Sostenibilità deriva dall’inglese sustain, il nome del pedale del pianoforte che serve ad allungare la durata di una nota. Essere sostenibile significa quindi essere durevole. Quale relazione c’è tra questo termine e il materiale più usato nelle serre?

La sostenibilità delle coperture plastiche

film plastici agricoltura
La domanda è in crescita. Ma la plastica non serve solo a proteggere ed è sempre più “tecnica”

Quando si pensa alle colture protette, si pensa subito ai film plastici che caratterizzano questa tipologia di coltivazione. La problematica della sostenibilità dell’impiego di materie plastiche in agricoltura è tutt’altro che confortante.

Dal report della FAO del 2021 emerge la descrizione di un mondo agricolo che fa un uso massiccio dei polimeri, ma in un sistema lontano anni luce da quello tanto auspicato di un’economia circolare, dal momento che, ad oggi, solo una frazione molto limitata della plastica proviene da riciclo.

Nel mondo, le filiere agricole utilizzano 12,5 milioni di tonnellate di plastica l’anno per le produzioni animali e vegetali, delle quali circa il 60% è rappresentato dai film plastici, e si stima un impiego di circa 37,3 milioni di tonnellate annue per il confezionamento degli alimenti.

Proprio per i film plastici, indispensabili sia in orticoltura che in zootecnia, si prevede una crescita della domanda globale del 50%, passando da 6,1 milioni di tonnellate del 2018 a 9,5 milioni di tonnellate del 2030 per soddisfare la richiesta connessa alla pacciamatura, alla copertura delle serre e degli insilati.

Gli effetti positivi dei film plastici in agricoltura

Se consideriamo l’aspetto strettamente tecnico, gli effetti positivi dell’uso della plastica in agricoltura sono numerosi e indiscussi:

  • riduzione del fabbisogno idrico,
  • ottimizzazione della germinazione dei semi,
  • riduzione dell’uso di erbicidi,
  • possibilità di destagionalizzare le produzioni,
  • protezione delle colture nei confronti degli sbalzi termici,
  • incrementi delle rese,
  • riduzione dei danni causati da animali,
  • mantenimento della qualità del prodotto fresco, solo per citarne alcuni.

Pensare a un suo drastico abbandono risulta, quindi, illogico. Per questo si cercano soluzioni sempre più mirate che rispondano alle aspettative del produttore in termini, innanzitutto, di risultato produttivo e poi di sostenibilità economica ed ambientale.

In passato, il film plastico era una semplice copertura che serviva a riparare dagli agenti esterni come freddo o pioggia. Oggi, invece, deve:

  • filtrare la luce in modo da essere funzionale alla fotosintesi,
  • proteggere dal freddo ma, al contempo, non deve riscaldare al punto da determinare stress abiotici da caldo.

Per questo oggi, sul mercato, sono disponibili plastiche altamente tecniche che, grazie alla tecnologia di coestrusione anche a otto strati, permettono di garantire il massimo livello di resistenza meccanica, flessibilità, oltre a caratteristiche ottiche e tecniche differenti.

Caratteristiche tecniche

«Un film plastico – spiega Paolo Ristuccia, responsabile tecnico Raggio Verde srl di Pachino (Siracusa), distributore plastica di alta tecnologia estera – per prima cosa deve garantire una maggiore diffusione della luce, ossia evitare la formazione di zone d’ombra in modo che si abbiano coltivazioni omogenee. Deve poi fungere da barriera, cioè deve evitare che i raggi riflessi durante la notte sfuggano dalla serra repentinamente, determinandone un rapido raffreddamento».

Il film plastico non è più una semplice copertura, ma la scelta influenza il risultato produttivo che si vuole raggiungere

A queste due caratteristiche se ne aggiungono altre che, in numerosi casi, sono utili. Si tratta della possibilità di essere antigoccia, ossia trattati con sostanze di matrice organica o minerale in modo da far scivolare l’acqua lungo la plastica senza che arrivi sulle piante con la possibilità di generare problemi di natura sanitaria.

Ormai, proprio in questi ultimi anni, le nanotecnologie hanno permesso di inglobare queste sostanze all’interno della mescola della plastica, garantendo la permanenza del trattamento fino alla durata del film stesso.

Poi, sempre per evitare l’insorgenza di malattie, l’impiego di film antinebbia garantisce il dissipamento della nebbia già in circa 30 minuti rispetto alle 4 - 5 ore dei film classici.

Grazie alle tecnologie oggi a disposizione, inoltre, si riescono a ottenere film plastici dallo spessore sempre più ridotto che assicurano la medesima durata. Per cui, si può passare da un film di 200 micron a uno di 170 riuscendo a risparmiare in termini di peso e, quindi, di costo per il produttore. La tendenza degli agricoltori è rivolta verso film di lunga durata (da 24 a 48 mesi) che, se da una parte comportano un peggioramento graduale delle proprietà ottiche, dall’altra permettono di superare il problema di reperimento della manodopera.

Giusto compromesso tra durata e resa

È, quindi, necessario trovare il giusto compromesso tra durata e performance produttiva da raggiungere. Questo ha innescato un graduale cambiamento di tendenza rivolto a una maggiore attenzione alla qualità della plastica che si impiega. È ormai riconosciuto che termicità, luminosità, dissipamento dell’umidità uniti a una buona piantina sono l’abc per avviare una coltivazione che vada a buon fine.

L’articolo completo è pubblicato sulla rivista Colture Protette n. 07/2023
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La sostenibilità delle coperture plastiche - Ultima modifica: 2023-07-05T09:55:18+02:00 da K4

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