Manodopera, la raccolta in crisi cambia le scelte colturali

Il problema non è di rapida soluzione, ma provoca già variazioni nella programmazione, dal riposo estivo all’epoca dei trapianti

Gli studi di economia agraria, nel descrivere la struttura e il bilancio delle aziende agrarie, hanno da sempre riconosciuto cruciale importanza alla componente lavorativa tra i fattori della produzione, insieme alle risorse naturali e al capitale e, al suo interno, al lavoro manuale, il cui compenso rappresenta la voce di costo principale in termini di percentuale sulla produzione lorda vendibile.

Dinamiche complesse

Come gli altri fattori, anche quello apportato dai lavoratori richiede un approvvigionamento attento ed è soggetto a fluttuazioni che ne modificano la disponibilità di anno in anno.

Le dinamiche socioeconomiche da cui dipende la disponibilità di manodopera per le aziende sono però numerose e complesse e coinvolgono spesso elementi che esulano completamente dal controllo dell’imprenditoria agricola, come flussi migratori e politiche economiche.

«In particolare, negli ultimi anni – afferma Sebastian Nigro, agronomo Itaka Crop Solution – la ricerca di manodopera in agricoltura è arrivata a rappresentare un vero dilemma per gli imprenditori agricoli. L’incertezza legata alla disponibilità di manodopera diventa così un fattore di rischio aggiuntivo di cui il produttore, in qualche modo, deve tenere conto nella propria attività sia in termini di programmazione sia di gestione».

Manodopera e immigrazione

La situazione nell’ultimo decennio ha registrato un andamento in continuo peggioramento, dapprima con un elevato numero di lavoratori provenienti da Paesi extracomunitari, come la Romania, che sono stati rapidamente assorbiti da altri settori. Nel giro di pochi anni, infatti, molti hanno preferito le fabbriche del Nord Italia e di altri paesi comunitari, come la Germania, al lavoro nel settore agricolo, al punto che la manodopera rappresentata dai braccianti rumeni nella fascia trasformata della Sicilia sud-orientale è ormai diventata quasi del tutto assente.

La richiesta di manodopera, comunque elevata, ha incontrato, in una fase successiva, le esigenze di lavoro di molti migranti arrivati in Sicilia dalla Tunisia e dall’Albania, che per alcuni anni sono riusciti a trovare nelle aziende siciliane un impiego stabile. Con il passare del tempo, però, la manodopera albanese ha spesso preferito uscire da un regime di lavoro dipendente, evolvendosi in piccola imprenditoria con l’affitto di terreni e serre e l’avvio di nuove attività.

Scelte aziendali dettate dalla manodopera

Viceversa, la manodopera tunisina ha progressivamente innalzato le richieste a livello retributivo, ed è spesso soggetta a intermittenza nei mesi estivi, con un’ampia porzione di lavoratori che, alla fine del ciclo colturale di maggio - giugno, torna nel paese d’origine per ripresentarsi a settembre.

In considerazione della totale assenza di lavoratori da maggio/giugno ad agosto, viene a mancare la manodopera per l’avvio di nuovi cicli e non tanto per la raccolta che, di conseguenza, slitta in ragione della variazione dell’epoca di trapianto.

In pratica, l’imprenditore, che un tempo basava la scelta dell’epoca di trapianto sulla propria conoscenza delle dinamiche del mercato, adesso si trova spesso vincolato a fare scelte in linea non con quanto suggerito dalle previsioni dei prezzi, ma con quanto consentito dalla disponibilità di manodopera.

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Leggi l’articolo completo sulla rivista Colture Protette n. 8/2023

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Manodopera, la raccolta in crisi cambia le scelte colturali - Ultima modifica: 2023-09-06T14:54:53+02:00 da Elena Barbieri

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