Produrre melone nell’era del climate change

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Francesca Nadalini mentre controlla lo stato di maturazione dei frutti in serra
L’esperienza dell’azienda Nadalini, di Sermide (Mn), nella continua ricerca del più idoneo assetto tecnico-agronomico

«L’agricoltura da sempre è stata scandita dall’alternarsi delle stagioni e influenzata nei suoi risultati dai fenomeni atmosferici. I recenti e sempre più evidenti cambiamenti climatici stanno obbligando gli imprenditori ad importanti adattamenti a livello produttivo, ma ancora prima organizzativo e di approccio mentale; anche nel caso delle coltivazioni protette».
È quanto afferma Francesca Nadalini, responsabile commerciale dell’azienda Nadalini, specializzata da oltre 40 anni nella produzione di meloni, angurie e zucche, sia in pieno campo che in coltivazione protetta.

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Capezzagne alluvionate

«Lavoro stabilmente in azienda da 14 anni, quando la copertura assicurativa veniva messa in discussione. Negli ultimi 6 anni nella nostra zona – Sermide, nell’Oltrepò Mantovano – abbiamo preso sempre la grandine, a volte devastante come quella dei mesi di luglio e agosto 2019. Nel periodo autunnale non c’è quasi più nebbia, ma è sempre più frequente vedere la rugiada già in luglio. La zona è sempre più ventosa e le temperature non seguono più i ritmi delle stagioni. I cambiamenti climatici non sono più un fatto straordinario, ma una costante con la quale fare i conti. In azienda siamo stati sempre attenti ad ottenere prodotti dalla qualità premium e ora per riuscirci dobbiamo fare continui adattamenti».

Gli adattamenti consolidati

Nadalini ricorre ad esempi concreti per spiegare l’evoluzione in corso.
• Le serre multiple non vengono più usate, perché troppo rischiose da quando sono aumentati i fenomeni ventosi. Se vola un tunnel, infatti, si tira dietro tutti gli altri a cui è ancorato. In più, le multiple non sono accatastate come impianti fissi e le compagnie assicurative ora fanno fatica ad assicurarle.

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Melone liscio Honeymoon della linea Gold

• Anche l’orientamento delle serre è stato modificato. La disposizione nord/sud è quella migliore per la luminosità, ma quella est/ovest è la meno rischiosa per le trombe d’aria, visto che nella zona il vento scende da nord. Così, anche se l’orientamento est/ovest fa sì che una delle due file di piante sia meno illuminata, ultimamente è quello preferito.
• In passato a volte si tentava il trapianto a metà febbraio. Poteva andare bene, ma si rischiava di perdere tutte le piantine per via delle temperature troppo basse. Ora, con l’innalzamento delle temperature, trapiantare il 15 febbraio è diventata una prassi consolidata. Da notare che la pianta del melone per lavorare bene necessita di temperature comprese tra i 12° e i 35°C e di un certo numero di ore luce; altrimenti le radici non nutrono adeguatamente la pianta, soprattutto durante le fasi di allegagione dei frutti.
• Il ripetersi di estati con temperature estreme ha reso necessario ripensare i teli plastici di copertura delle serre. Oltre alla scelta più idonea tra le numerose tipologie offerte con caratteristiche specifiche, si ricorre alla tinteggiatura dei teli con caolino o calce. Il bianco scherma la luce e abbassa la temperatura all’interno della serra, poi con le piogge si dilava.

Le scelte agronomiche

«Siamo alla continua ricerca di un equilibrio tra il contenimento dei rischi e l’ottimizzazione della qualità del prodotto, di nuove soluzioni più rispondenti al nuovo clima, oltre che alla mutata domanda di mercato. Noi imprenditori giochiamo una sorta di Tetris, in cui dobbiamo incastrare tante variabili».
Nadalini elenca le più importanti variabili della programmazione in azienda:
• varietà, ovviamente contestualizzata nel giusto periodo;
• portainnesto;
• colmino o baulatura (decidere se farla o meno);
• pacciamatura sulla fila (decidere spessore, colore e larghezza; stante che sono disponibili 8 diversi tipi di telo e che si usa il colore bianco o nero a seconda del periodo dell’anno, dunque delle temperature);
• pacciamatura interfilare tra un colmino e l’altro (decidere se usarla, sapendo che permette la riduzione dell’inerbimento e aiuta a scaldare il terreno);
• tunnel (decidere altezza, lunghezza, larghezza e orientamento);
• telo (scegliere tra diverse tipologie, sapendo che diverse grammature possono determinare differenze di temperatura interna alla serra fino a 5° C);
• ovviamente tecnica colturale per il contenimento della produzione e delle fitopatologie, con la difficoltà di rispettare il disciplinare di produzione integrata e le linee guida indicate dai clienti per i prodotti di filiera a marchio del distributore, a fronte delle problematiche estreme che si possono verificare in campo.

L’analisi dei dati

«In questi ultimi anni» continua Nadalini «stiamo sviluppando una forte capacità adattativa: una maggiore focalizzazione del periodo di trapianto – perché non esiste più un impianto che va bene sempre – e soprattutto una grande sensibilità all’analisi dei dati. Da novembre a febbraio, nei quattro mesi di vuoto di produzione di meloni, ci dedichiamo proprio a tale analisi, che ci consente di decidere la programmazione colturale ottimale per la campagna successiva. I dati li raccogliamo in due modalità:
• monitoraggio delle quantità in ingresso in magazzino e dello scarto;
• attività sperimentale, guidata da un tecnico che monitora gli impianti dedicati alla sperimentazione in corso con un test su un determinato fattore della produzione, spesso scaturito proprio dall’analisi dei report di monitoraggio.

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Serra in buone condizioni di scolo

Giornalmente, per ogni cultivar e per ogni filiera (linea Igp, private label delle varie catene clienti, ecc.) vengono monitorate e registrate le caratteristiche fisiche (pressione, durezza, gradi Brix,...) e organolettiche (retrogusto, aroma, altri aspetti sensoriali) e ovviamente qualsiasi anomalia, che viene sempre ricondotta ad una o più cause, per lo più legate ad aspetti pedoclimatici, al fine di porre correttivi e di orientare meglio le scelte future.
Spiega Francesca Nadalini: «Usiamo un software unico per elaborare ed estrapolare i dati, che ci consente di gestire tutte le fasi: dalla programmazione colturale, alla fatturazione elettronica, all’analisi delle singole voci di costo aziendali. La velocità di elaborazione ed estrapolazione dei dati accelera il processo decisionale e il miglior controllo di gestione, che è fondamentale; perché si parla tanto di sostenibilità ambientale delle produzioni, ma noi imprenditori non possiamo perdere di vista la sostenibilità economica».

Gli obiettivi tecnici

Tra gli obiettivi dell’imprenditrice mantovana c’è anche quello di sfruttare le opportunità aperte dal miglioramento genetico. Dice infatti: «Il nostro obiettivo è individuare cultivar geneticamente stabili, che garantiscano un risultato ottimale in termini di rese e di standard qualitativo, a prescindere dal troppo freddo o troppo caldo, dalle gelate e dalle conseguenti fitopatie che possono innescarsi.

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Allagamento tra le serre

Alle varie componenti di rischio di qualsiasi imprenditore, noi imprenditori agricoli aggiungiamo il clima, su cui nessuno ha potere. Quello che possiamo fare è cercare di stabilizzare tutti i fattori di produzione e valutare come e quanto proteggere in base all’analisi costi-benefici. Esempio, bomba d’acqua: se non hai ben livellato il terreno e provveduto a creare gli scoli idrici – entrambi costi per ettaro – rischi di vedere i campi allagati e di perdere la produzione».
Conclude Nadalini: «La ricerca di un continuo adattamento degli impianti e delle cultivar e di una maggiore protezione e sostenibilità implica un aggravio dei costi. Ma la strada del riconoscimento di mercato è ancora lunga, perché la filiera non è consapevole di tutti gli impegni economi necessari. La linea Alta qualità ha il suo canale, però è sempre molto difficile spiegare agli attori della distribuzione che 10 centesimi in più al chilo per un produttore possono cambiare la marginalità e salvaguardare la categoria».             •


L'Azienda in breve

Nadalini soc. agricola s.s.
Sermide e Felonica (Mn)

Anno di fondazione
1979

Superficie totale
330 ha

Colture praticate
Cucurbitacee; ovvero melone, anguria e zucca su 225 ha,
di cui 80 ha in serra.
Cereali e leguminose per la rotazione (105 ha).

Marchi di qualità
Azienda autorizzata alla produzione e commercializzazione del melone mantovano Igp, filiera a marchio per la Distribuzione moderna

Produrre melone nell’era del climate change - Ultima modifica: 2020-01-10T15:34:35+01:00 da Lucia Berti

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