In un articolo precedente (C.P. 04/2015) avevamo posto l’accento sull’importanza della fertirrigazione nelle colture ortofloricole protette: massimizza le rese e migliora la qualità, riduce gli sprechi di acqua e concimi, quindi anche i costi di produzione.
Per ottenere ciò occorre un’ininterrotta catena di decisioni esatte, che cominciano con il corretto campionamento di acqua e substrati (naturali o artificiali), per sottoporli ad analisi; prosegue con il calcolo preciso delle formule nutritive e il loro adattamento alla varietà coltivata e al suo stadio fenologico; finisce con il preciso dosaggio di acqua e fertilizzanti in base alle condizioni del substrato e del micro-clima; da qui il ciclo ricomincia con campionamenti e analisi periodici per verificare ed eventualmente correggere la risposta delle colture.
Abbiamo già approfondito le problematiche relative all’analisi delle acque irrigue, quindi ora proseguiamo esaminando quelle relative al calcolo delle “formule o ricette nutritive” e alla fabbricazione delle soluzioni nutritive fertilizzanti.
L’ACQUA
Abbiamo anche già visto che quella che noi chiamiamo “acqua”, anzi spesso sentiamo parlare addirittura di “acqua pura”, in realtà è una soluzione di sali, o meglio di ioni, cioè atomi carichi elettricamente, che talvolta sono anche degli elementi nutrizionali per le piante, ad esempio calcio (Ca++), magnesio (Mg++) e solfati (SO4=).
Altri sono ioni in gran parte dannosi per la crescita delle colture, ad esempio i bicarbonati (HCO3-), i quali tamponano il pH dell’acqua ad alti livelli e possono determinare la precipitazione, cioè l’indisponibilità, di molti elementi, soprattutto micro-elementi, indispensabili per il metabolismo vegetale. Altri ancora sono ioni tossici per la maggior parte delle colture, come ad esempio il Sodio (Na+). Normalmente sono del tutto assenti i principali elementi nutrizionali richiesti dalle piante, a cominciare dalla triade N-P-K, cioè azoto, fosforo e potassio, quindi la definizione esatta, di quella che noi comunemente chiamiamo “acqua irrigua”, o addirittura “acqua pura”, è in realtà “la peggior soluzione nutritiva che possiamo fornire ad un organismo vegetale”. E’ forse un concetto un po’ estremo, ma esprime abbastanza bene il processo della nutrizione minerale dal punto di vista della chimica agraria.
Si osservino ad esempio le seconde colonne di entrambi gli esempi 1 e 2 di Tab. 1. Si tratta delle analisi di due acque irrigue, utilizzate la prima per la coltivazione di fragola nel Nord del Marocco e la seconda per pomodoro in Nord Italia.
La prima è un’acqua a bassissima salinità (E.C., elettro-conducibilità, di soli 0,3 mS/cm). Tanto per fare un paragone facile da capire, 0,3 mS è di solito la salinità dell’acqua demineralizzata che compriamo al supermercato per il ferro da stiro. Eppure anche un’acqua così “pura”, come si può notare, contiene più di 1/3 del calcio necessario per fertirrigare fragole coltivate su un terreno 90% sabbioso (1,05 mmol/l su 2,80 richieste dalla “formula nutrizionale”).
La seconda ha invece una E.C. molto alta (1,5 mS), quindi fornisce più di metà degli elementi minerali richiesti da una coltura di pomodoro (1,5 mS su 2,7 totali della formula), addirittura il 100% del magnesio (2,00 mmol/l) e il 100% del boro (30 μmol/l), che infatti non vengono aggiunti all’acqua con i concimi (3^ colonna).
Se qualcuno si dovesse trovare a disagio con unità chimiche come le mmol (= milli-moli) o meglio i me (milli-equivalenti), abbiamo già spiegato in articoli precedenti che in chimica agraria è fondamentale esprimere le analisi delle acque e le formule nutrizionali nelle stesse unità che vengono “lette” dalle radici delle piante, in quanto gli elementi minerali vengono sempre assorbiti in forma di ioni carichi elettricamente. Stiamo quindi usando semplicemente il “linguaggio delle piante”.
IL CALCOLO
I due esempi di Tab. 1 hanno anche lo scopo di introdurre il lettore al metodo per il calcolo delle “ricette nutrizionali”, partendo sempre da un’analisi completa e affidabile dell’acqua irrigua e dalla conoscenza dei fabbisogni minerali specifici di una data specie o varietà, in un dato stadio fisiologico di crescita.
Come già spiegato in C.P. 04/2015, un’analisi dell’acqua è affidabile quando rigoroso è il prelievo del campione da spedire al laboratorio, cioè “statisticamente significativo”, e quando il laboratorio è “tarato” per effettuare analisi finalizzate al calcolo di ricette nutrizionali. Invece succede talvolta che alcuni laboratori restituiscono agli agricoltori, ad esempio, analisi di “potabilità” dell’acqua. Un’acqua può essere potabile, cioè adatta al consumo umano, ma poco idonea per una coltura vegetale, e viceversa.
Come si può notare, il principio di calcolo di una ricetta non è molto complicato: fabbisogno della coltura – elementi contenuti nell’acqua = concimi da aggiungere. Quest’ultimi sono espressi in mmol/l, ma con dei semplici coefficienti di moltiplicazione è possibile convertire tale unità in g/l o kg/m³ di fertilizzanti agricoli da sciogliere in acqua per ottenere la formula desiderata.
Come già accennato, talvolta la differenza è zero, come il caso di Mg e B nell’esempio 2, cioè sono già sufficienti quelli contenuti nell’acqua irrigua.
Si può anche notare che le formule prevedono lo stesso contenuto di cloro (Cl-) e di sodio (Na+) dell’acqua, in quanto tali concentrazioni sono sempre più che sufficienti per le piante, anzi sono spesso in eccesso, quindi non andiamo ad aggravare il problema aggiungendone ancora di più con i concimi. Però vanno sempre compresi nei calcoli, perché anche loro ovviamente contribuiscono a determinare l’E.C. della soluzione che forniamo alle piante.
La somma di anioni e cationi, invece che in mmol/l, è espressa in me/l, in quanto si tiene conto anche della “valenza”, cioè della carica elettrica degli ioni: K+, ad esempio, è un catione mono-valente positivo, mentre Ca++ è bi-valente. La somma di anioni e cationi, espressi in me/l, deve essere sempre più o meno uguale, altrimenti o è sbagliata l’analisi dell’acqua, o abbiamo sbagliato i calcoli della formula.
Conoscendo la somma di anioni e cationi in me/l è anche facile calcolare l’E.C. che avrà la formula fornita alle piante, esprimendola in mS/cm (milli-Siemens): è sufficiente dividere per 10 la media tra anioni e cationi, come si può facilmente intuire dai due esempi.
Nella terza colonna dei due esempi vediamo anche un numero negativo, relativo al bicarbonato (-1,90 e -6,30 mmol/l). Si tratta infatti della quota di bicarbonati dell’acqua che dobbiamo neutralizzare, cioè distruggere, ottenendone CO2 e H2O, aggiungendo una quantità corrispondente di acido. Nel primo esempio aggiungeremo 1,90 mmol/l di acido, 6,30 mmol/l nel secondo.
Non è utile, anzi è molto pericoloso, distruggere tutti i bicarbonati dell’acqua, infatti si può notare che ne conserviamo sempre ca. 0,50 mmol/l. Questa quota ha lo scopo di mantenere un minimo “effetto tampone” della soluzione nutritiva rispetto alle variazioni repentine di pH nella rizosfera, determinate dall’assorbimento minerale da parte delle radici.
Nella somma degli anioni della ricetta finale andranno sempre considerati anche quelli aggiunti con gli acidi utilizzati per correggere il pH dell’acqua, cioè per neutralizzare la maggior parte dei bicarbonati. L’acido più utilizzato è l’acido nitrico il quale, dopo aver reagito con l’anione HCO3-, arricchirà la soluzione di una corrispondente concentrazione di ione nitrato (NO3-). Nell’esempio 2, quindi, la ricetta conterrà anche 6,30 mmol/l di NO3- proveniente da tale acido, le quali rappresenteranno ca. 1/3 del nitrato totale fornito alle piante (17,00 mmol/l), cioè una quota per niente trascurabile. In acque ricche di bicarbonati, che sono la norma in Pianura Padana, succede spesso che il nitrato fornito dall’acido arriva fino a 2/3 del totale fornito, quindi anche tale acido è a tutti gli effetti un fertilizzante.
LE FORMULE
Nota l’analisi dell’acqua e nota la ricetta che vogliamo fornire alle piante, facile è il calcolo delle formule nutrizionali, come si può intuire dai due esempi di Tab. 1. Tale calcolo può essere anche reso automatico con l’impiego di semplici fogli di calcolo per computer.
Il problema principale dell’agricoltore, o meglio del tecnico, è un altro: come determinare i valori, le concentrazioni di ciascun macro- e micro-elemento da fornire alla coltura? La risposta non è difficile: disponiamo oggi di ampie informazioni bibliografiche per reperire tali valori, le quali a sua volta sono il frutto di centinaia di sperimentazioni e osservazioni di campo, provenienti da molte nazioni.
Ma come ci possiamo regolare di fronte a una nuova varietà, a un nuovo substrato, a una nuova tecnica colturale, cioè quando non è disponibile un’adeguata e affidabile fonte bibliografica?
Anche in questo caso la risposta non è difficile, ma ovviamente richiede del tempo per essere fornita. Il metodo pratico più semplice è quello di partire da formule che hanno già dimostrato una notevole efficacia per una data specie, quindi osservare attentamente la risposta della nuova varietà, o di una già nota, ma posta in un diverso contesto (clima, substrato, forma di allevamento, etc.), infine adattare progressivamente la ricetta a tale risposta fisiologica.
In questo processo conoscitivo passo-passo (“step by step”) aiutano molto sia l’esperienza pratica dell’agricoltore o dell’agronomo, nel saper “leggere” la risposta fisiologica delle colture, sia ci possiamo affidare ad analisi periodiche delle soluzioni circolanti nel terreno, o nel substrato artificiale; ad analisi fogliari, per valutare lo stato nutrizionale della coltura; o a misurazioni oggettive di crescita delle piante (allungamento del fusto, espansione della superficie fogliare, velocità di fioritura, carico di frutti, etc.).
In Tab. 2 abbiamo riportato due esempi di formule nutrizionali di riferimento per tre colture: pomodoro da mensa, fragola, melone.
Esistono ovviamente molti diversi approcci per risolvere il problema che ci siamo posti, e cercheremo di approfondirli in successivi articoli, ma il primo passo è sempre quello di determinare se intendiamo stimolare, o meglio assecondare, l’attività vegetativa o riproduttiva della coltura in esame. La prima colonna di ciascun esempio, infatti, si riferisce a una formula adatta ad assecondare l’attitudine vegetativa della coltura, la seconda è più adatta a soddisfare una risposta generativa.
Le differenze tra le due formule si possono ricavare facilmente dalla lettura delle concentrazioni di ciascun macro- e micro-elemento.
I due ioni di riferimento sono ovviamente il nitrato (NO3-) e il potassio (K+). Entrambi aumentano nel passaggio dalla fase vegetativa a quella generativa ed è logico che sia così: la rapida crescita dei frutti per divisione cellulare, una volta avvenuta l’allegagione, determina una rapida impennata del metabolismo vegetale, del quale NO3- e K+ rappresentano le due colonne portanti.
Abbiamo riportato in questo articolo anche alcune foto per meglio illustrare in quale fase di crescita delle tre colture esaminate si ha esattamente il passaggio tra la prima e la seconda formula.
Nel momento in cui aumentiamo NO3- e K+, ovviamente dovremo ricalcolare anche tutti i loro rapporti reciproci con gli altri elementi. Ad un aumento del K+, ad esempio, si vede che si ha una diminuzione corrispondente degli altri due Cationi fondamentali, cioè Ca++ e Mg++. La loro riduzione sembra apparentemente di piccola entità, in realtà, combinata con il corrispondente aumento di K+, ne riduce di molto la “competizione cationica”, facilitando ancora di più l’accesso delle radici al potassio.
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