La scelta del film plastico di copertura rappresenta un’opzione agronomica importante per migliorare le performance produttive delle specie vegetali.
«In passato – ci dice Giuseppe Incarnato tecnico-commerciale della Polyeur – la copertura aveva il solo scopo di proteggere le piante dagli eventi atmosferici avversi e garantire una migliore condizione termica nell’ambiente di coltivazione, al fine di precocizzare le produzioni. Oggi, invece, gli studi approfonditi dell’effetto della luce sulle piante sta modificando totalmente l’approccio alla scelta del film plastico che diventa un potente strumento per migliorare gli standard quali – quantitativi di produzione».
Ad ognuno il suo
In un contesto produttivo di rilevanza europea, come quello della Piana del Sele dove si concentra la maggior parte della produzione di baby leaf di tutto il continente (oltre 5.000 ettari di superficie), gli imprenditori agricoli sono sempre più attenti nella scelta del film di copertura delle serre.
«I film plastici a luce diretta – continua Incarnato – sono utili per le piante a basso fusto e nel periodo da settembre a febbraio. Successivamente, da marzo ad agosto, andrebbero sostituiti con quelli a luce diffusa per evitare problemi di bruciature, causati dall’effetto lente che le goccioline di acqua accumulate sulle foglie possono provocare. Tuttavia, nella pratica questo non è fattibile soprattutto per una questione economica. Nelle piante a fusto alto, poi, solo la luce diffusa garantisce una crescita uniforme».
La ricerca di soluzioni al problema ha spinto gli orticoltori ad adottare plastiche a luce semi diffusa (21-22% di diffusività) presenti in commercio.
«Si tratta di una scelta sempre più gettonata, che è ideale per le produzioni di erbette per la IV gamma poiché garantisce un apporto costante di luce in tutto il periodo di produzione, ormai esteso a quasi l’intero anno».
Le reti
Una soluzione alternativa può essere quella dell’impiego delle reti.
«In presenza di film plastici a luce diretta, per evitare di dover ricorrere all’ombreggio nel periodo primaverile – estivo, con tutti gli inconvenienti collegati a questa pratica e gli oneri per realizzarla, si può optare per l’impiego di reti, montate al di sopra della copertura. In questo modo si contengono i costi dell’intervento, si preserva il film plastico, che nel periodo estivo subisce i maggior danni legati all’elevata intensità luminosa, e si ottiene, adottando la soluzione più opportuna, la percentuale di ombreggio uniforme desiderata».
Questa soluzione appare interessante, in particolare, per le aziende che si dedicano alla coltivazione di valeriana e spinacio, specie con ciclo estivo e particolarmente sensibili agli elevati valori termici e luminosi.
«L’utilizzo di reti di colore nero in agricoltura non è giustificata e viene adottata solo per tradizione – precisa il tecnico –. In commercio sono presenti reti e film plastici di diversi colori: quello adottato per ridurre i valori termici è del tipo “perla” (bianco riflettente). Teli e reti di colore grigio sono adottate in ambienti più caldi e luminosi, ad esempio in Sicilia, per ottenere un ombreggio più spinto ad un costo contenuto, quelli rossi sulle specie che presentano frutti di colorazione rossa (“Annurca”, pomodoro, ecc.), mentre quello giallo può essere impiegato per le specie a frutto giallo (ad esempio alcune varietà di kiwi) e il verde per migliorare la produzione di clorofilla; infine, i teli azzurri sono utili per i vivai in quanto influenzano la lunghezza degli internodi, evitandone l’allungamento».
In pratica, utilizzando la rete su film plastici a luce diretta si ottiene l’effetto della luce semi diffusa, mentre se si impiegano su film a luce semi diffusa si ottiene l’effetto di una plastica a luce diffusa.
Innovazione
Altro aspetto innovativo e rilevante dei film plastici di copertura riguarda l’impiego di soluzioni che consentono il passaggio di una parte delle radiazioni comprese nella banda dell’UV.
«È ormai appurato – spiega Giuseppe Incarnato – che l’impatto dei raggi Ultra Violetti, specialmente quelli di tipo B (UV-B), stimola nelle piante la produzione di metaboliti secondari perché percepiti da queste come un “nemico” da cui difendersi. Si tratta di sostanze altamente benefiche per la salute dell’uomo: antociani, licopeni, carotenoidi, flavonoidi, polifenoli, β-carotene, tutte sostanze antiossidanti fondamentali per la difesa da malattie cardio-vascolari e da alcuni tumori (principalmente del colon e della pelle) e oggetto di grande interesse scientifico per la Nutraceutica ».
I film plastici per la copertura delle serre bloccano largamente i raggi UV provenienti dal sole, perché per la loro produzione, vengono impiegate, insieme alla materia prima (polietilene, EVA ecc.), stabilizzanti usati per la protezione delle plastiche dai raggi UV che, attraverso il processo di foto-ossidazione, invecchiano precocemente il telo.
«In altre parole, gli additivi usati nel processo di produzione allungano la vita dei film plastici ma non fanno passare i raggi UV riducendo, soprattutto in inverno, la produzione di sostanze come antociani, licopeni, e così via».
L’impiego di film plastici per la copertura delle serre con una “adeguata” finestra ai raggi UV (UV-B), cioè con una “giusta” dose di radiazione Ultra Violetta, consente una maggiore produzione di sostanze benefiche.
«I dati provenienti da recenti ricerche effettuate dal CNR di Pozzuoli (Na) in diverse aziende della Piana del Sele su rucola, red chard, spinacino e lattughino, indicano senza possibilità di smentita che le quantità di diverse molecole, utilizzate spesso come integratori alimentari dagli sportivi, sono di gran lunga superiori a quelle presenti in coltivazioni condotte con copertura classica, che scherma quasi totalmente gli UV. In alcuni casi, come per il lattughino rosso, anche visivamente si nota una netta differenza tra i prodotti posti a confronto».
Questi film plastici, con una trasmissione alla radiazione UV calcolata per ottimizzare la produzione di sostanze nutraceutiche nei prodotti agricoli, senza penalizzare quantitativi, tempi di produzione e caratteristiche organolettiche, stanno suscitando grande attenzione nel mondo produttivo delle baby leaf, attento a qualsiasi aspetto in grado di migliorare la qualità delle produzioni.
«Il prossimo passo – ci dice Incarnato – sarà quello di sensibilizzare la Gdo, in particolare quella estera molto attenta all’aspetto “qualità”, su questo concetto affatto banale o scontato. Grazie all’utilizzo di nuove materie plastiche sarà possibile mettere l’agricoltura moderna e futura nella condizione non solo di alimentare, ma anche nutrire e curare e la quantità di sostanze benefiche potrà essere indicata anche in etichetta».
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