Diversificare, tentando nuovi percorsi produttivi e commerciali, diversi da quelli tradizionali seguiti con la coltivazione della fragola. È la ragione che ha spinto Demetrio Nicodemo, che coltiva 40 ha a fragola a Marconia, frazione di Pisticci (Mt), a cimentarsi con la coltivazione fuori suolo del lampone.
«La Basilicata è nota in Italia e all’estero per l’offerta di fragola, drupacee e ortive. La Nicofruit società cooperativa agricola di Scanzano Jonico, alla quale sono associato, produce e commercializza, con l’Op Assofruit Italia, fragole, albicocche, pesche, nettarine, uva da tavola, kiwi, arance, clementine, cavolfiore, lattuga romana e aneto in Europa, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, India e Brasile. La mia azienda è molto apprezzata per la produzione di fragole della varietà Candonga, pesche e albicocche. Potrebbe bastare così, potrei dirmi più che soddisfatto, eppure ho voluto guardare avanti e scommettere su una novità per il Metapontino, il lampone, un frutto che quasi non conosco. Certo, mi sono informato sulla tecnica colturale, potrò veicolare il lampone attraverso i canali commerciali che utilizzo per fragola e drupacee, ma la realtà è sempre diversa dall’immaginazione, qualche sorpresa può riservarla ogni momento. Non conosco le possibili rese, né so se gli abituali clienti commerciali apprezzeranno la novità, comunque ci provo!».
Serra modello
Proprio per non fare un salto completamente nel buio Nicodemo ha impiantato a lampone solo 0,5 ha, almeno per il momento. Ma non ha trascurato alcun particolare e, grazie al contributo finanziario del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale veicolato attraverso il Psr Basilicata 2007-2013, Misura 121, Intervento “Ammodernamento dell’azienda agricola”, ha costruito una piccola serra modello.
«Per realizzare un ettaro di moderna serra tunnel per lampone occorrono non meno di 200.000 euro, senza considerare l’impianto di fertirrigazione. Basta pensare che solo il costo delle piantine è di 25.000-30.000 euro/ha! Coltivare il lampone è molto costoso, non diventerà una referenza commerciale comune a tanti agricoltori a causa dei notevoli costi di impianto e di esercizio. Ho tirato su una serra composta da 22 tunnel in ferro-plastica, ciascuno largo 5 m, alto al colmo 3,5 m e in gronda 2,2 m. I tunnel sono coperti con due teli plastici a luce diffusa: il telo interno, con funzione anticondensa, dista da quello esterno 40 cm. Sui quattro lati la serra tunnel è chiusa da una rete verde ombreggiante al 35%, in grado di togliere il 35% di luce, nonché capace di mitigare l’effetto della radiazione solare e di calmare l’azione del vento. Sulla rete verde abbasso il telo plastico superiore, per aiutare ad abbattere il vento, per difendere la serra dalla pioggia o dalla grandine e per accumulare calore durante l’inverno, soprattutto la notte. Senza questa doppia protezione in estate le piante, tenere, verrebbero letteralmente bruciate dal sole. Tuttavia, quando è necessario, alzo il telo e la rete alle due estremità dei tunnel per arieggiarli e rinfrescarli».
Fibra di cocco
Nicodemo, allorché ha deciso di produrre lampone, non ha avuto dubbi sull’opportunità di coltivarlo fuori suolo. «Il lampone può essere attaccato da patogeni tellurici, come il marciume delle radici (Phytophthora fragariae var. rubi), soprattutto in terreni poveri, soggetti a ristagni idrici, e ancora di più in condizioni di reimpianto. Inoltre la pianta del lampone è molto pollonifera, un’attitudine che in pieno campo è difficile gestire; invece nel fuori suolo è più facile controllarla, perché la pianta emette meno polloni e in maniera più localizzata, cioè in uno spazio più limitato e facile da pulire».
E per il fuori suolo Nicodemo ha scelto la fibra di cocco, «uno dei substrati più adatti, poiché è sterile, dotato di buona ritenzione idrica, cioè capace di mantenere un buon livello di umidità. L’ho sistemato in ampie vasche in polistirolo a sezione trapezoidale rovesciata, disposte con interasse, la distanza fra gli assi centrali di due vasche affiancate, pari a 2,5 m. Le vasche, ognuna delle quali è lunga 1,25 m, sono provviste di un divisorio centrale per tutta la loro lunghezza. Ogni vasca contiene due file di piante, poste a distanza di 40 cm tra le file e di 20 cm sulla fila. Ciascuna fila di piante viene servita da due tubi per la fertirrigazione. Ogni filare di vasche viene protetto da una rete a maglie larghe che protegge le piante da eventuali rotture».
Fertirrigazione
La serra tunnel è dotata di un impianto centralizzato di fertirrigazione, che Nicodemo programma in base alle esigenze colturali del lampone in ogni sua fase fenologica. E lo fa con l’ausilio di una stazione meteo esterna alla serra tunnel, che comprende anemometro, pluviometro, termoigrometro, ecc., e di sonde di umidità posizionate nel substrato.
«L’impianto, una volta impostato, opera automaticamente, somministrando ogni volta l’acqua e i nutrienti necessari. Da remoto, cioè da personal computer o smartphone, posso controllare e gestire tutti i parametri colturali preimpostati: l’umidità, superiore e inferiore, del substrato, la conducibilità elettrica e il ph della soluzione nutritiva, la temperatura interna e quella esterna della serra, la velocità del vento, la radiazione solare, il livello di bagnatura fogliare e così via».
La gestione della soluzione nutritiva è abbastanza semplice, sottolinea Nicodemo, «perché il lampone, che è una piccola pianta arbustiva, non mostra particolari esigenze nutrizionali. Bisogna tuttavia porre particolare attenzione a non esagerare con l’azoto, altrimenti la pianta cresce molto vigorosa e tende ad accestire, cioè ad emettere tanti polloni. L’impianto fuori suolo è a ciclo aperto, lo ritengo meno costoso e più semplice da gestire di un impianto a ciclo chiuso: la soluzione residua non la disperdo nell’ambiente, la riutilizzo per fertilizzare le drupacee che coltivo accanto alla serra».
Varietà
Per produrre lamponi Nicodemo ha scelto una varietà rifiorente che garantisce due raccolte. «Ho effettuato il trapianto, la prima settimana di agosto, di piantine certificate sia sotto l’aspetto varietale sia per quello fitosanitario, che ho acquistato da vivai spagnoli e polacchi. Ogni pianta è tutorata con una canna, i germogli vengono legati a fili di sostegno con clip di plastica. Le piante sono fiorite scalarmente a partire dall’inizio di novembre e hanno iniziato a produrre a metà-fine dicembre, la raccolta è continuata fino a febbraio. A marzo poterò e pulirò le piante, che rifioriranno ad aprile e andranno nuovamente in produzione a maggio. Per garantire una perfetta impollinazione ho sistemato nella serra alcune arnie di bombi, che sono impollinatori eccellenti, più efficienti delle api. Le piante di lampone sono cresciute regolarmente, adattandosi benissimo alle condizioni climatiche di una serra fredda metapontina, e offrendo un’ottima resa e frutti di elevata qualità. Almeno finora non sono scontento di aver scelto il lampone per differenziare l’offerta!». n
Lampone, nuovi percorsi
A Marconia (Mt) Demetrio Nicodemo ha impiantato 0,5 ha su fibra di cocco, per differenziare l’offerta e aprire un nuovo mercato