L’acclimatamento in vivaio è la fase più delicata quando si riproducono piantine per via meristematica. Questa fase va gestita con attenzione se si vogliono raggiungere i risultati programmati.
Sono le parole di Luigi Cavaliere, amministratore delegato delle società Progetto Meristema, fondata nel 2009, e Vitro Sele, fondata a dicembre 2012, le cui strutture operative si trovano a Eboli in contrada Papaleone e i cui soci sono tutti imprenditori agricoli.
«Le piantine arrivano in vivaio radicate nell’agar, dove vengono calibrate da personale specializzato, trapiantate in alveoli contenenti terricciato e posizionate in minitunnel per la radicazione. Nei primi sette-dieci giorni è necessario mantenere il tasso igrometrico vicino al 100% con temperature controllate e prestando sempre una particolare attenzione al fotoperiodo».
La fase di acclimatamento
Alla fase di radicazione segue quella di acclimatamento in serra. «Dopo la radicazione le piante vengono trasferite negli alveoli da 40 o 24 fori, in base alla richiesta della clientela, e portate in vivaio per l’allevamento».
«Il vivaio è dislocato su due siti per un totale di quattro ettari. Le piantine vengono allevate durante tutto l’anno per essere consegnate nei mesi di luglio, agosto e settembre». Sia nella fase di radicazione sia in quella di acclimatamento diventa indispensabile gestire correttamente i parametri climatici.
«I principali parametri climatici», spiega Cavaliere, «sono gestiti con le centraline di Evja che ci permettono di monitorare e analizzare con precisione il microclima delle piante. In particolare, utilizziamo delle speciali prolunghe per il sensore di umidità e temperatura, che ci consentono di sperimentare l’altezza esatta a cui posizionare i vassoi».
«Con le centraline possiamo analizzare in tempo reale i valori di Vpd (Deficit di pressione di vapore) e, registrandone le micro variazioni, posizionare i vassoi all’altezza giusta: quella che permette alle piante di lavorare in modo ottimale».
I laboratori
Le due aziende sono dotate di un laboratorio di micropropagazione vegetale con circa 25 addetti, un vivaio di allevamento con 20 addetti e altre 25 persone che si occupano della fase di produzione in pieno campo su 40 ettari. A questi si aggiungono circa 300 ettari dei soci, tutti nella Piana del Sele, dove si produce soprattutto carciofo Romanesco, una delle colture orticole da pieno campo di maggiore importanza per l’agricoltura mediterranea e soprattutto per l’Italia.
«Ci occupiamo anche del confezionamento del prodotto fresco e da due anni le società hanno completato la filiera producendo anche carciofini, "carciofette", "patè" di carciofo, carpaccio di carciofi e carciofi interi in olio Evo».
Il laboratorio fornisce 3,5 milioni di piante micropropagate ogni anno, mentre la produzione è spalmata su tutto l’anno. «Nel 2023 abbiamo prodotto circa tre milioni di piantine micropropagate», dice l’amministratore delle società, «delle quali 1,7 milioni di clone di carciofo G1 e 1,3 milioni di clone di carciofo C3. Queste piante vengono distribuite dalle due società in tutta Italia, soprattutto al sud e nelle isole: 1,1 milioni tra Sardegna e Sicilia e il resto tra Campania, Lazio e Puglia. Da quest’anno abbiamo iniziato a lavorare anche in Abruzzo».
Il progetto di filiera
Le due società sono anche impegnate a creare nuovi cloni di carciofi, oltre alla salvaguardia di cloni storici legati al territorio campano come il Castellammare, la Capuanella, il Pietralcina, il tondo di Paestum Igp e il bianco di Pertosa.
«Dalle piante di carciofo appartenenti ai cloni autoctoni abbiamo prelevato e conservato il meristema e provvediamo a riprodurli per gli orticoltori dei territori interessati in modo da esaltarne l’importanza locale».
Le società hanno, inoltre, aderito al progetto di filiera denominato Cinar 4.0. «Quando il progetto sarà approvato», specifica Cavaliere, «ci consentirà di realizzare un nuovo laboratorio di micropropagazione e una nuova struttura per la trasformazione e il confezionamento del carciofo».
Difesa e piante sane
Il laboratorio di micropropagazione è nato per l’esigenza di produrre piante sane. La micropropagazione è infatti il metodo più efficace per ottenere piante risanate da virus e malattie fungine e capaci di mantenere un’uniformità e stabilità genetica.
«In campo c’erano forti attacchi di Verticillum, Erwinia carotovora (marciume molle), Sclerotinia e Rhizoctonia. Con il metodo di propagazione classico (scarducciatura) spesso tali patologie venivano diffuse anche nei campi non infetti. Grazie alla riproduzione meristematica, con la quale si ottiene materiale sano dal punto di vista fitosanitario, siamo riusciti a risolvere il problema. Abbiamo ottenuto, infatti, piante uniformi che garantiscono una produzione concentrata nel tempo e di elevata qualità».
I vivai presenti nelle due aziende sono protetti con reti che evitano l’ingresso degli insetti. «I principali insetti che ci troviamo a fronteggiare sono afidi, lepidotteri, sciaridi, il dittero fillominatore Liriomyza trifolii e, in misura minore, i tripidi».
«La difesa si basa sull’impiego di trappole con le quali effettuiamo catture massali o monitoriamo il momento giusto per intervenire, di solito con prodotti naturali o con prodotti fitosanitari a basso impatto ambientale». I maggiori problemi, tuttavia, sono di natura fungina.
«Malattie come la peronospora e l’oidio sono quelle che ci impegnano maggiormente nella difesa. Anche in questo caso le centraline di Evja ci danno un supporto strategico, perché ci permettono di monitorare costantemente il microclima del vivaio e ci aiutano a gestire gli attacchi di peronospora con un modello predittivo specifico».
La produzione
Le società Progetto Meristema e Vitro Sele si occupano principalmente di piantine micropropagate, nello specifico di carciofo.
«Produciamo anche piante madri di fragole, statice, spatiphyllum e altre referenze sia orticole sia ornamentali», specifica Cavaliere.
Le società sono impegnate nell’attività di ricerca per migliorare la qualità e la quantità della produzione. Il prodotto di punta è il carciofo romanesco e in particolare cloni di C3 e G1, quest’ultimo brevettato da Vitro Sele.
Le due società applicano tecniche di lotta integrata per ottenere produzioni sane. Queste strategie hanno un basso impatto sugli ecosistemi agricoli e promuovono i meccanismi naturali di controllo.
«I nostri agronomi usano strategie di lotta integrata con un sistema che sfrutta tutti i processi di difesa delle produzioni agricole dalle avversità. L'obiettivo è ridurre al minimo l’uso di sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione nel rispetto dei principi ecologici e tossicologici».
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Questo articolo è uscito sul numero 10/2023 di Colture Protette, a pagina 8. Leggi questo numero | Abbonati