Le conserve di pomodoro e i pelati rappresentano il prodotto agrolimentare più esportato dall’Italia, con 1.323,40 milioni di euro (2009). Seguono in classifica pasta, vini, dolci e olio di oliva.
Ma negli ultimi anni il pomodoro da industria ha registrato una forte diminuzione del prezzo di vendita. Nella campagna 2010 ha sfiorato il 20% in meno rispetto al 2009 con un calo medio del 26% al Sud e del 10% al Nord. «Addirittura al Sud – afferma il caposervizio tecnicoeconomico della Coldiretti, Lorenzo Bazzana – ci sono stati casi di prezzi “cinesi”: 40 €/t, oltre a pomodoro non ritirato e altre situazioni non riconducibili a un’adeguata partnership di filiera.
Il prezzo lo fa la quantità di pomodoro presente in campagna: se manca il prodotto, il prezzo è quello concordato e ci possono anche essere degli incentivi ulteriori; se il pomodoro è presente in abbondanza, il prezzo crolla e il mancato ritiro del prodotto diventa una sorta di spada di Damocle per il taglio del premio comunitario a causa del mancato raggiungimento della resa minima da consegnare.
Per fortuna questo non sarà lo scenario del 2011, quando non sarà obbligatorio rispettare una resa o coltivare pomodoro per conseguire il premio».
Quali sono le cause di questa situazione?
«La scarsa capacità di programmare le quantità, visto che gli obiettivi dichiarati delle ultime campagne sono stati largamente superati. Limiti individuati attorno ai 4,6-4,8 milioni di tonnellate si sono trasformati in quantitativi che hanno sfiorato i 6 milioni di tonnellate nel 2009 e hanno superato i 5 milioni anche nel 2010.
Gli elevati livelli delle importazioni di concentrato di pomodoro, che arrivano a toccare un quinto della produzione nazionale in termini di equivalente pomodoro fresco, appesantiscono le scorte e pesano sul bilancio del settore. Il terzo e ultimo anno di disaccoppiamento parziale (al 50%) ha legato i produttori a delle scelte obbligate, determinando anche grossi problemi legati all’obbligo di conferire una resa minima, pari al 70% di quella storica regionale. Resa che spesso non è stata raggiunta, in alcuni casi per problemi climatici e fitosanitari, in altri per questioni riguardanti i ritiri e i conferimenti alle industrie».
Quali sono le novità della campagna 2011?
«Oltre al disaccoppiamento totale, decadono i regolamenti comunitari legati al premio accoppiato. Non c’è più una data da rispettare né per la pubblicazione dell’elenco delle industrie accreditate al regime di trasformazione (era il 31 marzo), né per la stipula dei contratti (era il 28 febbraio), né per l’invio degli stessi e degli impegni di conferimento ad Agea (31 marzo).
Inoltre decadono i parametri qualitativi e le definizioni relative ai trasformati. Con riferimento a questo punto c’è la volontà del Mipaaf di presentare un disegno di legge che vada a coprire il vuoto normativo: il ddl dovrebbe definire i parametri qualitativi e tecnologici dei diversi derivati, senza entrare nel merito dell’origine della materia prima. Decade inoltre l’obbligo di stipula dei contratti attraverso le organizzazioni di produttori.
Così le imprese potranno scegliere tra una contrattazione individuale o una collettiva. Proprio per questo è importante che le imprese sappianoquanto prima le condizioni per la campagna 2011 e il prezzo che l’industria è disponibile a pagare».
E la concorrenza cinese? È vero che tutto il concentrato importato è destinato all’esportazione?
«Le importazioni italiane di semilavorati provengono in massima parte dalla Cina, anche se nel corso del 2009 si sono registrate importazioni anche dagli Stati Uniti. Nel corso del 2010 le importazioni del prodotto cinese sono aumentate: i primi nove mesi dell’anno mostrano un forte incremento rispetto allo stesso periodo del 2009 (97.411 t contro 58.047 t). Le importazioni sono effettuate in parte con il meccanismo del traffico di perfezionamento attivo. Una modalità grazie alla quale, a fronte dell’esenzione dal dazio, il prodotto ottenuto viene completamente riesportato fuori dal territorio dell’Ue-27. Nella pratica di libera importazione, viene pagato il dazio e il prodotto può avere qualunque destinazione. Nel corso del 2010 sono stati sequestrati 4.607 quintali di doppio concentrato cinese, etichettato come italiano, pari a 931.978 barattoli cinesi, a dimostrazione del fatto che ci sono situazioni poco chiare, anche per la difficoltà di controllare i quantitativi in uscita, vista la variabilità delle rese di trasformazione».
Insomma, alla luce dei fatti, qualcuno, nel corso del 2010, la Cina se l’è costruita in Italia, pagando il pomodoro ai nostri poduttori come se lo stesse importando dai cinesi».
Aboliti l’obbligo della resa minima per i produttori e i parametri qualitativi per i trasformati
Pomodoro da industria: 2011, meno regole per tutti
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