Pomodoro di Pachino

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Tecnica agronomica raffinata, impegnativa e in evoluzione. Un prodotto di nicchia che ha conquistato uno spazio speciale nel mercato

Varietà con ampi pacchetti di tolleranze/resistenze genetiche a virus, funghi, insetti e nematodi; ricorso alle piantine innestate per infondere resistenza ad agenti di malattie del terreno (fusariosi e verticilliosi) e a nematodi; adozione di moderne tecniche colturali. È nel segno dell’innovazione che gli agricoltori dell’estrema punta sud-orientale della Sicilia coltivano il Pomodoro di Pachino Igp, un prodotto di nicchia che ha conquistato uno spazio speciale non solo sul mercato, ma anche nella percezione dei consumatori, tanto da vivere negli ultimi cinque anni una crescita esponenziale di produzione (+142%) e di valore (+174%), collocandosi al primo posto fra i prodotti siciliani Dop e Igp e al settimo fra quelli italiani. Lo evidenzia il presidente del Consorzio di tutela del Pomodoro di Pachino Igp Salvatore Lentinello, nonché produttore egli stesso e direttore commerciale di una cooperativa locale, confermando quanto già sostenuto nel convegno organizzato a Padova da Terra è Vita Future Lab.

Niente fuori suolo

«Terreno, acqua di irrigazione e clima sono i pilastri su cui poggia la coltivazione del Pomodoro di Pachino Igp.

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Salvatore Lentinello.

Essa viene realizzata in serre in ferro-plastica su terreno, come dispone il disciplinare di produzione, e non fuori suolo, perché sono proprio le particolari caratteristiche del terreno che rendono unico il nostro pomodoro, diverso da tutti gli altri».

Il terreno del comprensorio su cui ricade l’Igp (circa 1.500 ettari fra Pachino, Portopalo di Capopassero, la parte meridionale del territorio di Ispica e un piccolo pezzo di quello di Noto) è molto sabbioso, e la quantità di sabbia aumenta quanto più ci si avvicina alla costa.
«Al terreno si lega la qualità dell’acqua irrigua: il comprensorio non viene servito da un consorzio di bonifica, ma ogni azienda, anche le più piccole (il 90% di esse ha una superficie di circa un ettaro), dispone di un pozzo aziendale, da cui preleva acqua salmastra. Il disciplinare prevede che gli agricoltori possano irrigare il pomodoro con acqua la cui conducibilità elettrica oscilli fra 1.500 e 10.000 µS/cm²: al di sotto di tale limite l’acqua, estratta troppo lontano dal mare, sarebbe priva delle caratteristiche chimico-fisiche capaci di stressare le piante ed esaltare la qualità dei frutti, al di sopra di esso indurrebbe nelle piante uno stress eccessivo che potrebbe non solo compromettere la produzione, ma persino danneggiarle irreparabilmente».

E poi il clima, caldo, segnato spesso da venti sciroccali con buona presenza di umidità, ma soprattutto mite durante l’inverno, tanto che quasi mai le temperature si avvicinano a 0 °C o scendono sotto esso e rarissime, pressoché inesistenti, sono le gelate.
«Molte serre sono fredde e solo alcune, le più interne, sono provviste di impianto per il riscaldamento di soccorso. La temperatura media di 20 °C in serra per gran parte dell’anno garantisce continuità di produzione ed elevata qualità. In estate fa molto caldo, ma allora solo poche serre sono in produzione, giusto per mantenere i contatti fra il comprensorio e il mercato. Quasi tutti solarizziamo per 60-90 giorni: il terreno è libero dalle piante, ma coperto con teli e irrigato per abbassare la carica di patogeni del terreno».

Quattro tipologie di pomodoro di Pachino

L’Igp Pomodoro di Pachino riguarda quattro tipologie di pomodoro da mercato fresco, informa Lentinello: ciliegino, plum (distinta in miniplum o datterino e plum o Piccadilly), Marmande e tondo liscio.

«La tipologia ciliegino, la prima ad aver ricevuto l’Igp nel 2002, è la più importante, con circa il 50% della produzione totale. La Marmande, anch’essa Igp dal 2002, ne comprende il 15%. Un altro 15% proviene dalla tipologia tondo liscio, Igp dal 2003. Infine la plum, Igp da agosto 2016, il restante 20%». Le quattro tipologie hanno diverse epoche di trapianto.

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La tipologia ciliegino, la prima ad aver ricevuto l’Igp nel 2002, è la più importante, con circa il 50% della produzione totale.

«Per la ciliegino il 60% dei trapianti si esegue fra inizio agosto e fine settembre: per i primi trapianti il ciclo dura 60-65 giorni, con raccolta a inizio ottobre; per i trapianti di ottobre-dicembre 80 giorni, per quelli di gennaio-marzo 100 giorni, infine i trapianti di aprile-luglio servono per mantenere i legami con i mercati. Per i pomodori plum e miniplum la consistenza dei trapianti, per le diverse epoche, non si discosta dalla tipologia ciliegino. Per Marmande e tondo liscio i mercati chiedono pomodori verdi, ma è difficile fare una raccolta “a verde” a inizio ottobre a causa delle temperature molto elevate: perciò preferiamo concentrare i trapianti fra inizio ottobre e fine dicembre, in modo da effettuare la raccolta con temperature più basse».

Il territorio dell’Igp è ventoso, perciò le serre adottate per la coltivazione del pomodoro sono piuttosto basse e compatte, con altezza al colmo di 3,0-3,5 m e in gronda fra 2,2 e 2,8 m.
«Per i cicli più corti, come quelli di Marmande, alleviamo le piante in verticale, mentre per quelli più lunghi in diagonale, in modo da poter tenere più lunghi i loro fusti e aumentarne la durata produttiva. Per impollinare i fiori utilizziamo cassette con i bombi, sostituendole ogni 35-40 giorni, perché dopo la loro capacità di impollinare non è più perfetta, e non è bello un grappolo con un buco al centro! Per nutrire le piante curiamo molto la fertirrigazione: ogni azienda è dotata di un apposito banco».

I problemi fitosanitari

Poiché la coltura del pomodoro Igp è ad alto reddito, gli agricoltori la ripetono sempre su se stessa (solo alcuni destinano ogni anno il 25% della superficie aziendale a melone). Ovviamente l’assenza di rotazioni aumenta la carica microbiologica dannosa del terreno, che i produttori cercano di contenere con la solarizzazione.

«Questa tecnica, pur valida ed ecocompatibile, è meno efficace della disinfezione con il vecchio bromuro di metile. Perciò alla presenza, pur ridotta, di nematodi, Fusarium e Verticillium cerchiamo di rimediare con l’utilizzo di piante innestate su piede resistente, che acquistiamo da vivai specializzati locali. Le virosi le fronteggiamo sia con l’ausilio delle reti antiafidi sia con il ricorso a varietà resistenti, che cambiamo spesso per contrastare eventuali nuove razze».

La difesa integrata è sicuramente uno degli impegni più pressanti per i produttori del Pomodoro di Pachino Igp, rileva Lentinello. Contempla infatti la lotta contro la tignola del pomodoro (Tuta absoluta), l’eriofide rugginoso del pomodoro (Aculops lycopersici) e due temibili malattie fungine, la muffa grigia (Botrytis cinerea) e la peronospora (Phytophthora infestans).

«La tignola è presente nel territorio tutto l’anno, ma deve restare fuori dalle serre, altrimenti dopo tre giorni le piante diventano completamente secche! La lotta chimica contro sue eventuali larve è efficace, aiuta a combattere anche quelle di mosche bianche e lepidotteri nottuidi. Ma non basta, perciò nei trapianti precoci utilizziamo un telo pacciamante bicolore, sopra di colore bianco che riflette la luce solare ed evita l’aumento della temperatura del terreno, sotto di colore nero che impedisce l’evaporazione dell’acqua e la germinazione dei semi e quindi la formazione di erbe infestanti: ebbene, poiché le femmine di T. absoluta ovidepongono sul terreno, la pacciamatura funziona da difesa passiva, infatti le uova deposte sopra il telo non si sviluppano. L’eriofide, che causa la comparsa di alterazioni rugginose su fusto, foglie e rachide e danneggia vistosamente le bacche, lo controlliamo con zolfo micronizzato. La difesa contro le due malattie fungine si basa essenzialmente su pratiche agronomiche in grado di ostacolarne la diffusione e lo sviluppo e sull’applicazione di idonei fungicidi nelle fasi fenologiche più esposte ai rischi infettivi, anche in relazione all’andamento climatico».

Pomodoro di Pachino - Ultima modifica: 2019-05-31T10:11:04+02:00 da Lucia Berti

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