ribadisce Mormile, in questo caso è importantissima «perché troppi raggi UV-B ritardano il ciclo colturale in media da 7 a 10 giorni, ma anche fino a due settimane, e diminuiscono la resa dei prodotti coltivati, fino al 30% in meno, mentre una bassa dose di UV-B produce sostanze nutraceutiche non significative ai fini della salute umana».
Le prove
Per valutare tali nuovi film sono state condotte prove su rucola coltivata su terreno in agro di Pontinia (Lt) presso l’Azienda agricola Pontinatura (41°25’44.2”N 13°09’50.7”E), dopo i primi riscontri qualitativi fatti sulla lollo rossa dove era stata registrata una colorazione più marcata delle foglie in presenza di una elevata intensità di radiazione UV-B.
«In questa prova abbiamo posto a confronto, in serra, due settori attigui nei quali è stata prodotta la lollo rossa nelle stesse condizioni per varietà, epoca di trapianto e protocollo colturale, con unica differenza la copertura: uno era coperto da un film plastico con una “finestra” in grado di trasmettere la giusta dose di radiazioni UV-B, l’altro, usato come riferimento, da un comune film plastico completamente opaco ai raggi UV. Abbiamo notato che nel settore in cui si apprezzava una colorazione decisamente più marcata, segno di un alto contenuto di polifenoli e antociani, il film di copertura era il Sunsaver, mentre nel settore a fianco, con colorazione standard e poco marcata, la serra era coperta da un film tradizionale, che bloccava totalmente i raggi UV».
Nella seconda prova, eseguita in “doppio cieco”, sono state fatte misure quali-quantitative delle varie sostanze nutraceutiche estratte sui campioni di rucola prelevati in serra. «La rucola è stata coltivata in due serre attigue ma coperte da film plastici con diverse proprietà ottiche. Da due campioni di rucola coltivata nelle serre attigue coperte con teli diversi abbiamo estratto le sostanze nutraceutiche (Tab. 1). Il campione A è stato coltivato in assenza di radiazione UV-B, mentre il campione B è stato coltivato sotto il telo con “finestra” alla radiazione UV-B, nella dose ideale. In particolare, nel campione B di rucola i valori di luteolina e quercetina hanno registrato quantità così elevate – osserva Mormile – da accostare questa ortiva, coltivata in determinate condizioni, a “medicina” con benefici eccezionali per la salute dell’uomo».
La luteolina
Infatti dai dati riportati in Tab. 1 si evidenzia uno straordinario aumento di luteolina (da 30 μg/g a oltre 983 μg/g) e quercetina (oltre il 100% in più), sostanze etichettate come “integratori alimentari” in vendita nelle farmacie, in alcuni supermarket o presso parafarmacie: la luteolina in capsule da 50 mg, la quercetina in capsule da 500 mg.
«Facendo qualche semplice calcolo viene fuori che 50 g di rucola equivalgono a 50 mg di luteolina, cioè a una capsula, e che la stessa quantità di rucola corrisponde a 200 mg di quercetina, cioè a mezza capsula. Questi risultati dimostrano che basta mangiare ogni giorno solo 50 g di rucola (dose presente in una insalata o su una pizza), coltivata in presenza della giusta dose di radiazione UV-B, per assumere l’equivalente di una capsula di luteolina e di mezza di quercetina!».
Sembra evidente, conclude Mormile, «che si sta aprendo un nuovo scenario nel comparto dell’agricoltura protetta, che potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione, dove l’agricoltore, semplicemente sfruttando al meglio la radiazione solare (componente UV-B), “coltiverà” medicina, offrendo agli attenti consumatori prodotti buoni e belli ma soprattutto carichi di sostanze nutraceutiche capaci di aumentare le difese immunitarie dell’uomo e combattere in modo naturale svariate patologie».