Le quattro varietà antiche di meloni reggiani, Presidio Slow Food

Meloni reggiani Slow Food
Melone ramparino

Quattro varietà pressoché scomparse di meloni reggiani sono state recuperate al termine di un lungo progetto che ha visto coinvolto un Istituto di istruzione superiore di Reggio Emilia. Sono il melone Rospa, il melone Ramparino, il melone Banana di Santa Vittoria e il melone Banana di Lentigione. Frutti dai gusti particolari, tutti da riscoprire.

La riscoperta delle cultivar

Quando il professor Mirco Marconi e i colleghi dell’Istituto di istruzione superiore Antonio Zanelli di Reggio Emilia hanno cominciato la ricerca di prodotti che rischiavano di scomparire, non era ancora il 2000. «All’epoca, lavorare in questo modo non era di moda come oggi» racconta Marconi, responsabile del nuovo Presidio Slow Food degli Antichi meloni reggiani.

Mirco faceva già parte di Slow Food - di cui poi è stato fiduciario della Condotta reggiana - ma la molla che lo fece scattare fu un ricordo di famiglia. «Mio nonno era un commerciante di frutta e io ricordavo quando, da bambino, mangiavo dei meloni che non ho mai più trovato in giro. Così siamo partiti, perlustrando la Bassa Reggiana e il Mantovano». Prima recuperando la zucca Cappello da prete, entrata a far parte dell’Arca del Gusto Slow Food, e poi orientandosi verso meloni e angurie.

Una coltura tradizionale

La coltivazione di meloni nel Reggiano ha una lunga tradizione, specialmente nelle valli tra Novellara, Guastalla e Santa Vittoria. Le varietà che si trovavano in commercio qualche decennio fa erano più di quelle di oggi. Ora il mercato è dominato da cultivar che si conservano più a lungo e dal gusto più dolce. Il lavoro di riscoperta portato avanti dall’Istituto Zanelli, però, ha consentito di recuperare altre quattro varietà, ognuna diversa dall’altra per caratteristiche e sapore. Vediamole nel dettaglio.

Il melone Rospa

Cominciamo dal melone Rospa, sicuramente quello la cui storia è più lunga. «È uno dei più antichi in assoluto in Italia - spiega Marconi -. Ha un aspetto simile a una zucca e deve il suo nome alle verruche sulla superficie». E particolare è anche il gusto, non molto dolce, sapido e leggermente piccante, caratteristiche che lo rendono eccellente cotto al forno con cioccolato e amaretti, come le più consuete pesche.

Meloni reggiani
Melone rospa

Ma c’è un’altra curiosità legata al melone Rospa: compare in diversi dipinti italiani del ‘600 e anche negli affreschi di Palazzo Te, a Mantova, ne vengono raffigurati di simili. Una storia importante, al punto da venire citati dall’agronomo reggiano Filippo Re in un documento del 1811.

Il melone rampicante e i meloni “banana”

C’è poi il cosiddetto melone Ramparino, che deve il suo nome al fatto che cresce bene come rampicante. È un melone dal gusto probabilmente un po’ più difficile: poco dolce e con note pepate, per questo motivo può anche essere utilizzato in insalata.

Meloni reggiani Slow Food
Melone ramparino

Gli ultimi due meloni appartengono alla tipologia “banana”, chiamata così per la polpa bianca e l’aroma che richiama il frutto omonimo. Il primo è quello di Santa Vittoria, profumatissimo e dalla forma ellittica, e l’altro il Lentigione, più tondeggiante.

«Dei quattro, il melone Lentigione è forse il più interessante - commenta Marconi - e si presta a essere mangiato come frutto più che ad accompagnare i tradizionali salumi».

Melone banana
Melone banana Lentigione
Meloni reggiani
Melone banana di Santa Vittoria

 

Anche in questo caso la storia è intrigante: «Lo ricordavano poche persone, solo nell’area tra Brescello (nel Reggiano) e Sorbolo (in provincia di Parma). Ma non siamo ancora riusciti a scoprirne l’origine. Ci sono varie ipotesi in campo, come il suo arrivo dalla Libia in epoca coloniale, visto che qualcuno pare lo chiamasse “tripolino”».

La riscoperta e il futuro

«La nostra zona è molto adatta alla coltivazione delle cucurbitacee - prosegue Marconi - ma in molti negli ultimi decenni si sono orientati su colture moderne, abbandonando le varietà antiche per una questione di gusto e di facilità di commercializzazione».

Il Presidio Slow Food nasce anche per raccontare la storia di varietà che possono diventare un valore aggiunto per i produttori. «Uno dei nuovi coltivatori dei meloni reggiani si occupa di grani antichi ma ha accolto con entusiasmo il progetto e, in un pezzetto di terra, ha piantato anche i nostri semi».

Oggi le aziende produttrici sono nove, tutte biologiche salvo un’eccezione, e tra gli agricoltori ci sono anche ragazzi tra i 25 e i 40 anni, preparati e sensibili alla tematica della biodiversità. «Sono i giovani quelli che meglio degli altri possono capire e trasmettere il valore di questi prodotti» conclude Marconi.

Il finanziamento

Il Presidio degli Antichi meloni reggiani è finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale del Terzo Settore e della Responsabilità Sociale delle Imprese – avviso n° 1/2018 “Slow Food in azione: le comunità protagoniste del cambiamento”, ai sensi dell’articolo 72 del codice del Terzo Settore, di cui al decreto legislativo n 117/2017. Inoltre, è sostenuto da Emil Banca - Credito Cooperativo.

Le quattro varietà antiche di meloni reggiani, Presidio Slow Food - Ultima modifica: 2021-01-01T09:31:39+01:00 da Paola Cassiano

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome