La biofortificazione in iodio, cioè l’aumento del contenuto in iodio, delle radici della Carota di Polignano è possibile sia con la concimazione fogliare sia mediante la fertirrigazione in vaso. È quanto emerge dai risultati di una ricerca volta a valorizzare questa varietà locale barese, realizzata nell’ambito del progetto BiodiverSO (Biodiversità delle Specie Orticole della Puglia), in sinergia col progetto di ricerca InnoBiOrt (Innovazioni di prodotto e di processo per la valorizzazione della Biodiversità Orticola pugliese).
La prova sperimentale relativa all’arricchimento in iodio della Carota di Polignano è stata condotta da un’équipe mista di ricercatori del Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali (Disaat) dell’Università di Bari e dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Cnr di Bari: Pietro Santamaria, Massimiliano Renna e Angelo Signore (Disaat), Massimiliano D’Imperio e Francesco Serio (Ispa-Cnr).
Lo iodio
Lo iodio è un micronutriente essenziale per l’uomo, in quanto componente fondamentale degli ormoni tiroidei, premette Pietro Santamaria.
«Secondo stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la carenza di iodio è uno dei più gravi problemi per la salute pubblica: può causare disordini dello sviluppo o, nei casi più gravi, persino patologie quali gozzo e cretinismo. La principale fonte di assunzione di iodio è la dieta. Tuttavia, mentre il suo contenuto è elevato in alcuni alimenti, come nel pesce, la concentrazione negli ortaggi è generalmente limitata rispetto ai fabbisogni umani. La principale forma di introduzione di iodio nell’organismo umano è il comune sale da cucina iodato. Ma vari studi hanno fornito prove di relazione causale tra eccessiva assunzione di sale e malattie cardiovascolari».
Una strategia di supporto alla dieta per garantire una nutrizione equilibrata e soddisfacente, sottolinea Serio, «è la tecnica della biofortificazione, processo attraverso cui un ortaggio viene arricchito di un elemento che normalmente o non si accumula in esso o si accumula a concentrazioni molto basse perché possa essere ritenuto efficace. La biofortificazione si propone, quindi, come un metodo veloce e relativamente a basso costo per aumentare il valore nutrizionale delle piante arricchendole di nutrienti, in modo che questi possano essere trasferiti ai consumatori attraverso la dieta, ad esempio con gli ortaggi. Nel caso particolare, è stato accertato che il consumo di 100-200 g di Carota di Polignano biofortificata consentirebbe di soddisfare il fabbisogno giornaliero raccomandato di iodio».
Il contenuto
La Carota di Polignano non biofortificata, cioè coltivata senza l’adozione di tecniche di biofortificazione, ha di norma un contenuto di circa 60 µg di iodio/100 g di peso fresco, puntualizza Signore.
«Questa concentrazione di iodio è abbastanza alta perché la Carota di Polignano viene coltivata a poca distanza dalla costa del mare Adriatico e irrigata con acqua leggermente salmastra, a seguito dell’infiltrazione dell’acqua di mare nella falda sotterranea. Pertanto la Carota di Polignano vanta un contenuto in iodio più alto di quello delle comuni carote disponibili sul mercato, irrigate solitamente con acqua non salmastra. Tanto è vero che le carote commerciali, coltivate senza alcun apporto esterno di iodio, mostrano concentrazioni modeste di questo importante micronutriente».
Le metodologie
La biofortificazione può essere effettuata seguendo tre diverse metodologie: l’ingegneria genetica, l’incrocio classico, le tecniche di tipo agronomico. Il lavoro dell’Università e dell’Ispa-Cnr rientra nel filone di ricerca della biofortificazione degli ortaggi con tecniche agronomiche. In particolare sono state impiegate la concimazione fogliare nella coltivazione su terreno in pieno campo e la fertirrigazione nella coltivazione senza suolo in vaso.
«La prova sperimentale in campo l’abbiamo condotta nella frazione di San Vito di Polignano a Mare (Ba), il luogo tipico di coltivazione di questa varietà di carota, presso l’azienda agricola di un suo produttore storico, Giuseppe Oronzo Giuliacci, il quale aveva provveduto alla semina il 15 ottobre con una propria seminatrice – afferma Santamaria –. Abbiamo messo a confronto tre tesi: quella testimone, che non ha subìto alcun trattamento fogliare, e le due che hanno ricevuto quattro successivi trattamenti fogliari con concentrazioni diverse di iodato di potassio (KIO3) nebulizzato, per valutare la preferibile: l’una con un livello basso, 50 mg/litro di acqua, l’altra con un livello alto, 500 mg/litro di acqua. Le piante hanno ricevuto iodato di potassio, distribuito con una pompa nebulizzatrice a spalla, a intervalli prestabiliti: il primo il 30 gennaio, quando erano alte 30 cm, i successivi a distanza di 14 giorni dal primo e poi fra loro».
Fuori suolo
Invece la prova sperimentale in coltivazione fuori suolo, continua Serio, è stata realizzata presso l’Azienda sperimentale “La Noria” di Mola di Bari dell’Ispa-Cnr. L’esperimento è stato condotto all’interno di una serra in polimetacrilato, con le piantine di carota poste all’interno di vasi da 8,5 litri. I vasi erano disposti all’interno di canalette di alluminio, le quali avevano una pendenza dell’1%. Il substrato utilizzato è stato la perlite, ma nella parte alta del vaso è stato disposto uno strato di torba, dello spessore di 0,5 cm, per consentire prima la semina regolare, effettuata il 18 novembre, e poi l’uniforme distribuzione della soluzione nutritiva negli stadi iniziali di germinazione e di crescita delle plantule. L’irrigazione è stata effettuata con impianto a microportata di erogazione da 8 l/h.
«Abbiamo iniziato a somministrare la soluzione nutritiva il 27 dicembre, ponendo a confronto quattro tesi: quella testimone che non ha ricevuto iodio né nella soluzione nutritiva né attraverso la concimazione fogliare; la tesi alla quale è stato somministrato, mediante trattamento fogliare nebulizzato, iodato di potassio a concentrazione bassa, 50 mg/litro di acqua; la tesi alla quale è stato dato, mediante trattamento fogliare nebulizzato, iodato di potassio a concentrazione alta, 500 mg/litro di acqua; infine la tesi che ha ricevuto una soluzione nutritiva contenente 50 mg di iodio/litro di acqua. I trattamenti fogliari effettuati in serra sono stati tre, il primo il 7 marzo e gli altri due a cadenza di 14 giorni. La soluzione nutritiva contenente iodio è stata erogata dal 7 marzo alla raccolta, con un intervento fertirriguo al giorno o più di uno, se la temperatura lo richiedeva».
I risultati
I risultati della ricerca, spiega Signore, hanno evidenziato che la biofortificazione in iodio della Carota di Polignano può essere conseguita in entrambi i modi.
«Nelle carote coltivate in pieno campo la concentrazione di iodio è stata: nella tesi testimone pari a 59 µg di iodio/100 g di peso fresco, confermando i valori che di norma si ritrovano nella Carota di Polignano; nella tesi che ha ricevuto un livello basso di iodato di potassio (50 mg/litro di acqua), 89 µg di iodio/100 g di peso fresco, cioè poco meno del doppio del valore riscontrato di norma; nella tesi che ha ricevuto un livello alto di iodato di potassio (500 mg/litro di acqua), 174 µg di iodio/100 g di peso fresco, pari al triplo del valore normale».
In serra la tesi testimone, che non ha ricevuto alcun apporto esterno di iodio, ha palesato una concentrazione pari ad appena 1,2 µg di iodio/100 g di peso fresco, in linea con i valori di iodio riscontrati nelle carote commerciali, osserva Santamaria.
«La tesi con trattamento fogliare di livello basso ha manifestato un valore pari a 35 µg di iodio/100 g di peso fresco, inferiore a quello presente di norma nella Carota di Polignano, che si caratterizza proprio per il discreto contenuto in iodio. La tesi con trattamento fogliare di livello alto ha evidenziato un valore pari a 75 µg di iodio/100 g di peso fresco, intermedio fra quello presente di norma nella Carota di Polignano (60 µg) e quello ottenuto in campo con il trattamento fogliare a basso livello di iodato di potassio (89 µg). Infine la tesi che ha ricevuto la soluzione nutritiva ha registrato una concentrazione di 896 µg di iodio/100 g di peso fresco».
I risultati della ricerca hanno dimostrato che la biofortificazione in iodio della Carota di Polignano può essere conseguita sia in campo con la concimazione fogliare sia in serra fuori suolo mediante la fertirrigazione in vaso. «Ma con la coltivazione senza suolo si raggiungono concentrazioni troppo elevate nelle radici – conclude Serio –, per cui è necessario modulare accuratamente la somministrazione dello iodio nella soluzione nutritiva nel corso di tutto il ciclo di coltivazione».
Biofortificazione in iodio
Una ricerca dell’Università e del Cnr di Bari ha dimostrato che è possibile arricchire la carota con questo elemento molto importante per la salute umana