Il crescente interesse nei confronti dell’illuminazione artificiale nelle serre per coltivazioni florovivaistiche è legata al fatto che, alle latitudini settentrionali, la maggior parte delle piante in vaso fiorite vengono prodotte nel periodo invernale e di inizio primavera per soddisfare la consistente domanda di mercato in primavera e all’inizio dell’estate.
La tecnica d’illuminazione delle serre si effettua con due obiettivi distinti:
- alterare il fotoperiodo naturale;
- stimolare il processo fotosintetico.
Il fotoperiodismo è quel fenomeno che permette alle piante di misurare il periodo di luce e di buio. A seconda di come reagiscono al fotoperiodo le piante vengono classificate in: brevidiurne, longidiurne e neutrodiurne.
Brevidiurne
Le prime fioriscono quando il giorno è più corto della notte, le seconde quando le ore di luce superano quelle di buio, le ultime sono invece indifferenti alla lunghezza del giorno e della notte.
Nelle serre per produzioni florovivaistiche la tecnica di illuminazione si applica a piante brevidiurne, coltivate durante il periodo invernale. Si illumina per interrompere lo stimolo che riceve la pianta, in giorno corto, di passare da una fase generativa (crescita), ad una fase riproduttiva (fioritura). Un esempio è la Begonia elatior che è una pianta a giorno quantitativamente corto, per ottenere piante commercializzabili all’inizio primavera bisogna sottoporla a un trattamento a giorno lungo per evitare anzitempo la formazione di bottoni fiorali e far raggiungere alla pianta le dimensioni volute. Per ottenere ciò essendo l’intervallo del fotoperiodo critico pari a 14 ore, a seconda del periodo stagionale si dovrà illuminare le serre prima del tramonto allungando il giorno artificialmente fino a 16 ore. Tale trattamento dura 2/3 settimane e non servono lampade molto potenti. Si possono impiegare lampade a fluorescenza esponendo le piante ad un intensità di 5-10 watt/m2, mentre con lampade ad incandescenza 15 watt/m2. Con queste lampade di tipo tradizionale si ha una spesa energetica elevata, pertanto molti effettuano l’illuminazione ciclica con un funzionamento ciclico delle lampade con 15 minuti di luce e 45 minuti di buio, oppure 2 minuti di luce e 8 di buio, con questo sistema si deve avere almeno 10 watt per m2 e si ottiene un risparmio energetico.
Il fitocromo
La capacità di misurare il fotoperiodo le piante lo devono alla presenza di un pigmento, il fitocromo, che è distribuito un po’ su tutta la pianta ma è maggiormente concentrato sugli apici vegetativi. Tale pigmento viene stimolato con luce a lunghezza d’onda comprese tra i 660 e i 730 nanometri, che corrispondono a lunghezze d’onda appartenenti allo spettro del rosso. Sia le lampade ad incandescenza sia quelle a fluorescenza emettono queste lunghezze d’onda assieme a molte altre. Le lampade a LED a bassa potenza sono costruite per emettere particolari lunghezze d’onda (solo rosso) pertanto sono molto più efficienti per alterare il fotoperiodismo, inoltre non emettono calore, e al fascio luminoso si possono dare le angolature desiderate. Le lampade a LED sono inoltre garantite per funzionamenti di almeno 50.000 ore nelle serre che sappiamo essere un ambiente dove le attrezzature sono sottoposte a condizioni poco favorevoli alla loro durata.
Stimolazione
La fotosintesi e alla base di tutte le funzioni delle piante, i pigmenti implicati nella fotosintesi comprendono le clorofille, le ficobiline ed i carotenoidi. Vi sono diversi tipi di clorofilla che differiscono per dei dettagli della loro struttura molecolare. Ma cos’è un pigmento? È una qualsiasi sostanza che assorbe luce. Alcuni pigmenti assorbono luce di qualsiasi lunghezza d’onda ed appaiono neri. Altri, invece assorbono la luce solo a particolari lunghezze d’onda, trasmettendo o riflettendo la luce ad altre lunghezze d’onda, e risultano colorati. La clorofilla, il pigmento che dà il colore verde alle foglie, assorbe la luce soprattutto nella zona del violetto, dell’azzurro del blu e del rosso; poiché riflette la luce verde, ci appare verde. Lo spettro d’azione della fotosintesi è l’efficacia relativa della luce, alle diverse lunghezze d’onda, su quei processi che da essa dipendono, che si identificano nelle lunghezze d’onda tra i 400 e i 500 nanometri (viola, azzurro e blu nello spettro) e in quelle tra i 600 e i 700 nanometri (arancio e rosso nello spettro).
Irraggiamento
Durante il periodo autunno- invernale e di inizio primavera alle nostre latitudini la quantità e la durata dell’irraggiamento luminoso giornaliero (DLI) sono insufficienti a ottimizzare il processo fotosintetico. Inoltre la copertura delle serre e tutte le strutture posizionate sopra le piante sono un ulteriore filtro al passaggio delle radiazioni luminose. Quindi buona parte delle coltivazioni floricole programmate per la primavera per questo motivo appaiono esili e di qualità inferiore rispetto alle stesse coltivazioni allevate a latitudini più meridionali. Pertanto una notevole spinta per ottenere piante di qualità superiore può essere data dall’illuminazione di potenza, già molto utilizzata in paesi come l’Olanda e la Danimarca che vantano una notevole specializzazione nelle coltivazioni floricole, sia di giovani piante che di piante “finite”.
Fattori esterni e interni
I florovivaisti che volessero impiegare l’illuminazione di potenza devono essere consapevoli che la fotosintesi non è influenzata solo dalla intensità luminosa ma anche dalla disponibilità di acqua, dalla concentrazione di CO2 e dalla temperatura che costituiscono i fattori esterni. Ci sono poi i fattori interni che sono: il contenuto in pigmenti, la struttura fogliare e le caratteristiche genetiche. Quando tutti questi fattori sono in equilibrio l’irraggiamento luminoso di potenza nei periodi di scarso DLI risulterà molto efficace. Prima dell’introduzione nel mercato delle lampade a LED l’illuminazione di potenza veniva effettuata con lampade ai vapori di sodio (HPS) molto costose di durata limitata, con un alto consumo energetico e con l’impossibilità di avvicinarle alle piante per il forte calore emesso. Con l’avvento dei LED e la successiva sperimentazione in serra si possono produrre luci con uno spettro di lunghezze d’onda utili per la crescita delle piante, inclusi il blu (450 nanometri) e il rosso (660 nanometri).
Inoltre i LED hanno un coefficiente di conversione dell’energia del 38% per il rosso e del 50% per il blu. Quindi l’interesse nell’uso dei LED è in crescita anche tra i coltivatori italiani. I benefici nell’uso della luce supplementare quando il DLI è minore di una certa soglia è ben noto, tramite i LED si possono ottenere particolari miscele cromatiche che portano a particolari risposte nella crescita. Per esempio la variazione nella qualità di luce permette di ottenere piante più compatte e ben ramificate con una riduzione se non la completa eliminazione di trattamenti con nanizzanti e con anticipo di fioritura. Il rapporto tra luce rossa e blu può essere dosato per produrre piante con la desiderata dimensione delle foglie e dello stelo. La luce rossa fa aumentare la dimensione delle foglie e la lunghezza dello stelo, mentre le piante coltivate con una certa percentuale di luce blu sono più compatte e di qualità migliore. Lo spettro quindi può essere aggiustato durante la produzione, ad esempio la luce blu può essere aumentata se le piante tendono ad allungarsi.
Il costo delle lampade a LED è elevato però i vantaggi che si ottengono dalle produzioni in termini di qualità e di tempi di coltivazione, la durata delle lampade e la buona efficienza energetica (circa 60% di risparmio energetico) rendono economicamente interessanti l’impiego delle tecniche d’illuminazione sopra descritte nel settore florovivaistico in coltura protetta.
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