Il controllo biologico dei parassiti in serra si basa solitamente su rilasci periodici di nemici naturali (controllo biologico inoculativo) o sulla loro introduzione in gran numero (controllo biologico inondativo). Questi metodi prevedono generalmente l’uso di nemici naturali specialisti (monofagi). Ad esempio, il predatore Phytoseiulus persimilis, specifico nei confronti del ragnetto rosso (Tetranychus urticae).
Un nemico naturale specialista si adatta bene al proprio ospite e può risultare molto efficace. Tuttavia, la sua sopravvivenza è fortemente legata a quella della preda o dell’ospite specifico. Quando le popolazioni di questi ultimi diminuiscono, anche il nemico naturale comincia a scomparire. Un controllo biologico di questo tipo richiede di conseguenza un numero elevato di rilasci del nemico naturale, che rendono il metodo non economicamente sostenibile.
Predatori e parassitoidi
Oltre ai nemici naturali specialisti, si utilizzano predatori e parassitoidi generalisti. Questi possono persistere sulla coltura per più tempo anche in assenza del fitofago che controllano, perché possono utilizzare fonti di cibo alternative: altre specie di prede/ospiti, polline, nettare, linfa e funghi.
Un esempio di predatori generalisti è rappresentato dagli acari fitoseidi a regime alimentare misto, come Typhlodromus pyri, Kampimodromus aberrans e Amblyseius andersoni. Questi sono capaci di nutrirsi non solo di diversi acari Tetranichidi ed Eriofidi, ma anche di polline, nettare e miceli fungini.
La differenza tra serre e pieno campo
In pieno campo è possibile salvaguardare la presenza di nemici naturali generalisti attraverso diverse pratiche agronomiche, come la diminuzione degli sfalci o la presenza di siepi.
Le colture in serra, invece, sono carenti di risorse alimentari alternative che sostengano lo sviluppo dei nemici naturali introdotti. Il metodo banker plant cerca di far fronte a questi problemi, per garantire un controllo biologico in serra maggiormente sostenibile ed efficace nel lungo periodo.
Banker plant, di cosa si tratta
Il metodo banker plant, chiamato anche open rearing systems, è una strategia di controllo biologico applicabile in serra, costituita da tre elementi di base: piante secondarie, cibo alternativo e nemico naturale.
Il termine banker plant viene utilizzato per descrivere la componente vegetale del sistema. Il cibo alternativo può essere una preda, un ospite oppure altre sostanze alimentari aggiunte o prodotte dal banker plant. Il nemico naturale è l’organismo patogeno predatore o parassitoide rilasciato sulla banker plant.
Le prime indagini sul metodo banker plant risalgono al 1970, quando fu utilizzato il parassitoide Diaeretiella rapae su banker plant appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae per controllare Myzus persicae in serra e far fronte allo scarso insediamento all’interno della coltura del nemico naturale.
Il metodo banker plant è considerato una combinazione di strategie di controllo biologico aumentativo e conservativo, in quanto fornisce un habitat ottimale per i nemici naturali senza richiedere il loro frequente rilascio. Questi infatti potranno preventivamente riprodursi, aumentare di numero e diffondersi nella serra prima che la coltura sia invasa dal fitofago dannoso, garantendone la soppressione a lungo termine.
Piante e il cibo alternativo, quali scegliere
Il primo passo per sviluppare un sistema banker plant adatto a sostenere un particolare nemico naturale è identificare una specie vegetale e un cibo alternativo. La pianta secondaria che viene aggiunta in serra appartiene solitamente a una specie diversa rispetto alla pianta coltivata.
Le regole da seguire per la scelta della pianta che comporrà la strategia banker plant sono poche: la pianta non deve essere un ospite del parassita bersaglio e deve garantire il più possibile la proliferazione delle prede alternative aggiunte e del nemico naturale.
Tra le varie specie che rispondono a queste esigenze sarà poi possibile fare un ulteriore cernita a seconda delle necessità pratiche: facilità di coltivazione, manipolazione e manutenzione, adattabilità all’ambiente serra (tolleranza alle temperature e alla lunghezza del giorno), in modo da permettere il più efficace funzionamento del sistema.
Le piante monocotiledoni sono le specie generalmente più utilizzate (orzo, grano, mais, avena, ecc.), soprattutto per ospitare prede alternative di parassitoidi impiegati per il biocontrollo degli afidi. Per quanto riguarda il cibo alternativo, può essere fornito sotto forma di preda alternativa (privo di alcuna importanza agricola) o come cibo direttamente conferito dalla pianta secondaria (ad esempio polline o nettare).
Tempistiche e uso di fitofarmaci
Il passo finale nella gestione del sistema banker plant è la determinazione del momento opportuno di introduzione e la compatibilità del sistema con le altre misure impiegate per il controllo delle malattie delle piante. È bene che l’introduzione avvenga prima dell’infestazione dell’organismo nocivo bersaglio, in modo tale da consentire al sistema di stabilizzarsi e iniziare a produrre quando il livello di parassitizzazione è ancora basso e il biocontrollo è più facile da ottenere.
Per quanto riguarda l’integrazione del sistema banker plant con altre misure di controllo, ad esempio l’impiego di fitofarmaci, bisogna considerare la possibilità di contaminazione del cibo alternativo o di danneggiamento del nemico naturale. L’uso dei questi prodotti dovrebbe essere ridotto, o quanto meno si dovrebbero prediligere i principi attivi con l’effetto meno nocivo possibile sul sistema. In ogni caso, i sistemi banker plant dovrebbero essere progettati come unità mobili (ad esempio come colture in vaso), in modo tale che possano essere separati dalla coltura al momento dell’irrorazione.
Infine, sarà necessario sostituire le piante secondarie che compongono il sistema banker plant generalmente ogni 10-12 settimane, per avere piante sempre efficaci e vigorose.
Lo spettro d’azione
Il numero e le specie di parassiti controllati con il metodo banker plant sono ancora piuttosto limitati. Il principale gruppo di parassiti contrastabili sono gli afidi, le mosche bianche, i tripidi, gli acari e i lepidotteri minatori.
Il sistema più comunemente messo in pratica è costituito da monocotiledoni infestate da Rhopalosiphum padi, un ospite alternativo per il parassitoide Aphidius colemani, usato per il controllo biologico di M. persicae e Aphis gossypii. Così A. colemani può riprodursi sulle banker plant quando M. persicae ha una bassa densità di popolazione o è completamente assente.
Un altro esempio è quello del predatore Nesidiocoris tenuis, impiegato con successo nei programmi di controllo biologico nelle colture di pomodoro. Questo insetto controlla diversi fitofagi, tra cui la Tuta absoluta, utilizzando sistemi di banker plant basati sulla pianta secondaria Inula viscosa (Asteraceae) come ospite di
N. tenuis. Tra i parassitoidi allevati tramite banker plant ricordiamo l’Encarsia formosa e il Macrolophus caliginosus su piante di tabacco per il controllo degli aleurodidi in serra.
Banker plant, pro e contro
I sistemi di controllo banker plant possono adattarsi a diverse varietà di colture e parassiti, permettendo l’utilizzo di vari nemici naturali e ospiti alternativi. Questo metodo garantisce un controllo costante e a lungo termine del parassita delle piante, comportando una riduzione e in alcuni casi l’azzeramento degli interventi chimici. L’efficienza del metodo è assicurata e i costi del trattamento risultano 5 volte inferiori rispetto al controllo biologico inoculativo (dopo un primo investimento).
Infine, i nemici naturali possono trarre vantaggio dall’aumento della diversità della vegetazione, ciò consente ai predatori di ottimizzare la loro forma fisica sfruttando diverse risorse vegetali.
Tra gli svantaggi, è bene ricordare che le piante secondarie richiedono irrigazione e spesso fertilizzazione, inoltre possono essere soggette a malattie.
Qualche esempio già in commercio
I sistemi banker plant sono promossi anche da Koppert Biological Systems, la biofabbrica olandese con filiale italiana a Bussolengo (Vr), che produce e commercializza bombi per l’impollinazione, insetti e acari utili per la protezione delle colture.
Per il controllo biologico in serra, Koppert promuove due sistemi banker plant: Aphibank ed Ervibank. Aphibank è costituito da piante di grano infestate da Rhopalosiphum padi che promuovono lo sviluppo di Aphidius colemani; Ervibank, invece, da piante di frumento infestate dall’afide Sitobion avenae per sostenere lo sviluppo dei parassitoidi Aphidius ervi e Aphelinus abdominalis.
Le piante commercializzate possono essere appese sopra il raccolto o trapiantate nel suolo (generalmente si colloca una fila di piante secondarie ogni 25-30 m). Sopravvivono fino a 30°C, anche se sarà necessario cambiarle ogni 10-12 settimane (a volte anche ogni 3-4 settimane, a seconda delle temperature).
Insieme al sistema banker plant bisognerà aggiungere il nemico naturale più adatto. Sapendo che l’introduzione di più specie differenti di predatori e parassitoidi rende spesso il controllo più efficiente, Koppert propone la formula Aphiscout. Consiste in 250 parassitoidi appartenenti a 5 diverse specie, quali Aphidius colemani, Aphidius ervi, Aphelinus abdominalis, Praon volucre, Ephedrus cerasicola. L’inoculazione dei nemici naturali prevede più rilasci, finché almeno il 30% degli afidi non sono parassitizzati. Da quel momento in poi il sistema può andare avanti autonomamente.
Parlando di costi, possono esserci sostanziali differenze tra un metodo e l’altro. Nei momenti di forte infestazione della coltura risulta più conveniente il metodo banker plant. Al contrario, nei casi di bassa infestazione può essere sufficiente ed economico un controllo biologico di tipo inoculativo.
Un cambio di paradigma
Nonostante i vantaggi che derivano dall’applicazione del banker plant, questo sistema di controllo biologico non è ancora molto diffuso tra gli agricoltori. Uno dei motivi potrebbe essere il fatto che i nemici naturali sono spesso ancora applicati come se fossero dei meri “biopesticidi”. Dovrebbero invece essere considerati degli organismi viventi, bisognosi di risorse e condizioni ambientali favorevoli per sopravvivere.
Per molti coltivatori questo approccio potrebbe rappresentare un cambio di paradigma, che permetta di evolvere positivamente il metodo di controllo biologico finora utilizzato. Così si potrebbe passare dal semplice rilascio di nemici naturali in serra alla gestione attiva di un ecosistema vivente.