La Puglia è la regione italiana più importante per la produzione di ortaggi, alla cui produzione sono destinati oltre 100.000 ettari. Ma la Puglia è anche terra di biodiversità orticola, al cui interno bisogna comprendere le varietà autoctone, le varietà non autoctone e le specie spontanee raccolte e consumate, numerose delle quali sono comprese nell’elenco nazionale dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), prodotti su cui puntare per la valorizzazione del territorio.
Dell’intera Puglia un territorio particolarmente ricco di biodiversità orticola è il Sud Est barese, come ha dimostrato il progetto BiodiverSO (2013-2018). Una ricchezza che Pietro Santamaria, docente di Orticoltura presso il Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali (Disaat) dell’Università di Bari, ha illustrato nel convegno “Le varietà a rischio scomparsa nel Sud Est barese. Dal recupero alla valorizzazione delle produzioni di nicchia” organizzato a Mola di Bari dal Gruppo di azione locale (Gal) Sud Est barese.
Una terra di carciofi
![Violetto di Putignano](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/VIOLETTO-DI-PUTIGNANO-IN-CAMPO-300x200.jpg)
![Locale di Mola](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/Locale-di-Mola-214x300.jpg)
Il Sud Est barese è innanzitutto terra di carciofi, ha sottolineato Santamaria. «La biodiversità del carciofo annovera almeno quattro varietà: Centofoglie di Rutigliano, Locale di Mola, Verde di Putignano e Violetto di Putignano. Centofoglie di Rutigliano, così chiamata per il cospicuo numero delle brattee, è una varietà tardiva, infatti si raccoglie in primavera, caratteristica questa che, insieme con il capolino sferico e l’ottima compattezza, la differenzia dalle altre varietà pugliesi: infatti appartiene al tipo dei Romaneschi. È una varietà che presenta, fra tutte quelle pugliesi di carciofo, il più elevato contenuto in inulina, polisaccaride di riserva prebiotico che contribuisce a ridurre la presenza di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Locale di Mola è una varietà precoce, rifiorente, riconducibile al tipo Catanese o Violetto di Sicilia. Era molto diffuso a Mola di Bari, ma attacchi gravi di Verticillium dahliae ne hanno determinato la scomparsa quasi completa. Il Disaat ha caratterizzato questa varietà locale sotto i profili agronomico, morfologico e molecolare e, partendo da apici vegetativi di giovani carducci in crescita, prelevati da piante madri appositamente individuate, l’ha risanata da infezioni virali e fungine, rendendola pronta per essere nuovamente coltivata.
Negli orti familiari di Putignano (Ba) è molto frequente trovare piante delle varietà Verde di Putignano, medio-tardiva, con inizio della produzione a marzo e ciclo produttivo breve o medio, e Violetto di Putignano, più precoce della precedente: anche queste due varietà sono state caratterizzate e risanate. Sia il carciofo Locale di Mola sia i due carciofi di Putignano sono compresi nell’elenco nazionale dei Pat».
I meloni immaturi
![barattiere bis](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/3-300x225.jpg)
![barattiere](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/10-300x225.jpg)
Il barattiere è una cucurbitacea appartenente alla specie Cucumis melo, i cui frutti sono consumati immaturi, crudi in insalata o per accompagnare primi piatti alla stregua del cetriolo. «Da quest’ultimo, che appartiene a una specie diversa (Cucumis sativus), si distingue – ha spiegato Santamaria – per la maggiore digeribilità e l’assenza dei composti amarognoli. In Puglia sono presenti diverse popolazioni che prendono il nome dalle zone di coltivazione, dal colore e dalla forma dei frutti. Nel Sud Est barese il barattiere è molto coltivato. Altro melone immaturo è il Carosello mezzo lungo di Polignano, che, come il barattiere, è una cucurbitacea appartenente alla specie C. melo ed è molto coltivato e apprezzato nel barese. Anche i suoi frutti sono consumati immaturi, crudi in insalata o per accompagnare primi piatti. Di solito presenta una più o meno accentuata tomentosità, grazie alla quale è possibile capire la freschezza del prodotto».
Nel Sud Est barese uno scrigno di biodiversità
![Cima di Cola](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/1b-Cima-di-Cola-300x200.jpg)
![Cavolo riccio](https://coltureprotette.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/13/2022/05/4a-Cavolo-riccio-300x246.jpg)
Nello scrigno della biodiversità orticola del Sud Est barese si trova molto altro ancora, ha aggiunto Santamaria. «Cito ad esempio: il cavolfiore Cima di Cola; la cima nera di Putignano; il cavolo riccio, ricco di glucosinolati che contrastano il cancro alla mammella; la carota di Polignano; il cavolo rapa; la cima di rapa, presente con molte diverse popolazioni; la Cipolla rossa di Acquaviva, dolce al gusto, tanto che la si può mangiare cruda; il fagiolino pinto o dall’occhio, di origine africana; il pomodoro di Mola; il melone d’inverno; specie spontanee come ruchetta selvatica, asparagi selvatici, grespini o sivoni, lampascione o cipollaccio, borragine, portulaca, ricca di omega 3, e così via. Tutte espressioni di una biodiversità che merita, dove è ancora necessario, di essere recuperata e che, quindi, può essere ulteriormente valorizzata sotto il profilo commerciale, per produzioni di nicchia, a volte anche abbastanza ampia».