Nonostante l'Italia sia al secondo posto in Europa per la produzione orticola (dopo la Spagna) resta molto indietro nell’innovazione varietale degli ortaggi. É quanto emerso dalle analisi dell'Università di Bari, che ha esaminato ed elaborato i dati delle oltre 20mila varietà orticole iscritte nel Catalogo comune europeo.
I registri varietali
Quando un agricoltore decide di coltivare una specie, deve scegliere anche su quale varietà puntare. Di conseguenza, si orienta su quella più adatta alle sue esigenze e alle particolari condizioni di coltura in cui opera.
Per le specie più importanti coltivate in Italia, sono attivi il Registro nazionale delle varietà delle piante agrarie e quello delle ortive. In questi documenti vengono iscritte solo le varietà adatte alle condizioni ambientali del nostro Paese, che abbiano dimostrato caratteristiche di pregio in scrupolose prove pluriennali eseguite nei centri di sperimentazione. Ogni Paese dell’Unione Europea ha i suoi registri, confluenti dal 1972 nel Catalogo Comune Europeo delle varietà delle piante agrarie e in quello delle specie ortive.
Pietro Santamaria e Angelo Signore – rispettivamente professore e ricercatore del Dipartimento di Scienze agro-ambientali e territoriali dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – hanno esaminato ed elaborato i dati delle oltre 20mila voci del Catalogo Comune delle varietà orticole, confrontandole con l’edizione di 10 anni prima. Non sono poche le sorprese che sono emerse.
Il paradosso tra Italia e Olanda
Italia e Spagna, con il 40% dei volumi totali, sono i primi produttori di ortaggi in Europa. Tuttavia, registrano poche nuove varietà. Il primato per l'innovazione varietale degli ortaggi spetta invece all’Olanda, che contribuisce solo per il 5,4% alla produzione totale europea. A cosa si deve questo paradosso?
Partendo da questa domanda, i due universitari pugliesi hanno valutato com'è cambiato il panorama delle varietà orticole nei Paesi dell’Unione europea negli ultimi 10 anni, per ogni specie e in rapporto al tipo di propagazione e di seme utilizzabili (varietà ibride, varietà a impollinazione libera, varietà a propagazione agamica e “varietà da conservazione”).
I risultati della rassegna indicano che il Paese con più varietà orticole registrate è sempre l’Olanda, che nel Catalogo Comune detiene 8.350 varietà (40,4% del totale). Il record dei Paesi Bassi è da ascrivere all’intera catena di fornitura, dal miglioramento genetico alla vendita al dettaglio, alle organizzazioni di produttori, agli eccellenti enti di ricerca.
Le specie con il maggior numero di varietà sono:
- pomodoro (3.675 varietà);
- peperone (2.216);
- lattuga (2.114).
Negli ultimi 10 anni il numero di varietà ibride è passato da 9.507 a 11.871, mentre le cultivar comuni sono aumentate solo da 7.683 a 7.706. Per il pomodoro la maggior parte delle varietà sono ibridi F1, in costante crescita in generale, mentre per la lattuga è vero il contrario: solo un ibrido a fronte di più di 2.100 varietà totali.
L’Unione europea presta sempre maggiore attenzione alle “varietà da conservazione” e a quelle da utilizzare come portinnesti in orticoltura (ora nel Catalogo). Ciò è stato fatto nell’ottica di una sostenibilità ambientale fortemente ancorata all’agrobiodiversità del territorio.
Bibliografia
Santamaria P., Signore A., 2021. How has the consistency of the Common catalogue of varieties of vegetable species changed in the last ten years? Scientia Horticulturae, 277.