Alla base dello sviluppo delle piante

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Fagiolino: i batteri simbionti forniscono la maggior parte dell’azoto necessario alle leguminose.
Viene assunto in forma nitrica dal terreno e in caso di carenza non può essere sussidiato da nessun altro elemento

L’azoto è il nutriente che, per le quantità necessarie e le evidenti conseguenze della sua insufficiente disponibilità, influenza in modo più vistoso il comportamento delle piante: molto spesso infatti basta una carenza poco più che lieve di questo elemento perché ciò si traduca in una perdita di rendimento.
I composti organici azotati, detti anche quaternari, sono molto importanti per le piante: ricordiamo anzitutto le proteine, nelle quali l’azoto è rappresentato in media al 16% e che sono a loro volta costituite dagli amminoacidi; poi gli acidi nucleici, la clorofilla e numerosi composti secondari come gli alcaloidi. L’azoto è inoltre un costituente del protoplasma e di quelle strutture responsabili del ricovero e del trasferimento delle informazioni genetiche, come i cromosomi e i ribosomi; inoltre va a fare parte di diversi enzimi ed in particolare gioca un ruolo attivo nel metabolismo energetico. Diversamente da quello che accade con altri nutrienti, l’azoto in carenza non può essere sussidiato nelle sue funzioni da nessun altro elemento.
Le piante coltivate assumono azoto dal terreno prevalentemente sotto forma nitrica (ione NO3-) ed in certe condizioni sotto forma ammoniacale (ione NH4+).
Nelle leguminose, grazie alla azotofissazione simbiontica, i batteri presenti nei tubercoli radicali riescono a fissare l’azoto presente nell’aria e renderlo disponibile per le colture sfruttando a loro volta i glucidi prodotti dalle piante.
La carenza
In conseguenza della sua grande importanza per le piante, la carenza di azoto si evidenzia molto rapidamente, soprattutto con la riduzione dello sviluppo e con la degradazione della clorofilla.
Ne consegue che le piante in limitazione di azoto assumono una taglia più o meno ridotta a seconda della entità della carenza: subiscono una riduzione sia la crescita longitudinale dei germogli che lo sviluppo diametrale dei fusti.
Ripercussioni anche sulla fruttificazione, in quanto si registra una minore predisposizione a fiore ed una inferiore fertilità dei fiori stessi.
Le foglie, in conseguenza della riduzione di clorofilla e cloroplasti, assumono una colorazione verde pallido e poi, protraendosi la carenza di azoto, gialla ed infine biancastra.
Per sopperire alla carenza di azoto in uno stadio avanzato la pianta può anche catabolizzare le sue stesse proteine situate nelle foglie più vecchie, per orientare gli aminoacidi ricavati da questa demolizione verso i centri meristematici della pianta.
In considerazione della elevata mobilità dell’azoto all’interno della pianta, la carenza di azoto si manifesta a partire dalle foglie più vecchie e solo successivamente nelle parti apicali più giovani che presentano comunque naturalmente una colorazione più chiara.
Nell’ambito delle colture orticole la carenza di azoto si presenta con i seguenti sintomi nelle diverse specie.
Nelle patate, le foglie si presentano più piccole del normale e di colore verde chiaro. La pianta assume un aspetto rachitico e le foglie più vecchie diventano gialle e cadono precocemente. Si formano meno fusti, più esili, così come pochi tuberi vengono prodotti.
Le rape ed i ravanelli in carenza di azoto si connotano per una colorazione verde pallido delle foglie giovani, mentre nelle foglie più vecchie la colorazione da verde giallastra vira verso l’aranciato poi verso il rosso-violaceo: la fioritura si presenta molto scarsa.
Sulle leguminose in genere non viene effettuata la nutrizione azotata in quanto il fabbisogno di azoto viene soddisfatto dalla azotofissazione simbiontica dei tubercoli radicali. Se però le foglie giovani appaiono verde chiaro e le foglie più vecchie ingialliscono e disseccano, può significare che non vi è stata inoculazione dei batteri simbionti sulle radici e quindi dobbiamo effettuare concimazioni azotate di soccorso per sopperire in modo diretto alle notevoli esigenze azotate delle colture leguminose.
Il cavolo in azoto-carenza presenta una pianta nanizzata e le foglie sono generalmente di colore verde pallido; quando invecchiano assumono colorazione gialla, arancio, rossastra e poi cadono prematuramente.
La foglia di carota presenta gambi molto sottili, con colorazione verde gialla, poi più aranciata, ed in seguito disseccano. La crescita della radice è molto lenta e limitata.
Nel cetriolo i piccioli sono sottili, duri e fibrosi. Le foglie assumono una colorazione verde chiara o giallastra; in particolare la parte della lamina tra le nervature rimane verde per un certo periodo, in contrasto con le nervature di colore giallo. I frutti sono di piccola dimensione, chiari e disseccati nella zona distale.
Le piante di pomodoro in carenza di azoto presentano un portamento rigido ed eretto; le foglie sono piccole, giallastre, poi brunastre ed infine disseccano. I fusti sono esili, induriti e fibrosi, e si caratterizzano per sfumature di colore violaceo; molti fiori abortiscono ed i frutti sviluppano poco e rimangono a lungo di colore verde chiaro prima di virare al rosso scuro.

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Lattuga: nelle orticole a foglia è assolutamente da limitare l’accumulo di nitrati.

Nella lattuga la pianta presenta un aspetto brachizzato e spesso non riesce a formare il cespo. Le foglie sono di colore verde chiaro inizialmente, poi giallo, bruno ed infine disseccano e muoiono anticipatamente. Alcune varietà assumono sfumature di colore viola o brunastro.
La cipolla in azoto carenza rimane piccola, con la pianta che presenta un portamento poco flessibile ed eretto. Le foglie, di colore chiaro, si chiazzano di giallo a partire dagli apici e muoiono precocemente.
Eccesso
L’eccessivo assorbimento di azoto da parte delle piante porta ad uno squilibrio delle stesse, con un accentuato comportamento vegetativo a discapito delle funzioni generative, in particolare la fruttificazione.
I tessuti risultano meno lignificati, di consistenza erbacea, più soggetti a lesioni ed attacchi di patogeni.
L’eccesso di azoto penalizza anche la qualità delle produzioni, in particolare riduce l’accumulo di glucidi nei frutti e, inducendo una insufficiente concentrazione del calcio nelle pareti cellulari, condiziona in negativo la consistenza degli stessi, che quindi risultano più esposti a danni biotici ed abiotici.
Un rischio correlato con l’eccesso di disponibilità di azoto, in particolare nelle orticole a foglia, è l’accumulo di nitrati nei tessuti. Questo parametro è considerato con molta attenzione dalle industrie di trasformazione, sia per la tossicità diretta dei nitrati che per il loro potenziale cancerogeno quando legati alle ammine nelle nitrosammine.
L’elevato tenore dei nitrati nella foglia è più probabile nelle raccolte dei mesi invernali, con scarsa luminosità, mentre nei mesi primaverili-estivi i valori si innalzano se il periodo precedente la raccolta è caratterizzato da nuvolosità prolungata: questo perché la ridotta fotosintesi è uno dei principali fattori che limitano la trasformazione dei nitrati in composti azotati organici, sotto forma di amminoacidi soprattutto.
Inquadramento chimico
Il termine azoto deriva dal francese azote, termine coniato da De Morveau nel 1787, a partire dal greco a-zoè, cioè “senza vita”: questo per indicare che l’azoto presente nell’aria, pur non essendo direttamente tossico, non consente la vita.
Il simbolo chimico dell’azoto è N; è un elemento molto poco reattivo dal punto di vista chimico, appena più reattivo dei gas nobili, ma comunque a condizioni ambiente non si combina praticamente con nessun elemento; il suo numero atomico è 7 ed il peso atomico è 14,008.
L’elemento chimico azoto fu scoperto da Rutherford nel 1772.
Nelle piante
L’azoto nelle foglie presenta una concentrazione che può oscillare tra l’1 ed il 5% del peso secco, variabile a seconda della fase vegetativa e della specie analizzata.
La maggior parte dell’azoto organico nelle piante è sotto forma di amminoacidi, protidi e proteine; poi si riscontra come componente degli acidi nucleici, nucleotidi, clorofilla, e numerosi composti secondari come gli alcaloidi.
L’azoto è un importante componente del protoplasma, e di quei componenti cellulari responsabili della conservazione e trasmissione delle informazioni genetiche, come i cromosomi ed i ribosomi.
Come componente degli enzimi, l’azoto è coinvolto in tutte le reazioni enzimatiche che avvengono nelle cellule e gioca un ruolo attivo nel metabolismo energetico.
L’azoto è assorbito dalle piante sotto forma ionica (NO3- e NH4+) attraverso le radici ma anche attraverso le foglie. La pianta può utilizzare come fonte di azoto anche composti organici a basso peso molecolare; solo alcune piante, ad esempio i fagioli, contenendo ureasi, riescono ad utilizzare direttamente l’urea come fonte di azoto.
In natura
L’azoto è presente nell’aria per il 78% della composizione della atmosfera ma non è direttamente disponibile per le piante: è sfruttato solo, in modo indiretto, dalle leguminose, tramite i batteri simbiontici.
Il tenore di azoto nel terreno si aggira attorno all’1‰, di cui oltre il 90% è sotto forma organica, che è la forma maggiormente stabile di azoto presente nel suolo: i composti organici più semplici vengono sottoposti alla aggressione da parte dei microrganismi e liberano i loro numerosi componenti nutrizionali, tra i quali spicca l’azoto.

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Peperone: l’eccesso di azoto può ridurre la dotazione di calcio nei frutti, con problemi di qualità e consistenza.

Andando più nel dettaglio, l’azoto organico tramite l’azione dei batteri viene sottoposto a numerose trasformazioni che, in diversi passaggi, portano ad azoto ammoniacale, nella forma ione ammonio NH4+, che, come tale viene trattenuto dalle cariche negative del terreno, in particolare le particelle umiche e le argille. Una frazione più o meno grande di NH4+ si posiziona tra i foglietti delle argille, è poco mobile, e viene denominata azoto fissato; un’altra frazione di ione ammonio NH4+ viene invece adsorbita dalla Capacità di Scambio Cationico ed è denominata azoto scambiabile; questa frazione è in costante scambio ed equilibrio con l’azoto solubile che è presente nella soluzione circolante. L’ammonio passa da scambiabile a solubile e viceversa in conseguenza degli arricchimenti ed impoverimenti della soluzione circolante.
Lo ione ammonio viene sottoposto ad attacco da parte dei batteri nitrificanti che originano prima ione nitrito (NO2-) poi, per ulteriore ossidazione, ione nitrato (NO3-), non trattenuto dal potere assorbente del terreno e quindi facilmente assorbito dalle radici, ma anche facilmente sottoposto a dilavamento in falda in caso di acqua drenante nel suolo.
In condizioni di assenza di ossigeno nel suolo, cioè in anaerobiosi, lo ione nitrato subisce una riduzione da parte dei batteri denitrificanti e si trasforma in N2O ed in N2, entrambi gassosi, che fuoriescono dal terreno: questo processo è definito denitrificazione ed in questo modo l’azoto, ritornato allo stato gassoso, diventa totalmente indisponibile per le colture.
Il contenuto medio di azoto in una pianta va da un minimo dell’1% ad un massimo del 5% sul peso secco.
In conseguenza di ciò, gli asporti di azoto da parte delle colture sono di assoluto rilievo, dell’ordine dei 100-250 kg per ettaro.
Le orticole che hanno maggiori esigenze di azoto sono le orticole a foglia (lattughe, spinaci, ecc.); anche superiori sono le esigenze di azoto delle leguminose (fagiolo, fagiolino, pisello, ecc.), ma in buona parte coperte dall’azoto proveniente dalla azotofissazione simbiontica.
Apporti
Il tenore in azoto disponibile per le piante presente nel terreno può incrementare per diverse vie naturali:
- precipitazioni atmosferiche. Tramite le scariche elettriche l’ossido di azoto può reagire con le tracce di ammoniaca presenti nell’aria e venire portato a terra dalle piogge come ione nitrico o ammoniacale. Per questa via possono arrivare al terreno 5-15 kg/ha di azoto per anno;
- batteri azoto fissatori diretti. I batteri Azotobacter e Clostridium in modo autonomo possono fissare l’azoto dall’aria nella misura di 10-15 kg/ha di azoto per anno;
- batteri azoto fissatori simbionti. Le varie specie di batteri rizobi delle leguminose fissano l’azoto dell’aria e lo mettono a disposizione delle radici. La quantità di azoto così fissata può essere considerevole: dai 50 ai 250 kg per ettaro per anno;
- decomposizione dei residui vegetali ed animali.
Asportazioni e perdite
L’azoto può fuoriuscire dalla disponibilità delle colture in diverse modalità.
Bisogna anzitutto considerare l’azoto asportato con le produzioni che, come detto, può andare da 100 fino a 300 kg per ettaro per anno; poi le perdite dovute ai già illustrati fenomeni di denitrificazione e dilavamento dello ione nitrico, che dipendono in larga misura dalle concimazioni effettuate e dalle condizioni meteorologiche dell’ambiente colturale.
Negli ambienti collinari e comunque declivi gioca un ruolo importante anche l’azoto che va perduto con i fenomeni di erosione.
Un altro fenomeno che dilaziona la disponibilità dell’azoto è la sua incorporazione nella sostanza organica stabile: con l’interramento di materiale organico ad alto rapporto C/N, come la paglia, vengono richiamate dal suolo e bloccate nella sostanza organica considerevoli quantità di azoto per ettaro.
Concimazione
Per le colture orticole protette, caratterizzate da cicli brevi e ripetuti nel corso dell’anno, è estremamente importante la cura della struttura del suolo anche tramite l’apporto di sostanza organica di qualità. Da questa concimazione organica deriverà anche una disponibilità più o meno elevata di azoto nel corso del ciclo colturale in funzione del contenuto di azoto e della sua velocità di degradazione da parte dei microrganismi del suolo.
Parlando invece di concimazione chimica, sempre in considerazione del ciclo colturale breve, sono da privilegiare i fertilizzanti contenenti nitrati, quindi nitrato di calcio e nitrato di magnesio, e/o ammonio, come nitrato ammonico e solfato ammonico.
Fra i due gruppi sono preferibili quelli costituiti da soli nitrati perché caratterizzati esclusivamente dall’effetto pronto, che non dilaziona nel tempo la disponibilità dell’azoto. Ciò presenta il vantaggio di non mettere a disposizione della coltura azoto quando non ne dovrebbe avere, ad esempio nella fase di accumulo e maturazione dei frutti; altro rischio che viene minimizzato, sempre di fronte a corrette entità di azoto somministrate, è l’eccesso di nitrati nelle orticole a foglia, come ad esempio le lattughe e gli spinaci.
Da considerare anche l’elemento accessorio presente nel fertilizzante, che può essere particolarmente interessante a seconda della specie orticola coltivata: il calcio ed il magnesio per le orticole a frutto ed a foglia, lo zolfo per le alliacee e per le crucifere.
L’urea, pur essendo il concime azotato a costo più basso dell’unità fertilizzante, non è ottimale per la concimazione delle orticole in quanto, in funzione delle condizioni ambientali e della disponibilità idrica, può rendere disponibile l’azoto anche in un momento assai posticipato rispetto alla distribuzione, potenzialmente quindi esplicando una azione antagonista ad altri processi fisiologici in corso, come ad esempio l’accumulo degli zuccheri.
Riguardo alla distribuzione dei concimi azotati, è molto importante il frazionamento per assecondare puntualmente la crescita delle piante e limitare le perdite di azoto; a tale proposito è particolarmente indicata la tecnica di distribuzione della fertirrigazione, in quanto consente di effettuare somministrazioni anche giornaliere di fertilizzante.
I fertilizzanti idonei per la fertirrigazione possono essere cristallini semplici, come il nitrato di magnesio o il nitrato di calcio, oppure cristallini binari e ternari a vario titolo, con il rapporto più idoneo per la specie in atto.
In molte serre sono presenti impianti automatizzati per la fertirrigazione ed in quel caso si impiegano fertilizzanti liquidi: per la distribuzione dell’azoto fluido si consiglia di preferire le formulazioni di nitrato di calcio liquido alle formulazioni di più comune impiego in agricoltura, come l’N30, che, essendo costituito da metà di nitrato ammonico e metà di urea è meno indicata per l’uso su colture orticole.
Un’altra modalità di distribuzione dell’azoto, molto efficace per la sua prontezza di assorbimento, e quindi di risposta, è quella fogliare. Con questa modalità distributiva si può impiegare con buoni risultati anche la forma azotata ureica, preferibilmente adottando formulati di urea a basso contenuto di biureto, che presentano minori rischi di fitotossicità sulla parte aerea delle colture. Per via fogliare si utilizzano anche molti prodotti ricchi di azoto organico, prevalentemente costituiti da aminoacidi di origine vegetale o animale che per le loro peculiarità sono in grado di esercitare una pronta azione stimolante sulle colture trattate.

Alla base dello sviluppo delle piante - Ultima modifica: 2019-02-07T11:22:11+01:00 da Lucia Berti

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