La qualità e la tipicità non bastano al carciofo pugliese per fare mercato.
Per il carciofo Brindisino non aiuta neanche il sostegno dell’Igp. La pressione data dall’importazione di tantissimo prodotto estero, soprattutto dall’Egitto, di qualità inferiore, ma privilegiato da prezzi al consumo estremamente più bassi e concorrenziali, perché non gravati da costi di produzione uguali a quelli sostenuti in Puglia, mette fuori mercato il carciofo pugliese o comunque non lo rende remunerativo per gli agricoltori che lo producono.
Questo paradigma, valido purtroppo per tanti prodotti agricoli italiani, si ripropone ogni anno anche per il carciofo coltivato in Puglia (seconda regione italiana per la produzione di tale ortaggio), dimostrando nei fatti la sterilità di tanta propaganda a favore, solo a parole, delle produzioni made in Italy.
Nel 2023 mercato disastroso per il carciofo brindisino
Gianni De Fazio, che coltiva ogni anno 7-8 ettari a carciofo in agro di Brindisi, in gran parte della varietà locale Brindisino, conferma che anche nel 2023 la campagna di commercializzazione del carciofo si è dimostrata ancora una volta difficile, se non proprio disastrosa.
«Noi agricoltori non riceviamo il giusto compenso per tutte le nostre produzioni, non solo per il carciofo. Da un lato sopportiamo costi di produzione troppo alti, negli ultimi tempi portati sempre più su dall’inflazione: faccio l’esempio di un trattore, cinque anni fa l’ho pagato 70.000 €, quest’anno invece costa 80.000 €! Dall’altro fatichiamo a collocare degnamente sul mercato i nostri ortaggi, come il carciofo, per la concorrenza di prodotti esteri che schiacciano i prezzi alla produzione sotto il limite della sopravvivenza. Io, come tanti altri agricoltori, mi prodigo giorno e notte per le mie coltivazioni, non conosco ferie, vacanze e fine settimana liberi, compio enormi sacrifici, ma di questo passo come faccio a mantenere in piedi la mia azienda?».
Il carciofo per il consumo fresco, da novembre ad aprile, ha registrato un prezzo medio di 0,13-0,14 €/capolino, quello per l’industria, da maggio in poi, è precipitato addirittura a 0,07-0,08 €/capolino! Prezzi ridicoli, a fronte di un costo di produzione di circa 0,20 €/capolino.
Cerco di differenziare la produzione, sperando, se va male una coltura, di salvarmi con un’altra referenza commerciale, come cima di rapa, cavolo broccolo e così via. Ma è un fatto che il mercato è rovinato da un enorme afflusso di carciofi provenienti dall’Egitto, prodotti a costi molto inferiori ai nostri, che commercianti grossisti importano anche per abbassare il prezzo dei nostri carciofi. A quel punto noi produttori brindisini o accettiamo i prezzi che i grossisti ci impongono oppure ci teniamo i carciofi in campo, non raccolti!».
Carciofi svenduti
Il carciofo è uno dei prodotti di eccellenza della provincia di Brindisi, seconda in Puglia per superficie. La produzione è pari, secondo i dati Istat 2023, a 3.400 ettari e a 405.000 quintali, di cui raccolti 390.000 quintali, afferma Giannicola D’Amico, vicepresidente di Cia Puglia e di Cia Due Mari Brindisi-Taranto.
«Durante l’annata appena terminata, ma anche nelle precedenti, i produttori di carciofo della provincia di Brindisi sono stati costretti a “svendere” il loro prodotto a un prezzo che non ha permesso nemmeno di coprire i costi di produzione. Il prezzo corrisposto ai produttori per il carciofo da consumo fresco è stato di 13-15 centesimi di euro e anche meno a capolino.
Ma i costi di produzione (concimi, energia elettrica, acqua, carburante, ecc.) negli ultimi mesi sono aumentati in maniera esponenziale. In più gli agricoltori hanno sofferto i problemi causati dalla carenza di manodopera e dalle calamità naturali legate ai cambiamenti climatici.
In linea generale, senza considerare le variabili legate alla crisi climatica, il reddito netto per ettaro di carciofo si aggira su 100 euro. In pratica al produttore non rimane nulla dopo un intero ciclo produttivo. Né aiuta l’Igp del carciofo Brindisino, mai partita e rimasta sulla carta a causa di un disciplinare molto complicato».
Più controlli sulla tracciabilità dei carciofi
Il persistente stato di crisi, aggiunge D’Amico, è causato anche dall’arrivo indiscriminato sul territorio di Brindisi, soprattutto attraverso il porto, di carciofi provenienti da Paesi extracomunitari, che vengono venduti a prezzi notevolmente inferiori a quelli locali, in quanto prodotti in Paesi dove i costi di produzione e della manodopera sono notevolmente più bassi di quelli italiani.
«Per di più i carciofi che arrivano dall’estero non sono garantiti sotto l’aspetto della sicurezza alimentare in quanto in diversi Paesi extra Ue produttori ed esportatori di carciofi non vigono norme stringenti, come in Italia, riguardo all’utilizzo di prodotti fitosanitari e in materia di controllo della qualità. Si tratta di carciofi che è facile ritrovare anche sulle bancarelle dei vari ambulanti che stazionano in città.
Come Cia abbiamo segnalato questi problemi, che a breve potrebbero presentarsi anche per altre produzioni di eccellenza della provincia di Brindisi quali meloni e angurie, al prefetto di Brindisi Michela La Iacona, auspicando un potenziamento sia dei controlli sui prodotti agricoli provenienti dall’estero sul territorio provinciale sia dei controlli sulla tracciabilità presso i venditori al dettaglio di tali prodotti, per evitare che carciofi provenienti dall’estero, con costi di produzione e di manodopera più bassi, possano essere venduti come locali.
Il prefetto ha convenuto di far intensificare i controlli nei luoghi di vendita sia all’ingrosso sia al dettaglio, per verificare la documentazione attestante la provenienza del prodotto, nell’ottica di tutelare l’economia legale del territorio e il consumatore».
È crisi in tutta la Puglia
La crisi commerciale del carciofo non è una prerogativa della provincia di Brindisi, ma investe anche quella di Foggia, la prima in Puglia per superficie e produzione di questo ortaggio. Lo conferma il presidente di Cia Foggia, Angelo Miano, che ogni anno destina 16-20 ettari alla coltivazione dell’ibrido Madrigal in agro di Lucera (Fg).
«Anche le produzioni foggiane soffrono le importazioni di grosse quantità di carciofo dall’Egitto da parte di grossisti, i quali le giustificano sostenendo che esso serve per coprire i vuoti di prodotto locale. Questo sarà pure vero, ma è un fatto che il carciofo egiziano è sempre presente sui nostri mercati e, poiché viene prodotto a costi più bassi rispetto al nostro, viene venduto a prezzi inferiori, trascinando in basso anche il prezzo al produttore del carciofo foggiano!
Purtroppo sia l’Ue sia l’Italia consentono le importazioni senza contingentamenti, senza dazi e senza adeguati controlli sanitari. Perciò non è raro che carciofi importati vengano spacciati per locali, così come accade per gli asparagi importati dalla Spagna. Di fatto i prezzi ai produttori foggiani sono molto bassi. È per questo che coltivo Madrigal, un ibrido molto produttivo, capace di garantire 80-90mila capolini per ettaro. Cerco di sopperire con la quantità ai prezzi bassi».