Poco distante dalla città di Bologna, a Budrio, sorge una moderna serra ipertecnologica, ispirata al modello olandese. È la serra di iPom, azienda agricola specializzata nella produzione di pomodoro da mensa, appartenente al Consorzio Agribologna.
Il progetto nasce dalla collaborazione di tre soci: Barbara Calegari, Riccardo Astolfi e Francesco Ambruosi.
Barbara è un’agronoma e si occupa della gestione colturale, mentre Riccardo e Francesco sono impegnati prevalentemente nella parte economica e commerciale. Unendo le loro pluriennali esperienze, con un affiatato lavoro di squadra portano avanti un’azienda ad elevato sviluppo tecnologico, che punta tutto sulla sostenibilità.
Perché la vostra serra è sostenibile?
«Il nostro è un sistema di coltivazione fuori suolo su substrato a ciclo chiuso, dunque non immettiamo nessuno scarto nell’ambiente» spiega Barbara Calegari. «Produciamo pomodoro 11 mesi all’anno grazie al nostro impianto di riscaldamento basale, alimentato dalle acque provenienti dall’impianto di raffreddamento di un biodigestore adiacente alla serra. Inoltre, la nostra azienda ha creato dei posti di lavoro in una zona che prima era inutilizzata. Lavoro, per gli operai, più agevole rispetto a quello in pieno campo».
Quanto è importante la tecnologia nel vostro sistema di coltivazione?
«Questa serra – prosegue Barbara – dispone di un altissimo livello di automazione. Il nostro sistema computerizzato monitora costantemente i parametri ambientali e agisce per ricreare le condizioni più idonee allo sviluppo vegetale. L’apertura delle finestre al colmo è regolata in base ai fenomeni esterni (ad esempio, la ventosità) e interni (temperatura e umidità relativa). Disponiamo di una sonda che misura la luminosità e, in base a questa, programmiamo il software per regolare il dosaggio e la frequenza della fertirrigazione. Inoltre, se le temperature superano i 29°C o l’umidità si abbassa oltre il 35%, si attiva l’impianto di nebulizzazione ad alta pressione. In questo modo la temperatura si abbassa e le piante riaprono gli stomi.
Parliamo del ciclo colturale.
«Prima dell’inizio della stagione produttiva la struttura viene sterilizzata. Successivamente si stendono le lastre contenenti il substrato (1.20 x 0.20 m). Si dispone il sistema di irrigazione, mettendo un irrigatore per pianta più uno ogni due piante, per un totale di 5 irrigatori per lastra. Due giorni prima del trapianto si somministra la soluzione nutritiva e a inizio gennaio vengono trapiantati i cubetti (10 x 10 cm), contenenti le piante innestate con il primo abbozzo di palco fiorale.
Impieghiamo il Trichoderma per favorire la radicazione e da fine gennaio a settembre disponiamo le arnie con i bombi per l’impollinazione. Gli steli si sviluppano fino a raggiungere i 5 m di altezza, dunque vengono abbassati, traslati orizzontalmente e disposti lungo la canalina. Alla fine del ciclo, le piante misurano circa 24 m di lunghezza, con una media di 33 palchi. Nel 2019 la raccolta è iniziata dalla seconda metà di marzo. A fine novembre si colgono gli ultimi frutti e poi si procede alla rimozione del film plastico dalle canalette. Infine, i residui colturali e il substrato vengono trinciati».
Che tipo di interventi fitosanitari effettuate?
Puntiamo molto sulla prevenzione. Manteniamo sotto controllo temperatura e umidità per evitare lo sviluppo dei funghi. Somministriamo alle piante gli induttori di resistenza, per rafforzarle e renderle meno suscettibili agli attacchi dei patogeni. Infine, in febbraio iniziamo a eseguire i lanci cadenzati degli insetti per la lotta biologica (Macrolophus pygmaeus ed Encarsia formosa), che proseguiamo fino a metà aprile.
Qual è la resa produttiva che riuscite a ottenere?
«Siamo sull’ordine di 43 kg per metro quadro all’anno, con una densità di impianto di 2,9 piante per metro quadro. Pur essendo un valore molto alto rispetto alla coltivazione protetta in suolo, per questo tipo di sistema non è un numero da capogiro.
Il motivo è nella scelta della varietà, il Grandella, che abbiamo preferito per l’ottimo colore del frutto, la sua consistenza, la tenuta alla maturazione e, chiaramente, il sapore. Varietà che però comporta anche delle difficoltà agronomiche. Quella principale è la sensibilità agli sbalzi termici, dato che al di sopra dei 27°C l’allegagione viene compromessa. Inoltre, è abbastanza vigorosa e necessita di essere indirizzata verso la fruttificazione tramite un’attenta concimazione minerale».
Come gestite la fertirrigazione?
Il liquido drenato fuoriesce dalla lastra tramite un’apertura presente alla sua estremità, poi scola nella canalina e viene convogliato in una vasca di raccolta. Da lì, lentamente è sterilizzato da 4 lampade a raggi Uv, poi viene acidificato (pH 3). Misurata la conduttività elettrica, il software calcola la quantità di elementi nutritivi e di acqua da aggiungere alla soluzione, che una volta pronta viene rimettessa in circolo.
Sulla commercializzazione: quali sono i vostri canali di vendita?
«L’80% del prodotto va nella Gdo, il resto viene venduto al mercato ortofrutticolo di Bologna» afferma Riccardo Astolfi. «Il nostro prodotto viene commercializzato con il marchio Pellerossa. Le vaschette che confezioniamo direttamente in azienda (e che rappresentano il 60% della nostra produzione) appartengono alla linea “Questo l’ho fatto io” di Agribologna.
Gli imballaggi della linea riportano il nome e il volto dell’agricoltore, oltre a contenere una ricetta da sperimentare per gustare al meglio il prodotto. In questo modo ci mettiamo la faccia, facendo sentire il consumatore più vicino a noi. È una garanzia in più sulla provenienza degli ortaggi, che finora ha portato ottimi risultati». •
L’azienda in breve
DENOMINAZIONE
iPom s.r.l.
LOCALITÀ
Budrio (Bo)
SUPERFICIE COLTIVATA
un ettaro, in serra
COLTURE PRATICATE
pomodoro da mensa
MARCHI DI QUALITÀ
Sqnpi
Chi è Agribologna
Agribologna è una cooperativa di produttori specializzati in ortofrutta fresca, che punta a valorizzare le produzioni dei soci e finalizza le risorse pubbliche di cui può beneficiare per elevare lo standard qualitativo, professionale e organizzativo dei propri associati.
Le aziende agricole coinvolte sono 135 ed esprimono una disponibilità fondiaria di 2.750 ha. Con una media aziendale di 20 ha, i soci si connotano come imprese medio-grandi. Oltre 1/3 della terra è destinata alla produzione di ortofrutta, di cui l’81% a ortaggi. Il territorio in cui sono distribuiti i soci spazia dalla provincia di Bologna fino a Ravenna e Rimini a est, Modena a ovest, Mantova, Rovigo e Venezia a nord. Presente anche un gruppo di soci nelle provincie di Viterbo, Latina, Bari e Agrigento, per la produzione di specialità orticole locali.