La quotidiana convivenza con i substrati per il fuori suolo come addestramento a operare meglio nella coltivazione di ortive su terreno, in serra e pieno campo. È quanto Giuseppe Lisi, orticoltore di Fasano (Br), ha imparato in quasi 30 anni di produzione di ortive: partendo dal terreno lo ha poi abbandonato, costretto dalla difficoltà di tenerlo libero da nematodi, a favore del fuori suolo, per poi, da questo educato a una concezione agronomica molto più sostenibile, riversarla nella produzione sul terreno.
La storia
«Ho realizzato la prima serra nel 1989: 1.000 m² di terreno coltivato a pomodoro da mensa e barattiere. Era terreno vergine, prima destinato a grano duro, foraggio, fave o piselli, perciò sano, fertile. Rispose benissimo, dando produzioni eccellenti in quantità e qualità. Così ogni anno aumentavo la superficie coltivata a serra di circa 1.000 m², fino ad arrivare a 2,5 ha. Per 6-7 anni andò tutto bene, sia sotto l’aspetto produttivo sia dal punto di vista fitosanitario. Poi, negli anni 1995 e 1996 iniziarono i primi problemi fitosanitari: gravi attacchi di nematodi compromettevano seriamente la produzione! Mi risolsi a fare ricorso al bromuro di metile. Ogni anno, a dicembre, dopo aver eliminato le piante vecchie di pomodoro o barattiere e prima dei nuovi trapianti, un’azienda specializzata provvedeva a effettuare il trattamento fumigante su terreno lavorato: dopo la fumigazione coprivo il terreno con un film plastico per dieci giorni, poi lo toglievo e irrigavo a pioggia abbondantemente per far lisciviare il fumigante. Il risultato era eccellente, anche se il fumigante eliminava non solo i nematodi, ma anche la microflora e la microfauna del terreno, cancellando i loro benefici effetti biologici».
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