La fertirrigazione permette di ottenere produzioni abbondanti e di elevata qualità, grazie alla possibilità di soddisfare in maniera più precisa le esigenze nutrizionali della coltura.
«I motivi che indirizzano le scelte aziendali verso la fertirrigazione – ci dice Marco Valerio del Grosso, Agronomo di AnTeSia – sono sicuramente il risparmio di acqua e fertilizzanti e il miglioramento della qualità delle produzioni. Per ottenere i migliori risultati dalle colture, però rapporto ionico conducibilità elettrica delle soluzioni e pH devono avere i giusti valori».
Per quanto riguarda l’apporto di ioni va considerato il rapporto tra potassio e calcio + magnesio, la percentuale di azoto ammoniacale sul totale di azoto da somministrare e il rapporto tra azoto, anidride fosforica e ossido di potassio.
«Qualsiasi tipo di pianta – spiega Del Grosso – in periodi freddi, umidi e nuvolosi assorbe più potassio, mentre in periodi caldi, asciutti e soleggiati assorbe più calcio. Pertanto, il rapporto K/(Ca+Mg) deve essere alto in inverno (0,7-1,0) e basso in estate (0,3-0,5). Inoltre, in fase di crescita, dopo la semina o il trapianto, la pianta assorbe più calcio e magnesio, viceversa in fase di maturazione assorbe più potassio. Quindi, il rapporto K/(Ca+Mg) deve essere basso quando la pianta è giovane (0,3-0,5) ed alto quando la stessa è in fase di maturazione».
L’azoto
Per l’ammonio va valutato che lo ione ammoniacale fornisce una notevole spinta vegetativa alla pianta. L’ammonio e l’urea vanno utilizzati nel caso si voglia spingere una pianta (periodi freddi), dare vigore alla stessa e/o ottenere una buona pezzatura del frutto, ma determinano calo di °brix e colore, se non dosati bene.
«Per questo motivo – aggiunge Del Grosso – la percentuale, rispetto al totale di azoto somministrato, dev’essere alta in inverno (20 – 30%) e bassa in estate (5-10%). Al trapianto la quantità di ammonio va regolata in funzione della necessità di “spingere” più o meno la pianta. Per quanto riguarda il rapporto tra i tre macro elementi (azoto, fosforo e potassio), solitamente nella fase iniziale le piante gradiscono un rapporto 1:1:1, per poi spostarsi verso un rapporto 2:1:3 o 2:1:5».
Dopo il trapianto
Dopo il trapianto è necessario soprattutto dare Nitrato di Calcio e Fosforo (urea fosfato/acido fosforico).
«Va sottolineato – aggiunge il tecnico – che il fosforo non serve a favorire lo sviluppo radicale ma solo ad incrementare il numero delle radici, mentre è il calcio ad influire sull’allungamento delle stesse. Quest’ultimo, tra l’altro, è difficile da assorbire soprattutto per motivi ambientali. Tale carenza indotta, determina le famose fisiopatie: marciume apicale (ciccato), butteratura amara, cuore cavo, tip burn, ecc.».
Conducibilità elettrica
Altro parametro fondamentale per la fertirrigazione è rappresentato dalla conducibilità elettrica delle soluzioni.
«La conducibilità è un parametro fondamentale per la gestione della fertirrigazione – aggiunge Del Grosso – ed è uno dei parametri importanti per “indirizzare” la pianta verso le nostre esigenze. In pratica più è alta la conducibilità (salinità) del terreno, meno la pianta beve, fino, in casi estremi, ad arrivare alla morte».
La pianta assorbe più o meno elementi nutritivi anche in funzione del pH del terreno. La maggior parte delle piante gradisce un pH subacido tra 6,2 e 7,0.
«La correzione duratura (più di qualche giorno) del pH di un terreno contenente argilla e sostanza organica è quasi impossibile. Si può ottenere solo un abbassamento temporaneo aggiungendo acidi durante la fertirrigazione. In coltura protetta viene a volte utilizzato acido nitrico (pericoloso), In pieno campo si può usare Urea Fosfato e/o Acido Fosforico».
Le dosi
Per quanto riguarda il calcolo delle dosi da somministrare bisogna sempre partire dalle analisi del suolo.
«Attualmente – precisa Del Grosso – le analisi del suolo si basano su metodiche ufficiali stabilite dal D.M. 13/09/99. Tali metodiche determinano il quantitativo “disponibile” di potassio, calcio, fosforo, ecc. utilizzando estraenti forti (bario cloruro, bicarbonato di sodio) che nulla hanno a che vedere con le piante (i vegetali non emettono bario cloruro, ma essudati radicali contenenti acidi organici deboli). Con tali metodiche si corre il rischio a volte di sovrastimare i contenuti di elementi nutritivi nel terreno, assimilabili dalle piante».
L’estratto acquoso
In Olanda, Spagna e Israele, nazioni regine della fertirrigazione, si utilizzano soprattutto altre metodiche analitiche basate sul semplice estraente acqua, valutando così gli elementi nutritivi solubili e quindi effettivamente disponibili per le piante.
«L’analisi dell’estratto acquoso – specifica il nostro interlocutore – permette di “tarare” con efficacia la soluzione nutritiva; in commercio esistono già dei kit rapidi e online sono disponibili dei software gratuiti per facilitare gli interventi».
Anche i metodi di calcolo, per stabilire le quantità da apportare, devono essere rivisti.
«Il metodo classico si basa sulla conoscenza delle asportazioni: si detraggono i quantitativi di N, P e K presenti nel terreno (e nell’acqua) misurati con i metodi ufficiali e si ottengono i quantitativi da somministrare. Un metodo innovativo, soprattutto in coltura protetta, prevede lo studio delle soluzioni nutritive del fuori suolo, si detraggono i valori di cationi e anioni presenti nell’acqua (Nitrati, Solfati, Calcio, Fosfati, ecc.) e nel terreno (analisi estratto) e si somministra».
La fertirrigazione, un tempo utilizzata solo nelle colture protette, si sta diffondendo anche in pieno campo sulle colture invernali quali finocchio e cavolfiore.