Con il pomodoro da mensa si realizzano elevate produzioni che parallelamente comportano una rilevante richiesta di azoto, fosforo e potassio, sui quali si incentra normalmente la concimazione.
Per quanto riguarda gli altri elementi nutritivi, esaminiamo quali sono i principali che possono originare manifestazioni carenziali in caso di loro ridotta presenza nel terreno o comunque loro limitata disponibilità per il pomodoro.
Calcio
Il sintomo più noto della carenza di calcio è il marciume apicale, derivante dalla insufficiente traslocazione e quindi scarsa concentrazione del calcio nella zona distale del frutto; oltre ai sintomi sui frutti, nel pomodoro si evidenziano nelle foglie giovani deformazioni e colorazioni anomale, gialle, marroni o viola, a partire dai margini che poi necrotizzano; la lamina fogliare si incurva verso il basso; i peduncoli delle foglie, gli apici vegetativi ed i fiori possono disseccarsi e morire.
La prima fase di accrescimento dei frutti è quella più importante per le buone caratteristiche della bacca, in quanto l’aumento esponenziale delle dimensioni del frutto che avviene in questa fase dipende dalla moltiplicazione delle cellule che ne determina il numero. La fase successiva di accrescimento del frutto che si registra è dovuta alla distensione delle cellule, che aumenteranno di volume. È in particolare nella fase di moltiplicazione che è fondamentale per i frutti disporre di una adeguata disponibilità di calcio, perché questo mesoelemento è uno dei costituenti che va a rafforzare la parete cellulare.
Tab. 1 - Valori di asportazione medi in Azoto, Fosforo e Potassio del pomodoro da mensa in coltura protetta (DPI Regione Emilia Romagna)
Elemento | Valori di asporto
ogni tonnellata di bacche |
Asporto con una produzione di
110 tonnellate |
Azoto (N) | 2,6 kg | 286 kg |
Fosforo (P2O5) | 1,0 kg | 110 kg |
Potassio (K2O) | 4,0 kg | 440 kg |
Nelle bacche del pomodoro, specialmente nelle tipologie a frutto lungo, si riscontra frequentemente la fisiopatia del marciume apicale, in cui la parte distale del frutto va incontro a degradazione, prima della parete cellulare ed in seguito delle cellule, sia a livello di epicarpo che di mesocarpo, con fenomeni iniziali di imbrunimento seguiti poi da disseccamento ed annerimento, in particolare dell’apice del frutto.
Dalle analisi della dotazione dei nutrienti effettuate sui frutti colpiti si evidenzia che essi presentano una concentrazione di calcio inferiore rispetto ai frutti sani, e la concentrazione è particolarmente ridotta nella parte distale del frutto, anche in conseguenza della limitata traslocazione dello stesso.
La fisiopatia del marciume apicale, oltre che dalla tipologia del frutto, dipende dalla sensibilità varietale e dagli errori nella irrigazione, che sono spesso determinanti per la comparsa massiva in coltivazione della fisiopatia, dato che alterano l’assorbimento e la traslocazione del calcio.
È peraltro necessario curare la nutrizione con il calcio ed evitare la competizione con altri elementi nutritivi in antagonismo con esso.
È quindi utile l’apporto specifico di concimi a base di calcio per via fogliare o per via radicale: in molti casi, nei terreni naturalmente ricchi di calcio, può essere sufficiente gestire la nutrizione in modo di non creare competizione all’assorbimento di calcio da parte delle colture, evitando ad esempio la somministrazione di cationi antagonisti come lo ione ammonio.
L’azoto deprime l’accumulo del calcio nel frutto anche perché stimola il lussureggiamento vegetativo ed è risaputo che i germogli in accrescimento, in virtù della loro intensa evapotraspirazione, diventano un potente attrattore per il calcio a scapito soprattutto dei frutti.
Parallelamente si deve anche rimarcare l’importanza della disponibilità e della nutrizione con boro, che è un elemento in forte sinergia funzionale e di traslocazione con il calcio.
Magnesio
La carenza di magnesio si manifesta tipicamente con le foglie più vecchie che sviluppano una clorosi internervale che avanza verso il centro a partire dai margini, coinvolgendo anche le nervature più fini; all’interno delle macchie clorotiche si formano delle necrosi brunastre ed infine le foglie si afflosciano sul fusto e poi muoiono. Sono segnalati in bibliografia anche fenomeni detti di “maturazione a chiazze” dei frutti, correlati ad uno squilibrato rapporto potassio/magnesio e che può essere corretto con applicazioni mirate di magnesio.
Boro
La sintomatologia tipica della carenza di boro si evidenzia quando le foglie giovani si presentano spesse ma fragili, con lesioni necrotiche che possono comparire anche senza clorosi; le foglie più vecchie sono gialle con sfumature aranciate o brunastre sui margini.
Il cambio degenera, per cui i fusti sono spesso più deboli e soggetti a rotture, mentre nei frutti si manifesta un imbrunimento interno, qualche volta a macchie.
Manganese
La carenza di manganese è molto afflittiva per il pomodoro, causa punteggiature decolorate fra le nervature più fini. Le macchie evolvono in una clorosi marmorizzata di colore giallo ocra, fino alla morte delle cellule, con necrosi e conseguente filloptosi. Anche sulle bacche si registrano conseguenze, con un minore tenore di zuccheri riducenti ed acido ascorbico rispetto alle piante di pomodoro che presentano l’adeguato tenore in manganese;
Zinco
Quando la dotazione di zinco è scarsa, gli internodi sono più sottili e risultano lunghi da un terzo alla metà rispetto alla pianta sana: l’aspetto della pianta risulta quindi molto tozzo. I margini delle foglie più vecchie possono arrotolarsi verso l’alto e presentano macchie clorotiche internervali irregolarmente distribuite. Successivamente le clorosi sbiancano e necrotizzano, andando a coprire l’intera foglia, che si dissecca e cade, assumendo una colorazione bronzea. Le infiorescenze sono pochissime e rimangono piccole e poco allungate: soprattutto quelle formatesi sulla parte più giovane del fusto avvizziscono e cadono. I frutti che riescono a sviluppare sulla parte più vecchia della pianta rimangono comunque piccoli e maturano troppo precocemente.
Produttività
Le rese produttive e le esigenze nutrizionali assumono diverse connotazioni a seconda delle tipologie di pomodoro da mensa.
I pomodori ciliegini, datterini e a grappolo presentano rese più basse ed asporti più contenuti, a fronte di un contenuto zuccherino mediamente più elevato.
I pomodori classici da mensa, costoluti, tondi o Cuore di Bue, sono generalmente assai produttivi e di grossa pezzatura.
I pomodori allungati, tipo San Marzano, si caratterizzano anch’essi per le rese elevate e sono costituzionalmente soggetti alla fisiopatia del marciume apicale, per cui si deve curare con la massima attenzione la irrigazione e la nutrizione con il calcio.
Per realizzare la coltura del pomodoro da mensa sono indispensabili anticipazioni economiche significative, per cui si rende ancora più necessario che per altre colture adottare tutti gli accorgimenti tecnici che permettano ai soldi investiti di ritornare con un utile positivo al termine della coltivazione.
Piano di concimazione
In primis è necessario impostare la concimazione basandosi sui dati di una recente analisi del terreno: a partire da questa analisi, che esprime le dotazioni di elementi nutritivi e la loro disponibilità, considerando le produzioni attese, ci sarà la possibilità di calcolare gli effettivi fabbisogni nutrizionali da fornire alla coltura con la concimazione, evitando carenze ed eccessi, e quindi con la fondata convinzione di potere fare rendere al massimo l’impianto realizzato.
Tra i numerosi dati che vengono forniti da una analisi dettagliata del terreno, per la coltivazione del pomodoro uno dei più importanti è la dotazione in potassio, che è l’elemento richiesto in maggiore quantità e che può richiedere un corposo arricchimento del terreno, se presente su livelli troppo bassi nel suolo interessato dalla coltivazione del pomodoro.
La concimazione del pomodoro viene effettuata parte in pre trapianto e parte in copertura, con la possibilità di un apporto anche al momento del trapianto.
La disponibilità di sostanza organica è sempre un fattore importante per la lavorabilità del terreno e per favorire la propensione alla crescita da parte delle radici: è quindi opportuno prevedere l’apporto di fertilizzanti organici, idealmente da distribuire prima delle lavorazioni principali per la preparazione del terreno. Ideale l’impiego di letame ben maturo ma, vista la scarsa disponibilità, si possono utilmente distribuire prodotti ammendanti derivanti da compost o da lavorazione di scarti delle industrie agroalimentari.
L’ultima lavorazione
Con l’ultima lavorazione precedente la semina o il trapianto va effettuata la concimazione pre semina. In questa fase si possono distribuire fertilizzanti a base di fosforo e potassio, che devono essere opportunamente interrati a livello dell’apparato radicale per consentirne l’assorbimento da parte della coltura: se non si dispone di impianto di fertirrigazione è consigliabile fornire in questa fase tutto il fabbisogno di fosforo e potassio, in quanto successivamente non sarà più possibile farli giungere a livello dell’apparato radicale.
In genere viene anche fornito un certo apporto azotato che deve accompagnare la coltura solo nelle prime fasi, in quanto seguiranno poi concimazioni specifiche in copertura: ci si orienta in genere quindi verso fertilizzanti NPK con rapporti tra gli elementi differenti a seconda delle specifiche esigenze.
La scelta più comune è verso concimi complessi o concimi organo-minerali caratterizzati da un rapporto 1.3.2 oppure 1.2.3, con cui si distribuiscono in genere circa 50-90 unità di potassio.
In genere le padelle con le piantine da trapiantare vengono irrorate o immerse in una soluzione nutrizionale e/o biostimolante per favorire l’attecchimento e la partenza della coltura dopo il trapianto.
Si impiegano in genere prodotti che, oltre ad un contenuto di nutrienti, contemplano alghe, amminoacidi o altre sostanze di natura organica che per il loro tenore in fitormoni o sostanze comunque stimolanti la crescita radicale sono particolarmente utili in questa fase di notevole stress per le piantine.
Localizzazione al trapianto
È molto diffusa la tecnica di localizzare al trapianto fertilizzanti liquidi o microgranulati che favoriscono la partenza della coltura (effetto starter) contribuendo a limitare al minimo lo stress da trapianto: si privilegiano fertilizzanti con prevalenza di fosforo, una piccola quantità di azoto, a volte con un microelemento come lo zinco che è basilare per l’accrescimento vegetativo delle piante.
Per gli apporti successivi da effettuare in copertura, se si dispone di sistemi idonei, è preferibile usufruire della fertirrigazione.
È un metodo di nutrizione fortemente consigliabile, perché consente una più regolare distribuzione ed un ottimale frazionamento delle unità fertilizzanti e, di conseguenza, una riduzione delle quantità di concime impiegato. Basandosi sulle analisi del terreno è possibile stilare dei piani di fertirrigazione personalizzati, più aderenti alle esigenze dei vari suoli.
Altra tecnica in grado di valorizzare la fertilizzazione è la nutrizione fogliare, che permette alla pianta di superare rapidamente stress termici o idrici: in particolare, per il pomodoro sono molto delicate le prime fasi, successive al trapianto o all’emergenza, ed è importante sostenere la pianta in queste fasi anche con interventi fogliari mirati. Molto prezioso è anche l’ausilio che fornisce la nutrizione fogliare su frutto, per migliorare la consistenza e la resistenza a marciume apicale, in particolare con la somministrazione di calcio e magnesio perché questi nutrienti, pur ben assorbiti dalle radici, vengono traslocati in modo inadeguato verso le bacche.
Le fasi fenologiche
Se si vuole fare sì che la fertilizzazione sia un importante ausilio nella gestione del pomodoro con l’obiettivo di ottenere i massimi risultati produttivi, essa deve essere opportunamente modulata.
In una prima fase dobbiamo favorire l’approfondimento dell’apparato radicale ed a questo scopo risulta prezioso il fosforo localizzato o in fertirrigazione che, pur assorbito in minime quantità, è comunque fondamentale per la formazione di nuove radici che sono quelle che effettivamente esplicano l’assorbimento.
Successivamente è richiesto un energico stimolo alla vegetazione che consenta una rapida costituzione della parte aerea e per questo obiettivo si impiega azoto, preferibilmente sotto forma nitrica, e zinco come microelemento chiave.
In seguito per favorire la fioritura ci si orienta verso una concimazione più bilanciata, con introduzione anche di potassio: la fase della fioritura è quella in cui diventa più importante la disponibilità di boro, che può essere incrementata con interventi fogliari specifici.
Dopo l’allegagione, soprattutto per le varietà a frutto lungo, è bene inserire nella concimazione per fertirrigazione e/o per via fogliare prodotti a base di calcio ed, eventualmente, di magnesio che sono molto importanti per contrastare la fisiopatia del marciume apicale.
Il potassio deve assumere gradualmente un peso sempre più rilevante nella fertilizzazione man mano che ci si avvicina ai primi stacchi dei frutti, per favorirne la maturazione e la colorazione.
Un impiego di specifici fertilizzanti ad elevato titolo di fosforo e potassio in pre raccolta è di grande aiuto per regolarizzare la maturazione e migliorare pezzatura e qualità intrinseca dei frutti: questi prodotti possono essere distribuiti sia in fertirrigazione che per via fogliare e possono consentire anche una riduzione dell’impiego di maturanti di natura ormonale.n