Il mercato della mandorla sta vivendo profondi cambiamenti e questo frutto fondamentale per tante produzioni dolciarie toscane e nazionali assume progressivamente le caratteristiche di materia prima standardizzata, al pari di zucchero, caffè e cacao.
Le implicazioni sia per l’industria di trasformazione che per l’agricoltura sono dirompenti. L’Italia nel 2010 era il 4° produttore mondiale di mandorle per quantità, con una quota del 4,3% ad oltre 108mila t. Nel 1999 era al terzo posto come produttore mondiale, ma tra il 1999 ed il 2010 si è verificato un boom della produzione statunitense, passata da 631mila t a oltre 1,4 milioni di t. Gli Stati Uniti, per merito soprattutto delle coltivazioni intensive californiane, sono arrivati a controllare il 55,7% della produzione mondiale per quantità, il 58,9% in valore e ben il 70% dell’export complessivo di mandorle sgusciate e con guscio, ovvero una quota determinante di un mercato che oggi, soltanto alla produzione, vale oltre 7 miliardi di dollari.
Questi sono soltanto alcuni dei dati che, Marco Ginanneschi, partner ed amministratore della Società di consulenza Finanza Futura Srl, ha presentato nel corso del seminario sull’evoluzione del mercato della mandorla, a Firenze presso Assocantuccini, l’associazione che riunisce i produttori del “Cantuccino Toscano”.
Ma quali sono le ripercussioni per l’industria dolciaria e per l’agricoltura nazionali? Le mandorle italiane arrivano sul mercato internazionale a prezzi superiori di 1-2 €/Kg rispetto alle mandorle californiane, ben performanti anche sotto il profilo di difettosità, impurità, carica batterica e tossine. L’industria, costretta dal mercato a prestare attenzione ai costi di produzione, è tendenzialmente spinta a scegliere la materia prima di importazione.
L’agricoltura nazionale è parsa, dai dati statistici, incapace di reagire. Gli Stati Uniti hanno conquistato la leadership mondiale investendo sulla produzione e su tutta la filiera fino alla commercializzazione. In Italia le coltivazioni storicamente frammentate e di ridotte dimensioni medie, hanno conosciuto una lenta ma progressiva contrazione. Le superfici coltivate nel nostro Paese sono diminuite del 12,8 % tra il 2006 ed il 2012, con la produzione raccolta scesa nello stesso periodo del 17,5%.
Se queste sono le ombre all’orizzonte si intravedono anche alcune luci, infatti Ginanneschi ha spiegato che il consumo di mandorle e di prodotti a base di mandorle nel mondo sta crescendo a una rapidità impressionante, spingendo al rialzo i prezzi (tra il 1999 ed il 2009 a una media annua del 12 % al netto dell’inflazione). La produzione fatica a tenere il passo della domanda, specialmente di quella proveniente dai nuovi consumatori cinesi ed indiani. Tale dinamica incentiva la coltivazione in Paesi distanti, come Cile e Australia.
Anche per l’agricoltura italiana questa produzione, ai prezzi correnti e soprattutto a quelli futuri, può tornare decisamente remunerativa e attrarre finalmente nuovi investimenti. Al seminario era presente anche l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori, che è intervenuto sostenendo che in Toscana è assolutamente importante incentivare la produzione di mandorle, dato che tutte quelle utilizzate dalle industrie dolciarie toscane provengono da altre regioni e dall’estero