Con il fuori suolo, la biofortificazione è dietro l’angolo

fuori suolo biofortificazione

Da sempre le Organizzazioni Mondiali richiamano l’attenzione sulla malnutrizione e sulla fame nel mondo, enfatizzando la scarsa quantità delle risorse nutritive a disposizione delle popolazioni più povere. Tale problema però non è caratteristica propria dei soli Paesi in via di sviluppo (Pvs): di malnutrizione si parla sempre più anche nei Paesi sviluppati.

Recentemente, infatti, un crescente numero di studi rivaluta l’importanza della qualità e del valore nutrizionale dei prodotti agricoli e degli ortaggi, al fine di fornire adeguate quantità di minerali, vitamine e altri composti benefici, in grado di ridurre l’incidenza di alcune patologie. Per molto tempo si è pensato di affrontare questo tipo di malnutrizione facendo ricorso agli  integratori. Attualmente, però, si fa sempre più riferimento ad altri metodi, tra i quali spicca la biofortificazione.

Aumentare la quantità di micronutrienti biodisponibili negli alimenti per il consumo umano è una sfida particolarmente importante sia per i Pvs che per quelli industrializzati. Tale processo potrebbe anche rappresentare un valore aggiunto per le produzioni ottenute in società economicamente più evolute, in quanto possono favorire una maggiore competitività dei prodotti e aumentare il numero di referenze contraddistinte da elevato valore aggiunto e benessere nutraceutico.

Come si fa la biofortificazione degli ortaggi

La produzione di vegetali biofortificati può essere ottenuta mediante differenti approcci:

  • tecniche di ingegneria genetica,
  • sistemi convenzionali di miglioramento genetico
  • metodi agronomici.

Tra questi ultimi, risulta particolarmente interessante la gestione della soluzione nutritiva, operazione tipica dei sistemi di coltivazione fuori suolo. Questa tecnica permette infatti di gestire con la massima precisione la somministrazione dei nutrienti alle colture. Di conseguenza, il fuori suolo consente anche di modulare la disponibilità di quei composti che vogliamo far accumulare nelle piante o meno.

lattuga fuori suolo

Esistono già esempi di prodotti in commercio biofortificati tramite operazioni agronomiche effettuate in pieno campo, ma solo alcuni risultati sperimentali relativi alla biofortificazione attuata in fuori suolo.

Nutrienti e ortaggi per la biofortificazione fuori suolo

I principali nutrienti la cui concentrazione può essere ragionevolmente incrementata utilizzando il fuori suolo sono il selenio, lo iodio, lo zinco e il molibdeno; così come sembra facilmente ottenibile un prodotto nichel free.

Gli ortaggi da foglia sembrano quelli più facilmente gestibili, contrariamente a quelli da frutto, dove non basta gestire la soluzione nutritiva ma bisogna anche fare i conti con la traslocazione dei nutrienti fortificati all’interno della pianta.

Le prospettive future

Finora i risultati ottenuti dalla comunità scientifica rappresentano una buona fase di partenza, ma sono necessari ulteriori studi per affinare tale tecnica, applicandola a nuove specie senza comprometterne le performance produttive. Questa tecnica di miglioramento nutrizionale delle colture deve poi essere inserita nel tessuto economico del settore primario dove può rappresentare uno strumento di spinta per la commercializzazione di alcune produzioni.

Molto spesso, infatti, le aziende agricole si devono confrontare ogni giorno con un mercato non adeguatamente remunerativo per il loro lavoro; conseguentemente lo sviluppo e la coltivazione di prodotti biofortificati può rappresentare un’opportunità alternativa, rispondendo alle esigenze di nicchie di mercato che ricercano cibi ad elevato valore salutistico.

A conferma di questo potenziale mercato, recenti statistiche dimostrano che la richiesta di prodotti funzionali è in costante crescita e la produzione di ortofrutta biofortificata si inserisce a pieno titolo in questa tendenza.

Con il fuori suolo, la biofortificazione è dietro l’angolo - Ultima modifica: 2021-02-01T08:30:44+01:00 da Paola Cassiano

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