Il clima mediterraneo si presta alle colture protette delle piante ortive e floricole per le produzioni fuori stagione, cioè per quei prodotti ottenuti in anticipo, o in ritardo. Il notevole successo e la grande espansione delle serre, è sostanzialmente dovuto all’arrivo dei materiali plastici.
L’approccio tecnico alla scelta del film plastico più adatto alle specifiche esigenze colturali e climatiche, in azienda agricola, è spesso lasciato alla conoscenza di pochi fattori. Oltre al prezzo, si richiede la durata, lo spessore, (che è correlato con il peso del film), e ad alcune caratteristiche tecniche più specifiche che non molti conoscono o sono in grado di apprezzare, come il trattamento antigoccia, la trasmissività, la diffusività, ecc...
Tra i fattori cui necessita un approfondita conoscenza, riportiamo una breve traccia, utile e necessaria per spiegare cos’è la luce e il cosiddetto effetto serra, oltre a fare una rassegna dei principali prodotti presenti sul mercato e delle loro caratteristiche tecniche.
Esistono determinati livelli di luce, temperatura e umidità all’interno della serra ritenuti ottimali per la fotosintesi e la crescita delle singole specie. Infatti, ha senso perdere radiazione luminosa, ad esempio con l’ombreggio estivo, solo fino al punto di ottenere una sufficiente riduzione di temperatura per un ottimale sviluppo della coltura. Oltre, si ha l’effetto opposto: si perde produzione e/o si fanno filare le piante.
Nelle serre la scelta del materiale di copertura è importante ed essenziale. Attualmente esistono film plastici di copertura con trasmissività fino al 92- 93%, più o meno quella di un vetro standard. Il vetro però con il trattamento antiriflesso può arrivare fino ad una trasmissività del 95-96%.
La luce
Le piante autotrofe producono sostanza secca o carbonio organico traendo l’energia necessaria dalla radiazione del sole nello spettro del visibile (λ=360-760 nm) con preferenze per le lunghezze d’onda fra 400 – 500 nm (luce blu) e 600 – 700 nm (luce rossa). L’energia calorifica, indispensabile per l’attività fotosintetica e altre attività biologiche, è tratta dalle radiazioni dell’IR ed in particolare dall’IR corto (IRC) e dall’IR medio (IRM) che hanno lunghezze d’onda da 1.200 a 2.500 nm rispettivamente. Sulla terra ogni oggetto colpito da queste radiazioni riemette radiazioni calorifiche con lunghezze d’onda maggiore (IRL) IR lungo, da 2.500 a oltre 15.500nm.
Un materiale dotato di un buon effetto serra deve avere:
- elevata trasparenza alle radiazioni in entrata (IRC e IRM);
- elevata opacità alle radiazioni in uscita (IRL).
Materiali
In questo articolo affrontiamo solo i temi relativi ai materiali plastici. Essi derivano dalla polimerizzazione di alcuni composti monomolecolari a base di cloruri, carbonati, acetati.
I vantaggi nell’utilizzo di materiale plastico anziché vetro sono legati essenzialmente alla loro economicità, alla loro leggerezza, che permette l’utilizzo di strutture portanti più leggere e più maneggevoli; Per contro hanno lo svantaggio di avere una durata sicuramente più limitata rispetto a materiali rigidi quali il vetro.
I materiali plastici possono trovarsi in commercio come:
- film flessibili;
- lastre rigide;
- lastre semirigide.
Film flessibile
I film flessibili si possono suddividere in base alla loro tipologia chimica:
1) Polietilene (PE);
2) Cloruro di Polivinile (PVC);
3) Etil Vinile Acetato (EVA).
Il polietilene o PE è uno dei materiali da copertura più utilizzati, perché presenta caratteristiche vantaggiose rispetto alle altre tipologie di teli, quali:
a) è il materiale più economico;
b) viene commercializzato in strisce molto larghe, il che consente una copertura rapida, facile ed uniforme di tunnel e serre;
c) presenta buone proprietà meccaniche e fisiche, migliori rispetto a quelle del PVC
d) presenta buone caratteristiche ottiche, anche se queste dipendono dallo spessore del film.
Per contro presenta alcune caratteristiche sfavorevoli, quali:
a) breve durata: degradazione dovuta all’iper-sensibilità ai raggi ultra violetti, all’ossigeno e alla luce, fattori questi che contribuisco alla sua ossidazione e conseguente perdita di resistenza nel tempo.
b) ha una scarsa tenuta termica, ossia le sue caratteristiche non sono ottimali per l’ingresso di IRC e IRM ed il trattenimento di IRL.
L’alta percentuale di trasparenza all’IRL significa che il PE disperde il calore. Il tipo più luminoso di PE è il PEBD (polietilene a bassa densità). Il PEBD arriva al massimo ad un anno ma la durata può essere prolungata con l’aggiunta di sostanze amminiche e benzofenoni con azione antiossidante e antiattinici (Protezione dalle radiazioni solari).
Cloruro di polivinile
Il cloruro di polivinile o PVC è un polimero fabbricato in film e addittivato con sostanze stabilizzanti che ne aumentano la resistenza e sostanze che ne aumentano la flessibilità. Il PVC presenta un effetto serra maggiore al PE: infatti la trasparenza all’IRL è limitata al 32% mentre quella del visibile arriva al 90%.
Le caratteristiche sfavorevoli del PVC sono:
a) alto grado di deformazione per cui necessita di una trazione continua per evitare la formazione di borse durante piogge e nevicate;
b) è soggetto a rotture per azione del vento;
c) può provocare danni alle piante per eccesso delle temperature interne al tunnel se la serra non viene correttamente ventilata.
Il PVC si trova in commercio come antigoccia o antigoccia a lunga durata, il quale presenta buone caratteristiche di trasmittanza: alta per IRC (92%) e bassa per IRL (32%).
Etil Vinile Acetato
L’etil vinile acetato o EVA, a metà tra PE e PVC, ha un eccellente effetto serra, resiste bene alla degradazione provocata dai raggi UV, ha buone proprietà anti-condensa e non è facilmente deformabile come il PVC. È però molto costoso e per questo è usato spesso in combinazione con materiali più economici.
Nella pratica si usano EVA con 14-18% di vinile acetato. Tecnicamente se si usa EVA e PE fusi insieme o a strati sovrapposti, si costituisce un manufatto dotato di buona tenuta termica e migliori caratteristiche meccaniche del PE.
I più diffusi
Attualmente il materiale più diffuso è ancora il PE (Polietilene) che presenta una buona resistenza meccanica ed estrema versatilità, ma ha poca termicità (accumulo di calore) e consente di avere discreti risultati agronomici. Di contro l’EVA (Etilen vinil acetato) è ottimo per l’impiego in diversi comparti, presenta alta termicità, ottime performance ottiche e buona resistenza meccanica, anche se ha un costo maggiore.
Spesso le scelte dei produttori condizionate dagli scarsi redditi delle colture, fa sì che le scelte tecniche vadano verso l’impiego di materiali più economici. D’altronde, alcuni settori tra cui il vivaismo e le colture in fuori suolo, necessitano di maggiori attenzioni in termini di specificità del prodotto, e l’aspetto qualitativo diventa predominante.
I prodotti in ETFE “Etilene tetrafluoroetilene”, (un polimero a base fluoro utilizzato in architettura), cominciano ad affermarsi, soprattutto nel settore florovivaistico. È una plastica trasparente, leggera e molto resistente (anche più del vetro e di altri materiali plastici trasparenti). Rispetto al vetro, è più isolante e più semplice ed economico da installare.
Il futuro
Cosa potrebbe proporre il futuro, c’è lo dice Pasquale Mormile, Ricercatore presso Isasi-Cnr di Pozzuoli (NA) uno dei relatori al Convegno “Serra 2.0 – Clima ed input tecnici per una serra sostenibile” del 13 febbraio 2018, che si è tenuto presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.
Dalla sua relazione dal titolo: “Nuovi materiali e sistemi innovativi per la gestione della luce e del clima in serra”, prendiamo alcuni spunti molto interessanti per capire le nuove frontiere che ci potrebbero aprire i risultati di alcune ricerche avveniristiche sull’utilizzo dei film plastici, in particolare nel campo dell’interazione della radiazione elettromagnetica con le piante.
«Per far capire bene la nuova frontiera, bisogna fare una premessa, – ci dice Mormile – è necessario sapere che quando una pianta è attaccata da patogeni, (sia di natura animale che vegetale), per difendersi produce dei metaboliti secondari, riducendo la produzione di quelli primari. Tali sostanze, a seconda dei casi, possono essere tossiche, urticanti, appiccicose, acide, repellenti, ecc., tutte secrete per difendersi da insetti, funghi e patogeni vari. Allo stesso modo, l’impatto dei raggi Ultra Violetti, specialmente quelli di tipo B (UV-B), che fanno parte della radiazione solare, stimola nelle piante la produzione di metaboliti secondari perché percepiti da queste come un “nemico” da cui difendersi. L’utilizzo di particolari Film plastici, sarebbero in grado di innescare (attraverso un meccanismo fotochimico grazie ai raggi UV) la produzione di metaboliti secondari molto benefici per la salute dell’uomo. Questi metaboliti, quali Antociani, Licopeni, Carotenoidi, Flavonoidi, Polifenoli, β-Carotene, ecc., sono tutte sostanze antiossidanti fondamentali per la difesa da malattie cardio-vascolari e da alcuni tumori (principalmente del colon e della pelle), di grande interesse scientifico per la “Nutraceutica”».
Con l’avvento delle crescenti produzioni in ambiente protetto, gli effetti benefici della produzione di sostanze antiossidanti da parte delle piante si sono ridotti, o addirittura azzerati.
«Come è ben noto – spiega Mormile –, i film plastici per la copertura delle serre bloccano largamente i raggi UV provenienti dal sole, perché per la loro produzione, vengono impiegate, insieme alla materia prima (polietilene, EVA ecc.), degli stabilizzanti, detti appunto anti UV, usati per la protezione delle plastiche dai raggi UV che, attraverso il processo di foto-ossidazione, invecchiano precocemente il film. In altre parole, gli additivi usati nel processo di produzione allungano la vita dei film plastici ma non fanno passare i raggi UV e le piante non producono (o ne producono in minima parte) sostanze come antociani, licopeni, e così via».
La nutraceutica
Per favorire la produzione di sostanze nutraceutiche, una risposta arriva proprio dal mondo dell’industria dei film plastici per l’agricoltura. Si sta lavorando su film per copertura serre con una “adeguata” finestra ai raggi UV (UV-B), cioè con una “giusta” dose di radiazione Ultra Violetta. Questo è un aspetto importante perché troppi UV rallentano la produzione dei prodotti coltivati, con ritardi fino a due settimane, e riducono i quantitativi fino al 30%; mentre una bassa dose di UV produce sostanze nutraceutiche non significative ai fini della salute umana».
Film plastici con una trasmissione alla radiazione UV calcolata per ottimizzare la produzione di sostanze nutraceutiche nei prodotti agricoli, senza penalizzare assolutamente quantitativi, tempi di produzione e caratteristiche organolettiche, daranno alla nuova agricoltura la possibilità di fare un grande salto di qualità, dove le aziende saranno chiamate a spostare il loro target dall’alimentazione alla “nutrizione”. Si tratta di un concetto non affatto banale o scontato. Grazie alle nuove materie plastiche, i produttori dei film innovativi metteranno in condizione l’agricoltura del futuro di alimentare, nutrire e curare.
*Agronomo – www.fritegotto.it