La difficoltà a reperire manodopera e la necessità di velocizzare il susseguirsi dei cicli produttivi spinge gli orticoltori della Piana del Sele, impegnati nella produzione di baby leaf, a meccanizzare il più possibile tutte le operazioni colturali.
«Per le grandi aziende che operano nel settore delle produzioni di baby leaf – ci dice Giuseppe Altamura, Presidente della Cooperativa “Foglia Sublime” che conferisce le proprie produzioni di baby leaf alla O.P. Altamura di Pontecagnano (Sa) – è indispensabile dotarsi di un parco macchine moderno e completo, per effettuare tempestivamente tutte le operazioni colturali necessarie».
Per la qualità
D’altra parte, l’impiego delle macchine, in particolare per la semina e la raccolta delle baby leaf, garantisce alle aziende di conseguire produzioni di alta qualità.
«Nelle realtà produttive campane che si dedicano alla coltivazione di “erbette – aggiunge Altamura – è però indispensabile attrezzarsi per la raccolta con la doppia opzione: meccanica e manuale. Questo per una serie di motivi: primo perché non si tratta di aziende specializzate ma si coltivano diverse referenze, poi perché non sempre è possibile entrare tempestivamente in campo con le macchine».
La raccolta viene effettuata con raccoglitrici meccaniche a nastro di diverso tipo.
Le aziende che fanno capo alla O.P. Altamura, inoltre, si stanno orientando sempre più verso l’impiego di macchine per la raccolta del tipo elettrico.
«L’impiego di macchine ad energia elettrica – precisa Pietro Di Benedetto, tecnico della O.P. – consente di non avere emissioni di gas di scarico in serra, e anche una maggiore maneggevolezza e progressività nelle regolazioni dell’altezza di taglio e della velocità della lama e del tappeto, oltre ad essere ecocompatibile, impattando meno sull’ambiente, aspetto sempre più all’attenzione dei consumatori, soprattutto del nord Europa».
Sensori ad ultrasuoni
Altra novità che sta emergendo nel settore della raccolta meccanica delle baby leaf, finalizzata al problema di avere un taglio omogeneo su rucola, è rappresentato dalla possibilità di effettuare la raccolta con macchine dotate di sistema ad ultrasuoni.
«Questo sistema – ci riferisce Nicola Gallo, socio e responsabile commerciale della Ortomec di Venezia – prevede che la raccoglitrice sia equipaggiata dei sensori proporzionali elettronici tradizionali che sfiorando il terreno comunicano alla scheda PLC a quale altezza da terra stiamo tagliando la foglia e da sensori ad ultrasuoni che leggono (facendo una media) l’altezza del prodotto dall’apice della foglia. In questo modo, il taglio viene deciso in base alla lunghezza della foglia desiderata ottenendo così l’omogeneità del prodotto raccolto come richiesto dai maggiori buyers del settore. Questo sistema sarà presentato alla prossima Fiera Eima International di Bologna».
Altro aspetto da non sottovalutare, sottolinea Di Benedetto, è rappresentato dal fatto che gli uffici preposti alla distribuzione di gasolio defiscalizzato non hanno ben chiaro i consumi che si hanno nelle aziende dedite alla produzione di baby leaf.
«Le operazione meccaniche sono numerose: si parte da tutte le operazioni di preparazione del letto di semina (ripuntatura, vangatura, fresature, preparazione delle prode) passando alla semina, alle operazioni di difesa fino alla raccolta e al pareggiamento del taglio. Purtroppo, l’Uma non tiene conto delle reali necessità di carburante e le aziende si trovano spesso in difficoltà riguardo questo aspetto».
Il pareggiamento
L’operazione di pareggiamento del taglio non è praticata in tutte le aziende, ma consente numerosi vantaggi.
«Si tratta di un’operazione che impegna un solo operatore – aggiunge Di Benedetto – ma che richiede un maggior consumo di carburante (60-70 litri/ha rispetto ai 30-40 litri/ha della raccolta). Con questa operazione si “pareggia” il taglio precedente e si aspirano le foglie lasciate sul terreno e la sua validità è legata all’epoca di raccolta e al tipo di specie (se multi sfalcio o meno)».
Le operazioni meccaniche influiscono anche sulla tipologia delle strutture di protezione.
«Per consentire l’agevole ingresso delle macchine le serre devono avere un’altezza in gronda di almeno 3,5 metri – specifica Altamura –. La larghezza di ogni modulo è solitamente di 7,20 metri, in modo da ospitare 4 aiuole ognuna larga 1,40 metri che rappresenta la larghezza delle macchine operatrici. Nelle serre con campata larga 9 metri cambia solo il numero di prode che passa da 4 a 5, mentre per le serre di 8 metri, in cui sono disposte 4 aiuole larghe 1,70 metri, sono necessarie macchine specifiche con attrezzi di apposita larghezza».
La semina
Riguardo alla semina, una delle fasi cruciali della coltivazione, le aziende sono attrezzate con seminatrici meccaniche e/o pneumatiche.
«L’impiego di seminatrici meccaniche – specifica Angelo Forte, tecnico dell’azienda Altamura – è utilizzato per gran parte delle specie e garantisce la distribuzione dei quantitativi voluti sulla superficie da coltivare. La sola valerianella necessita di essere seminata con seminatrici pneumatiche poiché, essendo una specie che tende ad appoggiarsi sul terreno, deve essere seminata con maggiore precisione per evitare sia l’accavallarsi delle piantine sia la presenza di spazi vuoti. Le aziende che coltivano questa specie, quindi, solitamente si dotano di una seminatrice pneumatica, per non incorrere in perdite produttive stimabili nell’ordine del 10-20%, ed utilizzano questa macchina anche per la semina dello spinacino».
La sabbiatura
Per la coltivazione del songino (valerianella), inoltre, è necessario praticare un’ulteriore operazione, anch’essa meccanizzata.
«Si tratta della sabbiatura – ci riferisce Forte – ovvero della distribuzione di sabbia sulle aiuole. Questa operazione è indispensabile perché la valerianella è l’unica specie che viene raccolta recidendo la piantina al colletto. Pertanto, la lamina della raccoglitrice deve scivolare perfettamente sul substrato. Inoltre, la presenza della sabbia, drenando parte dell’umidità del terreno dopo le irrigazioni, riduce il rischio di insorgenza di malattie crittogamiche».
I costi della raccolta
Uno dei fattori di cui tenere conto nello sviluppo della meccanizzazione sono i costi.
«La superfice minima utile per l’impiego della macchina per la raccolta – specifica Altamura – è compresa tra i 5 e i 10 ettari. Il costo medio della macchina si aggira sui 50 mila euro e i tempi di raccolta variano secondo la tipologia aziendale, la specie da raccogliere, i tempi di spostamento. Comunque, si può stimare in circa 1 ora il tempo medio per la raccolta di 1.000 m2 di superficie».
In una grande azienda, come quella Altamura che è circa 100 ettari coperti, una macchina per la raccolta viene impiegata per circa 1000 ore l’anno e la sua durata si aggira intorno ai 5 anni.
«I consumi – aggiunge Altamura – si aggirano tra i 30 e i 40 litri per 7 ore di lavoro. La manutenzione è piuttosto onerosa, se si considera che le lame per il taglio, che hanno un costo che varia tra i 30 e i 50 euro, vanno sostituite anche due volte la settimana e si può stimare in circa il 4-5% del valore a nuovo della macchina».
L’impiego di macchine elettriche ridurrebbe drasticamente i costi di gestione, anche se il costo dell’attrezzatura è superiore di circa il 15-20%.
«La raccolta manuale – specifica il presidente – ha un costo inferiore se si considera che l’impegno in manodopera non si discosta da quello necessario per la raccolta meccanica. D’altro canto, la raccolta meccanica presenta indubbi vantaggi sulla qualità del prodotto e lascia la coltura più pulita per i tagli successivi. Con la raccolta a mano, però, si ha minore perdita di prodotto e questa soluzione è sicuramente valida quando la produzione è contenuta».
Baby leaf al 100%
Si meccanizzano tutte le operazioni anche se per la raccolta le aziende conservano la doppia opzione: meccanica e manuale. Dualismo tra gasolio ed elettricità per la raccolta