Le armoniose e complesse strutture dei vegetali sono realizzate a partire da 19 elementi chimici che vengono distinti in macro e microelementi a seconda delle quantità in gioco: il termine “microelemento” non è quindi legato ad una minore importanza funzionale, ad esempio del manganese rispetto all’azoto, bensì ad una minore quantità assorbita dalla pianta. Il fatto che siano coinvolti minori quantitativi fa sì che per i microelementi si abbia una curva della produttività più “acuta” rispetto ai meso e macroelementi; si evidenzia come per i microelementi sia sufficiente un lieve calo di disponibilità per passare da livelli di sufficienza a livelli di carenza.
Per completezza dell’informazione si deve precisare che cloro, silicio, cobalto e sodio sono indispensabili solo per alcune specie vegetali, per cui i microelementi o oligoelementi strettamente essenziali sono considerati il boro, il ferro, il manganese, il molibdeno, il rame e lo zinco.
Iniziamo questo percorso di approfondimento sull’importanza dei microelementi per le colture protette dal boro.
Secondo molti studi internazionali la insufficiente disponibilità di boro è il fattore nutrizionale che maggiormente condiziona le potenzialità produttive delle colture a livello mondiale.
Come per tutti i microelementi, anche per il boro il fabbisogno per le piante coltivate è molto contenuto: può andare dagli 80 grammi per ettaro per le piante meno esigenti ai 300 grammi per quelle più esigenti.
Le colture orticole più sensibili alla carenza di boro sono le bietole, le crucifere (rapa, ravanello, cavoli), le solanacee pomodoro e patata.
Carenza
Nelle abituali condizioni di coltivazione si possono riscontrare situazioni di carenza assoluta di boro, per scarsa presenza nel terreno, oppure carenza temporanea dovuta alle difficoltà di assorbimento da parte dell’apparato radicale.
I principali fattori che influenzano la disponibilità del boro per la nutrizione delle piante sono il pH (ideale fra 5 e 7) e la buona dotazione di sostanza organica, in quanto essa costituisce una significativa riserva di boro per le colture.
Per quanto riguarda il tenore idrico del terreno, si deve evidenziare che la scarsa disponibilità di acqua rende più difficile l’assorbimento del boro, mentre l’alternanza di secco ed umido è favorevole per consentire una maggiore messa a disposizione delle colture di boro.
In qualunque modo originata, la carenza di boro comporta riflessi considerevoli su tutta la pianta, coinvolgendo il fusto, le foglie e gli organi riproduttivi.
Esaminiamo ora in modo sintetico quali conseguenze può portare la carenza di boro nelle varie specie orticole.
Nelle barbabietole abbiamo la necrosi delle foglie giovani, nota come “mal del cuore”, con necrosi e spaccatura della parte centrale della radice sopra il colletto: di frequente la sua espressione si origina in conseguenza di irregolare disponibilità idrica, molto spesso dovuta ad errori di irrigazione.
Molto simile la manifestazione su rape e ravanelli, con le foglie che virano da gialle a rosso-violacee, e con la formazione di cavità nella radice, che diventa più fibrosa ed amara, e risulta compromessa dal punto di vista mercantile.
Su patata i fusti sono raccorciati e viene stimolata la schiusura delle gemme laterali, per cui si ha una conformazione a cespuglio delle piante. Le foglie più giovani diventano clorotiche, poi necrotizzano e muoiono. Nei tuberi gli anelli dei fasci vascolari imbruniscono, la buccia diventa ruvida e screpolata, con la polpa sottostante necrotica.
La crescita delle piante di pisello è inibita, con i fusti più spessi del normale, per cui le piante assumono un aspetto cespuglioso. L’apice vegetativo può disseccare, con le giovani foglie che si presentano più piccole, necrotiche, con punteggiature marroni. Con la progressione della carenza di boro, i margini del lembo fogliare si arrotolano verso il basso, per poi arrivare alla morte della foglia.
Su cavolfiore le foglie diventano fragili e si arrotolano, con punteggiature brune o violacee. Alcuni fiori iniziano ad imbrunire e la manifestazione si può allargare a tutta l’infiorescenza: il fusto sottostante può assumere consistenza vetrosa necrotizzando.
Su cetriolo l’apice vegetativo si rigonfia per poi diventare grigio-marrone, mentre le foglie nuove si accartocciano e muoiono. Le piante sono nanizzate a causa degli internodi raccorciati.
Su carota le foglioline ingialliscono a partire dai margini, poi assumono una colorazione rosa o rossastra che si allarga verso la base. Nella radice della carota si possono formare larghe e profonde spaccature oppure solo decolorazioni e cavità.
Le foglie esterne delle piante di lattuga rimangono di colore verde scuro ma l’apice vegetativo assume una crescita a rosetta; le foglie giovani presentano clorosi a chiazze o su tutta la lamina, che si può deformare assumendo una conformazione a mestolo; le foglie sono fragili, più spesse del normale e presentano macchie scure che possono evolvere in lesioni del margine fogliare (da non confondere con il tip-burn causato dalla carenza di calcio).
Nel sedano i gambi si spezzano diventando brunastri, con l’epidermide che in qualche caso si arrotola; la base di inserzione dei gambi necrotizza e muore, formando un cuore nero simile a quello delle bietole.
Negli spinaci la crescita è molto rallentata, con apici raccorciati; le foglie giovani sono più piccole e clorotiche e l’apice vegetativo può morire.
Il pomodoro presenta foglie giovani spesse ma fragili, con lesioni necrotiche che possono comparire anche senza clorosi; le foglie più vecchie sono gialle con sfumature aranciate o brunastre sui margini; il cambio degenera, per cui i fusti sono spesso più deboli e soggetti a rotture; nei frutti si manifesta un imbrunimento interno, qualche volta a macchie.
Inquadramento chimico
Il boro è un non metallo (o metalloide) di colore nero, poco meno duro del diamante: nei suoi composti presenta una carica trivalente.
Il suo nome deriva dall’arabo buraq, che è passato poi a designare la borace (tetraborato idrato di sodio). Il simbolo chimico del boro è B: il suo numero atomico è 5, mentre il peso atomico è 10,82.
Il boro è stato scoperto nel 1807 dal chimico inglese Davy.
Il boro in natura è individuabile in numerosi composti minerali, è diffusissimo nelle piante, e presente anche in prodotti di organismi animali (latte e uova); forma inoltre composti organici che si usano, fra l’altro, nell’industria farmaceutica.
Importanti giacimenti di boro sono presenti in California (borato di sodio), in Cile ed Argentina (borato di calcio e sodio) e Turchia (colemanite, cioè borato di calcio): in Italia è famosa la zona di Larderello dove le emissioni di vapore acqueo portano in superficie l’acido borico puro.
Nel terreno la forma minerale di boro più rappresentata è la tormalina, un borosilicato che contiene anche alluminio, magnesio, ferro o sodio ed in cui il boro è molto poco disponibile: in alcuni terreni dell’Italia Centrale si riscontra acido borico o sali alcalini del boro, che invece sono solubili.
Nei terreni il contenuto totale di boro nella fascia esplorata dalle radici varia da 20 a 200 kg/ha, ma la frazione disponibile è ridotta, di solito inferiore al 5%, quindi meno di 1-10 kg/ha.
La frazione di boro più disponibile per le colture presente nei terreni è quella assorbita su costituenti organici; altri composti inorganici del boro si hanno con gli idrossidi di ferro e di alluminio.
Nelle piante
Il boro è assorbito dalle piante come ione borato (BO33-) o acido borico (H3BO3), maggiormente disponibili per gli apparati radicali in condizioni di pH neutro o leggermente acido.
All’interno dei vegetali il boro presenta in genere una mobilità sufficiente per consentirgli di raggiungere i diversi organi anche se non può essere redistribuito dagli organi vecchi verso i nuovi.
La concentrazione del boro nei vegetali oscilla dai 2 ai 100 ppm (vedi tab. 2): in genere fra i 2 ed i 15 ppm si considera in carenza, fra i 15 e 50 ppm in dotazione ottimale, sopra ai 75 ppm può dare origine a manifestazioni di fitotossicità, variabili a seconda delle specie. Per certe specie i tenori ottimali di boro ed i livelli tossici sono abbastanza prossimi tra loro.
Il boro nelle piante non rientra nella composizione di nessun enzima e non sembra influenzarne altri come cofattore esterno.
La sua attività nei vegetali non è ancora stata spiegata in modo soddisfacente, ma è indubbio che la carenza di boro provoca notevoli sconvolgimenti nelle piante, tramite i quali ricaviamo indicazioni sui processi che influenza.
Il boro:
– regola il metabolismo dei carboidrati, favorendone la traslocazione da certi siti e l’accumulo in altri;
– a livello cellulare influenza grandemente la permeabilità della membrana, permette una ordinata divisione cellulare, è determinante per la fertilità del polline;
– partecipa alla sintesi dei grassi ed al loro metabolismo;
– influenza notevolmente l’assorbimento e la traslocazione di calcio, potassio e fosforo;
– favorisce l’azotofissazione nelle leguminose.
Nel terreno elevati livelli di potassio e calcio accentuano la borocarenza, mentre all’interno della pianta un adeguato livello di boro è fondamentale per il regolare movimento e metabolismo del calcio.
Per la concimazione borica si possono impiegare alcuni prodotti derivanti dalla lavorazione dei minerali borici, come l’acido borico, l’anidride borica, la borace, la colemanite. Questi materiali presentano una discreta efficacia soprattutto per l’arricchimento in boro di terreni costituzionalmente poveri in questo microelemento: in queste condizioni è necessario apportare quantità superiori di boro rispetto alle condizioni di carenza temporanea.
Se invece ci troviamo in terreni che, soprattutto per il pH superiore a 7, rendono poco disponibile il boro pure presente in quantità assolute adeguate, è preferibile operare per via fogliare con formulati specifici in cui il boro viene legato con composti organici come polisaccaridi o ammine (in particolare etanolammina) che ne favoriscono l’assorbimento da parte della chioma delle colture.
Come per altri microelementi gli asporti di boro effettuati dalle coltivazioni sono veramente ridotti, in quanto possono oscillare dagli 80 ai 300 grammi per ettaro e per anno. Nei terreni più comuni a livello nazionale, cioè quelli a pH sub-alcalino o alcalino, non si registrano praticamente perdite di boro per dilavamento, fenomeno che invece si può verificare in terreni acidi in condizione di piogge intense.
Le situazioni di eccesso di boro non sono infrequenti in quanto per molte colture è molto contenuto il differenziale fra la concentrazione nei tessuti che conduce ad una carenza e quella che origina un eccesso di boro.
Di solito si verificano in terreni naturalmente ricchi di boro, in genere per la matrice del suolo o per la natura dell’acqua irrigua che, soprattutto nei comprensori prossimi alle zone termali, può registrare un tenore considerevole di questo microelemento.
Considerate le piccole quantità in gioco, anche con eccessi di concimazione a base di boro si possono raggiungere livelli di fitotossicità, specialmente se la coltura è già in una condizione di dotazione adeguata.
La manifestazione più comune della tossicità da boro è quella delle punteggiature gialle della lamina fogliare che poi possono degenerare in aree scure poi necrotiche con l’avanzare della tossicità.
Fra le orticole che possono essere più sensibili all’eccesso di boro ricordiamo la fragola, il fagiolo ed il carciofo.
Invece le orticole che tollerano bene anche livelli elevati di boro sono la carota, la barbabietola, la cipolla, la lattuga e la rapa.
Concimazione
Come visto precedentemente, i componenti agronomici giocano un ruolo importante nell’insufficiente disponibilità di boro. Sono soprattutto due i fattori su cui possiamo operare nei nostri ambienti colturali:
1 - mantenere o ripristinare una adeguata dotazione di sostanza organica nel suolo perché è una fonte di boro per le colture e perché regola in modo naturale il giusto rapporto tra fase aerea e fase liquida nel terreno;
2 - irrigare in modo equilibrato per conservare il giusto grado di umidità nel suolo che è premessa fondamentale per una costante disponibilità del boro nel terreno.
Gli interventi fertilizzanti possono essere effettuati mediante distribuzione al suolo di sali di boro di varia composizione: è necessario però sapere che il boro in essi contenuto nei terreni a pH sub-alcalino o peggio alcalino viene rapidamente reso indisponibile per le colture pur andando ad aumentare la dotazione assoluta del suolo.
È allora più efficace la concimazione radicale o fogliare con prodotti in cui il boro è legato a composti organici come i polisaccaridi o l’etanolammina che lo proteggono e lo rendono più fruibile per le colture sia per via radicale che per via fogliare.
Si consigliano 2-3 interventi in fertirrigazione o per via fogliare con dosaggi di boro da 80-100 grammi per ettaro e per intervento.
La fase in cui è più importante che la pianta disponga della giusta dotazione di boro è quella che precede e segue la fioritura, essendo il boro determinante per l’impollinazione e la fecondazione: per cui si posizionano 1-2 interventi di boro in queste fasi.
Microelementi, il ruolo del boro nelle piante
La insufficiente disponibilità è il fattore nutrizionale che condiziona le potenzialità produttive delle colture