Brexit colpirà anche il florovivaismo made in Italy

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In questo periodo tanto delicato, considerando l’impossibilità di organizzare convegni e altre manifestazioni, stanno prendendo piede i webinar, ovvero seminari a distanza, spesso su temi interessanti. Il 17 febbraio l’Associazione Florovivaisti Italiani ne ha organizzato uno dal titolo “L'impatto della Brexit sul florovivaismo italiano”. Lo si può vedere in differita a questo link.

Gli interventi e i relatori

Con il coordinamento di Cristina Chirico, responsabile dell’ufficio internazionalizzazione di Cia - Agricoltori italiani, gli interventi che si sono succeduti sono stati i seguenti.

  • Barbara Di Rollo, coordinatrice nazionale dei Florovivaisti Italiani. Il suo intervento si intitola "Quali prospettive per le produzioni florovivaistiche nazionali nell'ambito dell'accordo Ue-Uk"
  • François Guerin, responsabile della task-force Brexit del Copa-Cogeca. Il suo contributo è stato: "Analisi dell'accordo commerciale Ue-Uk, le principali problematiche del settore"
  • Ferdinando Pastore, direttore dell’agenzia Ice Londra. Intervenuto sulla "Panoramica congiunturale e previsioni di sviluppo per macro-settori"
  • Gabriella Migliore, direttrice Help desk Brexit agenzia Ice Londra. La sua presentazione è stata su "Gli effetti della Brexit a poche settimane dall'accordo"
  • Loredana Sasso dell’ufficio regimi e procedure doganali - Direzione dogane agenzia dogane e monopoli. Ha discusso delle "Formalità e procedure doganali per le transazioni commerciali con Uk dopo il recesso"
  • Walter Baruzzo, responsabile controlli importazione ed esportazione del Servizio fitosanitario della Regione Liguria. Si è focalizzato su "Brexit: prime valutazioni sull'implementazione dei controlli fitosanitari in Liguria in applicazione della Ocr (Regolamentazione Controlli Ufficiali) in Liguria. Questioni aperte e prospettive"
  • Eveline Herben, presidente del gruppo di lavoro fiori e piante ornamentali Copa-Cogeca. Ha esposto l'"Impatto della Brexit sul settore florovivaistico europeo".

I danni della Brexit al florovivaismo

Dalle relazioni sono emerse alcune problematiche che manifesteranno i loro effetti a breve. In particolare, è vero che l’accordo tra Regno Unito e Unione Europea di fine 2020 prevede un rapporto di partenariato con pari condizioni, assenza di dazi e di quote. Tuttavia, comporterà comunque maggiore burocrazia e costi aggiuntivi, soprattutto per formalità doganali, per controlli fitopatologici e relativa documentazione.

Il passaporto fitosanitario non basta più

Barbara Di Rollo ha presentato i tre step previsti dall’accordo (1° gennaio, 1° aprile e 1° luglio). La prima fase ha riguardato i prodotti vegetali ad alta priorità: piante e materiale di propagazione. La seconda riguarderà tutti i prodotti vegetali regolamentati, mentre nella terza entreranno in vigore controlli fisici alle frontiere.

Il passaporto fitosanitario, quindi, non sarà più sufficiente. Serviranno una pre-notifica di esportazione, il certificato fitosanitario, controlli documentali e controlli fisici alle frontiere. Solo per la pre-notifica è necessario un anticipo da 24 a 36 ore. Inoltre, alcune tipologie di piante soggette a rischi fitopatologici (es. Xylella) potrebbero subire ulteriori restrizioni.

Per risolvere le problematiche, la Di Rollo propone l’informatizzazione e digitalizzazione dei documenti e il rivolgersi al Consiglio di partenariato per le questioni fitosanitarie.

Attenzione alle regole di origine

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François Guerin ha ripercorso tutte le tappe che dal referendum del 2016 hanno condotto alla situazione odierna e ha sottolineato che la situazione è ora molto diversa rispetto a quando il Regno Unito era un membro effettivo dell'Ue.

Sarà necessario fare molta attenzione alle regole di origine: per ottenere le agevolazioni, i prodotti devono essere stati coltivati nell'Ue o avervi subito importanti trasformazioni. Guerin spera in una bassa frequenza dei controlli, anche considerando che le rispettive norme fitosanitarie sono già abbastanza convergenti.

Help desk per le aziende

Pastore ha sottolineato come per l’Italia sia importante mantenere il livello attuale di interscambio, che ci vede con un salto commerciale nettamente positivo (10 miliardi nel 2019). Molti imprenditori italiani di tutti i settori si stanno rivolgendo all’Ice per le loro problematiche: già da metà 2019 è stato istituito un help desk che risponde alle esigenze delle aziende. Ma gli effetti negativi sono dovuti anche alla pandemia e al Pil della Uk, sceso dell’11%, soprattutto per i lockdown. Il governo Johnson ha messo in campo risorse enormi per contrastare questo andamento.

Prima, l’Ice interveniva a favore degli esportatori italiani anche in fiere e manifestazioni, ora cancellate: gli incontri su piattaforme virtuali non sono altrettanto efficaci. Si spera che ora l’azione efficace delle misure vaccinali possa portare presto a grandi benefici. Grande impulso ha avuto l’e-commerce: si prevede che nel 2028 possa superare le vendite dirette. Gli indirizzi mail a cui rivolgersi sono londra@ice.it e brexit@ice.it per le istanze specifiche sulla Brexit.

Brexit in pillole per gli esportatori

Migliore ha illustrato le tre attività dell’help desk: sulla home page c’è un banner: "Brexit in pillole per gli esportatori italiani". Qui sono riassunti tutti i materiali prodotti negli ultimi mesi, compreso il manuale sulle piante e i prodotti vegetali. Il sito è in continuo aggiornamento, con pubblicazioni, rubriche e dialogo con gli esportatori.

Formazione on-line: il 16 marzo è programmato un webinar sulle certificazioni, cui ci si può iscrivere tramite brexit@ice.it. Ma il core business dello sportello è l’assistenza, che già può vantare oltre 1.000 risposte alle richieste provenienti dalle aziende italiane, sia per la comprensione dei meccanismi sia per la risoluzione dei problemi, soprattutto errori nella preparazione della documentazione. É necessaria la massima attenzione nella compilazione di tutti i documenti a corredo delle esportazioni, anche se talvolta a commettere gli sbagli sono gli agenti doganali.

La differenza tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord

Loredana Sasso ha sottolineato come la situazione sia comunque migliore da quella che sarebbe scaturita da una hard Brexit, senza alcun accordo. Ai primi di marzo pubblicheranno una nuova circolare dell’Agenzia per chiarire alcuni degli aspetti principali, tutti riassunti sul portale.

C’è differenza di trattamento tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord, visto che non esiste un confine fisico tra le due parti dell’Irlanda stessa: per ora l’Irlanda del Nord ha un trattamento come se facesse ancora parte dell’Unione e non esistono formalità doganali. Per tutti gli altri territori del Regno Unito (Inghilterra, Scozia e Galles) stanno entrando in vigore le formalità previste dall’accordo. La prima formalità importante è il codice Eori, codice di identificazione doganale. Per l’Italia coincide con l’identificativo Iva, preceduta da It.

Fondamentale è anche la presentazione della dichiarazione di esportazione: modulistica e istruzioni si trovano sul sito dell’Agenzia. Inoltre, è importante identificare correttamente gli uffici doganali competenti, tanto in Italia quanto nel Regno Unito, inviando le dichiarazioni doganali per via telematica, abbreviando così i tempi. Una scorciatoia ulteriore è l’approvazione della sede dell’esportatore come "luogo approvato all’export", per chi invia sistematicamente le proprie merci.

Ci sono gli accordi di reciprocità

Secondo Baruzzo, in teoria, il rischio era tornare indietro di 30 anni, quando non era ancora in vigore il passaporto fitosanitario. Pare però che questa prospettiva sia remota, grazie agli accordi di reciprocità tra le parti. Buona parte delle attività di controllo del suo Servizio si stanno spostando verso l’Uk. Ad esempio la prima fase (alta priorità) ha interessato le piante aromatiche tipiche della piana di Albenga. Nella seconda fase, entreranno fiori e fronde recise, mentre dal 1° luglio, tutti i prodotti saranno soggetti potenzialmente ad ispezioni.

Anche il legno (es. pallet) su cui spesso si spedisce la merce, dovrà recare la marchiatura in base agli standard internazionali e le piante tutelate da norme Cites dovranno aggiungere la relativa certificazione a quella fitosanitaria. Pure le aziende devono dare il loro contributo, con prodotti di una qualità che non ponga problemi dal punto di vista fitosanitario e l’implementazione di pratiche di auto-controllo.

Lo squilibrio tra import/export

Eveline Herben, eletta da poco presidente del gruppo di lavoro fiori e piante ornamentali Copa-Cogeca, lavora per le Aste olandesi. Queste sono sicuramente il soggetto principale dell’import-export a livello internazionale, ottimo punto per monitorare tutto quanto accade a livello europeo.

C’è un netto squilibrio nel rapporto import/export da e per il Regno Unito: dall’Europa vanno nell’Uk 1,2 miliardi di euro di prodotti, mentre in senso opposto il valore è di soli 18 milioni. Quindi è nel nostro interesse che i nostri prodotti possano arrivare nel miglior modo possibile nel Regno Unito. In termini di valore, l’Italia nel 2019 era al quarto posto tra i Paesi esportatori con 23 milioni di euro, preceduta da Paesi Bassi (230 mln), Belgio (45 mln) e Germania (40 mln). Nel gennaio 2021 c’è stata una riduzione di 8 milioni di euro, pari al 34% rispetto allo stesso mese del 2020, ma va considerato che in Inghilterra, causa Covid, sono aperti i garden center (non in Galles, Scozia e Irlanda del Nord) mentre sono chiusi dappertutto i fioristi. Il canale principale è rappresentato dalla grande distribuzione, seguito dalle vendite sul web (click and collect).

In previsione della prima fase dei controlli, gli esportatori di piante si erano portati avanti’ con un aumento del 34% a dicembre 2020 rispetto allo stesso mese del 2019. Nel frattempo, altre nazioni, come Belgio e Danimarca hanno stretto accordi con le autorità fitosanitarie olandesi per dichiarare i loro stati come esenti da determinate malattie, semplificando così la ri-esportazione nel Regno Unito.

Servirà il passaporto britannico per le piante

Passaporti delle piante: l’Uk non riconosce più quelli europei e sono necessari invece i certificati per la successiva emissione del passaporto britannico. Un discorso diverso vale per fiori e fronde recise: anche qui c’è da considerare la chiusura dei fioristi, per cui l’80% delle vendite avviene attraverso la grande distribuzione. A sorpresa, c’è stato un aumento dell’export dall’Ue del 3% a gennaio 2021, per un totale di 48 milioni di euro.

Dal punto di vista dei controlli, questi prodotti rientrano nella seconda fase, a partire dal 1° aprile, quando saranno necessari certificati fitosanitari e certificati di pre-esportazione (Peach/Ipaff). Ci sono grandi preoccupazioni da parte dei produttori, anche perché le autorità britanniche non hanno previsto un adeguamento dei loro sistemi. Si spera che le autorità britanniche possano posporre l’entrata in vigore delle norme.

In conclusione, la sfida sarà davvero molto difficile, soprattutto tenendo in considerazione che i mesi di marzo, aprile e maggio sono quelli tradizionalmente più importanti per i nostri prodotti.

Serve più collaborazione in Europa

Aldo Alberto, presidente dell’Associazione Florovivaisti Italiani e da poco vice presidente del gruppo di lavoro del Copa-Cogeca, ha tratto le conclusioni dagli interventi dei relatori. Si va verso un mondo che sarà completamente diverso da quello che conoscevamo e la collaborazione è importante soprattutto all’interno dell'Ue.

Alberto ha concluso ricordando che, in una riunione il giorno precedente presso il ministero dell’Agricoltura, è stato presentato un disegno di legge dedicato proprio al florovivaismo: tutte le rappresentanze sindacali si dovrebbero unire sui temi centrali, non ci possiamo permettere di non mettere insieme gli interessi delle aziende al di là delle sigle.

Brexit colpirà anche il florovivaismo made in Italy - Ultima modifica: 2021-02-24T08:46:54+01:00 da Paola Cassiano

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