La Puglia è la regione italiana più importante per la produzione di ortaggi, alla cui produzione sono destinati oltre 100.000 ettari. Ma la Puglia è anche terra di biodiversità orticola, al cui interno bisogna comprendere le varietà autoctone, le varietà non autoctone e le specie spontanee raccolte e consumate, numerose delle quali sono comprese nell’elenco nazionale dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), prodotti su cui puntare per la valorizzazione del territorio.
Dell’intera Puglia un territorio particolarmente ricco di biodiversità orticola è il Sud Est barese, come ha dimostrato il progetto BiodiverSO (2013-2018). Una ricchezza che Pietro Santamaria, docente di Orticoltura presso il Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali (Disaat) dell’Università di Bari, ha illustrato nel convegno “Le varietà a rischio scomparsa nel Sud Est barese. Dal recupero alla valorizzazione delle produzioni di nicchia” organizzato a Mola di Bari dal Gruppo di azione locale (Gal) Sud Est barese.
Una terra di carciofi
Il Sud Est barese è innanzitutto terra di carciofi, ha sottolineato Santamaria. «La biodiversità del carciofo annovera almeno quattro varietà: Centofoglie di Rutigliano, Locale di Mola, Verde di Putignano e Violetto di Putignano. Centofoglie di Rutigliano, così chiamata per il cospicuo numero delle brattee, è una varietà tardiva, infatti si raccoglie in primavera, caratteristica questa che, insieme con il capolino sferico e l’ottima compattezza, la differenzia dalle altre varietà pugliesi: infatti appartiene al tipo dei Romaneschi. È una varietà che presenta, fra tutte quelle pugliesi di carciofo, il più elevato contenuto in inulina, polisaccaride di riserva prebiotico che contribuisce a ridurre la presenza di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Locale di Mola è una varietà precoce, rifiorente, riconducibile al tipo Catanese o Violetto di Sicilia. Era molto diffuso a Mola di Bari, ma attacchi gravi di Verticillium dahliae ne hanno determinato la scomparsa quasi completa. Il Disaat ha caratterizzato questa varietà locale sotto i profili agronomico, morfologico e molecolare e, partendo da apici vegetativi di giovani carducci in crescita, prelevati da piante madri appositamente individuate, l’ha risanata da infezioni virali e fungine, rendendola pronta per essere nuovamente coltivata.
Negli orti familiari di Putignano (Ba) è molto frequente trovare piante delle varietà Verde di Putignano, medio-tardiva, con inizio della produzione a marzo e ciclo produttivo breve o medio, e Violetto di Putignano, più precoce della precedente: anche queste due varietà sono state caratterizzate e risanate. Sia il carciofo Locale di Mola sia i due carciofi di Putignano sono compresi nell’elenco nazionale dei Pat».
I meloni immaturi
Il barattiere è una cucurbitacea appartenente alla specie Cucumis melo, i cui frutti sono consumati immaturi, crudi in insalata o per accompagnare primi piatti alla stregua del cetriolo. «Da quest’ultimo, che appartiene a una specie diversa (Cucumis sativus), si distingue – ha spiegato Santamaria – per la maggiore digeribilità e l’assenza dei composti amarognoli. In Puglia sono presenti diverse popolazioni che prendono il nome dalle zone di coltivazione, dal colore e dalla forma dei frutti. Nel Sud Est barese il barattiere è molto coltivato. Altro melone immaturo è il Carosello mezzo lungo di Polignano, che, come il barattiere, è una cucurbitacea appartenente alla specie C. melo ed è molto coltivato e apprezzato nel barese. Anche i suoi frutti sono consumati immaturi, crudi in insalata o per accompagnare primi piatti. Di solito presenta una più o meno accentuata tomentosità, grazie alla quale è possibile capire la freschezza del prodotto».
Nel Sud Est barese uno scrigno di biodiversità
Nello scrigno della biodiversità orticola del Sud Est barese si trova molto altro ancora, ha aggiunto Santamaria. «Cito ad esempio: il cavolfiore Cima di Cola; la cima nera di Putignano; il cavolo riccio, ricco di glucosinolati che contrastano il cancro alla mammella; la carota di Polignano; il cavolo rapa; la cima di rapa, presente con molte diverse popolazioni; la Cipolla rossa di Acquaviva, dolce al gusto, tanto che la si può mangiare cruda; il fagiolino pinto o dall’occhio, di origine africana; il pomodoro di Mola; il melone d’inverno; specie spontanee come ruchetta selvatica, asparagi selvatici, grespini o sivoni, lampascione o cipollaccio, borragine, portulaca, ricca di omega 3, e così via. Tutte espressioni di una biodiversità che merita, dove è ancora necessario, di essere recuperata e che, quindi, può essere ulteriormente valorizzata sotto il profilo commerciale, per produzioni di nicchia, a volte anche abbastanza ampia».