La biodiversità in orticoltura è costituita dalle risorse genetiche che si sono differenziate nel corso dell’evoluzione biologica delle specie orticole o che sono frutto della selezione compiuta dall’uomo nel corso del tempo per l’ottenimento di varietà adattate all’ambiente in cui vivono e, quindi, in equilibrio con l’ambiente stesso e con i patogeni e parassiti locali. Queste, infatti, si sono evolute in condizioni di bassi input agronomici, con una diversità genetica tale da potersi adattare in maniera efficiente ed efficace agli stress biotici e abiotici, raggiungendo una elevata stabilità produttiva.
La biodiversità orticola costituisce, quindi, un patrimonio inestimabile per l’orticoltura sostenibile, che va tutelato al fine di scongiurare il rischio che, con il passare del tempo, molte di queste risorse vadano perse a causa dei processi di erosione genetica in corso.
Il Regime delle varietà da conservazione
Nel 1998 l'Unione europea ha voluto rendere più flessibile il Catalogo Comune Europeo delle Varietà Vegetali e di mitigare il declino della biodiversità agricola nelle aree rurali europee introducendo il Regime delle varietà da conservazione (Cvr), un insieme di norme relative alle varietà locali e/o tradizionali coltivate in regioni specifiche che sono a rischio di erosione genetica. Tale Regime di Conservazione delle Varietà si doveva sostanziare in due cataloghi comuni:
- uno per le varietà delle specie orticole
- e uno per le varietà delle specie agrarie.
L’obiettivo della Commissione europea, semplificando le procedure di iscrizione e commercializzazione delle varietà a rischio di estinzione, era consentire la vendita delle varietà che non soddisfano pienamente i criteri di distinzione, omogeneità e stabilità (DUS) richiesti per l'iscrizione delle varietà standard nel Catalogo comune europeo.
A distanza di 25 anni un articolo scritto dal Dipartimento di scienze del suolo, delle piante e degli alimenti (Disspa) dell’Università di Bari e dalla Rete Semi Rurali per la rivista internazionale Horticulturae, “The conservation varieties regime: its past, present and future in the protection and commercialisation of vegetable landraces in Europe” (“Il regime delle varietà da conservazione: passato, presente e futuro per la protezione e la commercializzazione delle varietà orticole in Europa”), ha voluto esaminare l'impatto dell'istituzione del Cvr 25 anni dopo la sua prima definizione.
La situazione in Europa
Dall’analisi presentata dagli autori emerge un quadro non propriamente positivo, afferma Piero Santamaria, docente di Orticoltura presso il Disspa, uno dei quattro coautori del suddetto articolo.
«A distanza di 25 anni dall’introduzione del regime delle varietà da conservazione, nel 2023 risultavano registrate solamente 191 varietà orticole da conservazione in tutta l’Ue, meno di un centesimo (0,88%) di tutte le varietà registrate nel Catalogo comune delle varietà di specie orticole (21.593 varietà). I Paesi più rappresentativi sono la Spagna, l'Italia e la Croazia, che hanno registrato, rispettivamente, 57, 43 e 26 varietà da conservazione».
Il caso di studio italiano
Più in particolare, evidenzia Adriano Didonna, dottorando di ricerca presso il Disspa, che studia le varietà orticole locali, e coautore del suddetto articolo, il caso di studio italiano offre un quadro ancora più rappresentativo del (mal) funzionamento del regime delle varietà da conservazione.
«Infatti solo sette regioni su 20 – prime tra tutte Toscana, Piemonte e Veneto con 22, 8 e 5 iscrizioni – presentano varietà iscritte al regime. Regioni come Puglia, Lazio e Basilicata, pur ricche di varietà locali, non hanno iscritto varietà da conservazione. Inoltre bisogna considerare che solo 21 varietà da conservazione su 43 registrate dall’Italia fanno capo a una ditta sementiera che potrebbe avere interesse a moltiplicarne e commercializzarne il seme; le altre varietà sono invece state iscritte da soggetti pubblici (università, centri di ricerca ecc.) o enti associativi (comitati, consorzi di tutela e associazioni).
Il caso studio dell'Italia evidenzia che il Cvr è poco strutturato ed è caratterizzato dalle iniziative di singoli soggetti che si assumono la responsabilità di proteggere e/o promuovere specifiche varietà di ortaggi. Nel complesso il Cvr non è riuscito a promuovere e a far rispettare un mercato dedicato per tutte le varietà escluse dalla registrazione nel catalogo comune a causa dei requisiti Dus».
Scarso impatto sul mercato sementiero europeo
Per Santamaria le ragioni dello scarso impatto di questo regime sul mercato sementiero europeo sono diverse.
«Tra le ragioni principali, come riportato nell’articolo in questione, dobbiamo annoverare:
- requisiti per la registrazione ancora troppo severi,
- difficoltà nel reperimento di informazioni che attestino il legame storico e tradizionale delle varietà con la loro zona di origine
- e, in generale, una mancanza di informazione tra gli agricoltori.
Spesso, infatti, il regime delle varietà da conservazione è visto più come una minaccia che come un’opportunità: le limitazioni all’autoproduzione, i limiti quantitativi alla commercializzazione e il divieto di vendita dei semi al di fuori dell’areale di origine spesso preoccupano i soggetti potenzialmente interessati».
Procedure di iscrizione semplificate
A tale proposito, come riportato nell’articolo citato, la Commissione europea ha pubblicato il 5 luglio 2023 la Proposta di Regolamento 2023/0227 (COD), che, chiarisce Didonna, punta a semplificare le procedure di iscrizione delle varietà a rischio di estinzione al regime delle varietà da conservazione.
«Nella Proposta la Commissione sembra prendere una posizione decisa anche riguardo ai diritti degli agricoltori, ammettendo il libero scambio di semi tra gli stessi e incrementando l’area di commercializzazione delle varietà da conservazione dalla sola zona di origine all’intero territorio europeo. D’altro canto il Consiglio europeo, il 18 giugno 2024, è sembrato prendere le distanze da tale proposta, in quanto teme che possa indebolire il sistema sementiero commerciale e creare un canale secondario di accesso al mercato sementiero europeo per varietà commerciali che non soddisfano i requisiti DUS.
La partita è ancora aperta: nei prossimi mesi proseguirà il confronto tra le delegazioni interessate (ditte sementiere, associazioni di categoria, ecc.) e gli organi di governo europei. La rassegna pubblicata sulla rivista Horticulturae - disponibile in open access al seguente link: https://www.mdpi.com/2311-7524/10/8/877 - presenta una serie di dati dai quali non si può prescindere».